prospettiva
IndiceLessico
sf. [sec. XVI; da prospettivo].
1) Rappresentazione di una figura solida sopra un piano, detto quadro, corrispondente a quella data dalla visione da un punto fisso, detto centro di prospettiva, dove si immagina sia collocato l'occhio dell'osservatore. Il piede della perpendicolare condotta dal centro di proiezione sul quadro è detto punto principale. È detto inoltre piano geometrale, o piano di stazione, un piano di riferimento orizzontale. Il termine indica pure quel ramo della geometria che si occupa di tali rappresentazioni. § In psicologia, prospettiva reversibile, caratteristica percettiva di alcune figure bidimensionali che rappresentano solidi tridimensionali, che consente di vedere tali solidi secondo due prospettive diverse. La più famosa di queste figure è il cubo di Necker. Anche molto nota è la scala di Schroeder.
2) Pittura raffigurante elementi paesistici e architettonici in prospettiva: i pittori di prospettive del Cinquecento.
3) Per estensione, veduta panoramica: da Brunate si gode una magnifica prospettiva del lago di Como. Fig., possibilità, previsione, eventualità: c'è la prospettiva di un viaggio; impiego senza prospettiva, senza possibilità di carriera.
4) Fig., punto di vista; nella loc.: errore di prospettiva, considerazione da un punto di vista sbagliato, valutazione errata su un personaggio, un avvenimento storico, una situazione.
Prospettiva. Una delle quattro tavolette con prospettiva architettonica di L. Laurana (Baltimora, The Walters Art Gallery).
Baltimora, The Walters Art Gallery
Geometria
La prospettiva, o prospettiva lineare, "Per la prospettiva lineare vedi disegno al lemma del 16° volume." non è altro che una proiezione centrale "Per la prospettiva lineare vedi il disegno a pg. 45 del 18° volume." effettuata dal centro di proiezione, che è poi il punto di vista, cioè il punto in cui si trova l'occhio che osserva la figura solida di cui si vuole la prospettiva. È come se un piano trasparente π fosse interposto tra l'occhio C e la figura MNP; π è il quadro e M´N´P´ è la prospettiva, intesa come figura F´ proiezione da C della figura F. Il quadro è generalmente verticale e il piano geometrale, su cui sono posti gli oggetti che si vogliono rappresentare in prospettiva, è generalmente orizzontale e quindi perpendicolare al quadro; si parla anche, pertanto, di prospettiva normale. Nei casi in cui questo non avviene, si parla, invece, di prospettiva con quadro inclinato. "Per la prospettiva con quadro inclinato vedi il disegno a pg. 45 del 18° volume." "Per la prospettiva lineare con quadro inclinato vedi disegno al lemma del 16° volume." La retta intersezione del quadro con il piano geometrale è detta fondamentale, o linea di terra; la retta intersezione del quadro con il piano orizzontale passante per il centro di prospettiva è detta orizzonte; la distanza CP tra centro di prospettiva e punto principale è detta semplicemente distanza; la semiretta uscente da C e passante per il punto principale è detta raggio visuale principale. La circonferenza del quadro avente centro in P e raggio uguale alla distanza d è detto circolo di distanza; i punti in cui tale circonferenza taglia l'orizzonte, r0, e la normale all'orizzonte, passante per il punto principale, r, sono detti punti principali di distanza sinistro (P₁), destro (P₂), superiore (P₃) e inferiore (P4). Nel caso in cui il centro di prospettiva si trovi all'infinito si parla di prospettiva parallela o di prospettiva rapida.
Arte
Il termine viene riferito in generale a ogni forma di resa figurativa della profondità spaziale; in tal senso tentativi di soluzione del problema sono rintracciabili fin dalle più antiche testimonianze artistiche. Più precisamente, invece, il termine indica quel sistema di costruzione geometrica elaborato nel Quattrocento, in ambiente fiorentino, atto a rappresentare oggetti tridimensionali su un piano bidimensionale, in modo che immagine e visione reale coincidano. Nell'antichità classica vedute oblique o di scorcio esistono nella scultura e nella pittura vascolare del sec. VI a. C., ma il primo a introdurre il senso della profondità sembra sia stato il pittore Polignoto di Taso, con la creazione di piani sovrapposti. In età ellenistica la tecnica prospettica si perfezionò soprattutto attraverso le scene teatrali figurate, di cui si ritrova l'eco nei dipinti pompeiani, di Boscoreale e di Roma (Casa di Livia). Oltre a precise regole geometriche, in età ellenistica si dovette fare ricorso anche alla prospettiva aerea o cromatica, nella quale i primi piani vengono fatti risaltare con una più intensa colorazione, mentre gli sfondi appaiono sbiaditi per il filtro dell'atmosfera. Tali procedimenti furono abbandonati in età tardo-antica (a questo dovette in gran parte contribuire la condanna neoplatonica dell'illusionismo), mentre si venne affermando una visione priva di criterio unificatore che trovò uno dei più tipici esempi nell'arte bizantina, astratta e aspaziale. Durante il Medioevo, forme empiriche di rappresentazione prospettica furono tramandate attraverso le varie botteghe. Già nel sec. XIII, con Cimabue e Giotto, si può porre la rivalutazione della corporeità degli oggetti senza che però ancora si giunga a una visione unitaria dello spazio. Dal punto di vista della ricerca di un metodo scientifico per la rappresentazione piana della profondità spaziale, la storia della prospettiva inizia col Rinascimento, a Firenze, agli inizi del Quattrocento. L'“inventore” del metodo della corretta costruzione prospettica fu Brunelleschi, che lo esemplificò in due tavolette prospettiche (perdute, ma descritte dalle fonti) rappresentanti l'una il battistero, visto dalla porta del duomo, e l'altra la piazza della Signoria. Il metodo brunelleschiano di riduzione prospettica con punto di fuga unico, la cosiddetta “costruzione legittima”, fu codificato dall'Alberti nel suo trattato De Pictura (1435, non a caso dedicato a Brunelleschi) divenendo un elemento fondamentale delle esperienze figurative dell'umanesimo fiorentino. Nella teoria prospettica rinascimentale confluivano da un lato i risultati della scienza ottico-fisiologica medievale e gli stimoli del pensiero matematico contemporaneo, e dall'altro l'esperienza empirica di formule e rappresentazioni spaziali trasmessa, come si è detto, dalla pratica delle botteghe pittoriche del Duecento e del Trecento. La fusione di questi elementi, nello specifico riferimento ai problemi figurativi, assunse un carattere normativo, sottolineato da tutta una serie di testi lungo l'arco del Quattrocento e del Cinquecento, dalla rigorosa sistemazione geometrico-matematica di Piero della Francesca (De Prospectiva Pingendi, ca. 1490), alla complessa rimessa in forse di tutto il problema da parte di Leonardo che divide la prospettiva in lineare, aerea e di spedizione, alle sintesi di tipo “pratico” del Vignola (Le due regole della prospettiva pratica, pubblicate nel 1583) e di Daniele Barbaro (La pratica della prospettiva, 1569); tra i contributi più interessanti si annoverano i trattati di Jean Pélerin le Viateur (De Artificiali Perspectiva, 1505, primo trattato di prospettiva pubblicato a stampa) e di Pomponio Gaurico (De sculptura, 1504), in cui è rintracciabile l'impostazione di un metodo di costruzione con punto di distanza diverso da quello codificato dall'Alberti. L'enorme fortuna della prospettiva rinascimentale fu dovuta al fatto che essa, permettendo una rappresentazione al tempo stesso aderente alla visione reale e organizzata in uno schema geometrico, costituiva una perfetta fusione tra scienza e arte e corrispondeva in pieno alla volontà unificatrice e razionalizzatrice del Rinascimento. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 28-32" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 28-32" Il prestigio della prospettiva geometrica fu tale che anche nei secoli successivi non fu minimamente messo in dubbio che essa non fosse l'unico e corretto metodo per fornire una rappresentazione perfettamente analoga alla visione reale; in realtà essa è fortemente astrattiva, presupponendo un punto di vista immobile e fisso e non tenendo conto di aspetti quali la binocularità, la convessità del bulbo, ecc. Agli inizi del Seicento, il problema prospettico approdò a una definitiva soluzione scientifica nell'opera del grande matematico Guidobaldo dal Monte, entrando definitivamente nell'orbita dell'indagine matematica, mentre d'altro lato lo scadere negli artisti dell'interesse teorico lasciò il campo a prontuari di tipo pratico per la riduzione prospettica applicata alla scenografia teatrale, all'architettura, alla decorazione pittorica illusionistica (“quadrature”), ecc. Fu proprio con l'arte barocca dunque che si verificò la scissione tra la ricerca scientifica e l'applicazione artistica, che si servì della prospettiva solo come mezzo di decorazione illusionistica e spettacolare, e non più come strumento d'indagine della realtà. Nel Sei-Settecento essa venne impiegata anche per ottenere determinati effetti scenografici in architettura, con la costruzione di grandi assi prospettici culminanti in edifici di grande importanza. Nell'Ottocento, in coincidenza col momento in cui entra in crisi nel campo artistico il concetto di rappresentazione naturalistica della realtà (di cui la prospettiva era strumento basilare), ebbe inizio la revisione moderna del problema della prospettiva stessa. Dopo la prima fase degli studi, dedicata principalmente all'esplorazione filologica delle fonti, si ebbero i primi contributi storici e stilistici sui documenti figurativi, tesi a verificare sviluppi e validità del metodo. Sono questi i precedenti della completa, originale reimpostazione dell'intera problematica attuata da E. Panofsky in un celebre saggio (La prospettiva come “forma simbolica”, 1924), rimasto cardine fondamentale per tutti gli studi successivi; in esso non solo si sottolinea il carattere astrattivo del processo prospettico rinascimentale – contestandone quindi il valore “mimetico” – ma viene anche totalmente relativizzata la presunta validità universale del metodo, individuando, nel percorso storico della rappresentazione figurativa, la resa dello spazio come fattore significante e “simbolico” delle linee di pensiero e di cultura delle diverse epoche. Gli spunti forniti dal densissimo saggio panofskiano (e in particolare l'individuazione di un metodo di riduzione prospettica alternativo a quello albertiano) hanno fornito stimolo e materiali per molti contributi critici successivi. Di particolare interesse è il volume di J.White (1957) Nascita e rinascita dello spazio pittorico in cui l'autore afferma la contrapposizione di due sistemi prospettici conosciuti fin dall'età classica: la prospettiva lineare e la prospettiva curvilinea o sintetica.Il declino della prospettiva si compie con la rivoluzione dell'arte moderna. G. Apollinaire (1913) nei Pittori cubisti dice: “Ancore un piccolo sforzo per liberarsi della prospettiva, del miserabile trucco della prospettiva, di questo mezzo per rimpicciolire inevitabilmente il tutto”.
Per la geometria
C. Claudi, Manuale di prospettiva, Milano, 1951; B. Schweitzer, Vom Sinn der Prospektive, Tubinga, 1953; O. Chisini e G. Masetti Biggioggero, Lezioni di geometria descrittiva, Milano, 1955; A. Loemis, Three-Dimensional Drawing, 1958; R. P. Hoelscher, C. H. Springer, Engineering Drawing and Geometry, 1961; A. Flocon, R. Taton, La perspective, son histoire et ses aspects techniques, Parigi, 1963; C. Bonfigli, C. R. Braggio, Geometria descrittiva e prospettiva, Milano, 1985.
Per l'arte
J. White, The Birth and Rebirth of Pictorial Space, Londra, 1957; A. Parronchi, Studi sulla dolce prospettiva, Milano, 1964; E. Panofsky, La questione della prospettiva, Milano, 1966; B. Bonbon, Prospettiva moderna, Milano, 1988.