cònsole
IndiceLessico
sm. [sec. XIII; dal latino consul -ŭlis].
1) I due supremi reggitori dello Stato romano antico.
2) Nel Medioevo, magistrato che, tra i mercanti residenti in uno Stato estero, amministrava la giustizia della madrepatria.
3) Funzionario, rappresentante di uno Stato, che svolge funzioni pubbliche, amministrative e talora giurisdizionali, tra connazionali residenti in città straniere non capitali.
Console Magno raffigurato in un bassorilievo in avorio, sec. VI (Milano, Museo del Castello Sforzesco).
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Storia: Roma antica
La magistratura consolare, di durata annuale (e che come tale dava il nome all'anno), affermatasi in Roma dopo la caduta della monarchia, tra il sec. VI e il V a. C., continuò anche in età imperiale, fino a tutto il sec. V d.C., ma perdendo gradualmente potere e prerogative . Il potere originario dei consoli era in realtà ancora quello del re, ma con la limitazione dell'annualità della carica e del reciproco controllo nell'esercizio di essa. È probabile che all'inizio i consoli fossero i comandanti dei due reparti dell'esercito regio; perciò erano anche chiamati praetores (pretori); a essi furono deferiti i supremi poteri dello Stato quando il re Tarquinio il Superbo venne deposto. La loro stretta connessione con l'esercito è implicita anche nel fatto che la loro elezione aveva luogo nel comizio centuriato. Nel corso del sec. V a. C., salvo forse nei primi anni, il consolato fu rivestito solo da esponenti del patriziato: i plebei vi furono ammessi, ma limitatamente a un seggio, solo nel 367, con le leggi Licinie Sestie, dopo lotte tenaci che per un certo periodo avevano anche fatto interrompere la magistratura, sostituita periodicamente da un collegio di tribuni militari forniti di poteri consolari (da quattro fino a sei), cui potevano essere eletti anche plebei. Alla metà del sec. V, alcune delle prerogative dei consoli furono demandate a un nuovo magistrato, il censore. Nel 367 fu creato un terzo pretore per l'esercizio dei poteri giurisdizionali: d'allora in poi gli altri due pretori furono chiamati solo consoli. Ad ambedue i seggi i plebei furono ammessi solo nel 172 a. C. Quali detentori del potere esecutivo, il loro campo d'azione era vastissimo: comando militare, diritto di convocare le assemblee, proposte di leggi, censo e appalti pubblici quando i censori non erano in carica, amministrazione finanziaria. Quando lo Stato romano s'ingrandì, si fissarono, per l'elezione a console, delle norme restrittive riguardo all'età, all'intervallo per una nuova nomina, alla carriera precedente; queste norme cominciarono a essere violate nell'arroventato periodo postgraccano (Mario si fece eleggere console per cinque anni di seguito), ciò che ne preparò il declino. Già con Silla dal comando militare dei consoli fu esclusa l'Italia; l'imperatore Tiberio trasmise la loro elezione al Senato. Essi perdettero così gli antichi compiti civili e giudiziari a vantaggio di funzionari direttamente dipendenti dall'imperatore (prefetti e procuratori), ricevendo, come magro compenso, nuovi compiti onorifici. Diocleziano avocò a sé la loro nomina. Costantino annoverò tra i consolari anche alti personaggi che non avessero rivestito la carica nemmeno in qualità di consoli suffecti, i consoli cioè che si alternavano nella carica per breve tempo in modo da aumentare il numero degli stessi consolari. Questa forma di consolato onorario finì con l'estinguere lo stesso consolato come carica effettiva.
Storia: Medioevo
Nuova configurazione assunse la carica di console nel Medioevo: sulla base dell'organizzazione corporativa allora esistente, le comunità di mercanti stranieri residenti in un certo Stato potevano eleggere un magistrato (console dei mercanti,console giudice) col compito di amministrare la giustizia applicando il diritto della madrepatria o il diritto commerciale o marittimo. I consoli vennero poi privati del potere giurisdizionale, tranne che nei Paesi nei quali ebbe vigore sino a tempi recenti il regime delle capitolazioni.
Diritto: diritto internazionale
La funzione del console richiede da una parte l'abilitazione dello stesso a compiere attività che costituiscono un esercizio extraterritoriale di funzioni interne e che producono effetti giuridici nell'ordinamento della madrepatria (funzioni amministrative, notarili, di ufficiale di stato civile, quali la concessione e il rinnovo dei passaporti, di certificati di nascita, di matrimonio, ai propri connazionali); d'altra parte egli è tenuto a mantenere continui contatti con i vari organi locali dello Stato ospitante curando che essi non ledano con la loro attività gli interessi dei propri connazionali. Le funzioni consolari sono disciplinate dal diritto internazionale consuetudinario e da specifici accordi fra singoli Stati. Il servizio consolare italiano è disciplinato dalla legge 28 gennaio 1866, n. 2804, dal relativo regolamento 7 giugno 1866, n. 2996, e dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200.