selvàggio
IndiceLessico
agg. e sm. [sec. XIII; dal provenzale salvatge, dal latino silvatícus, selvatico].
1) Agg., di luogo non coltivato, non abitato, nel quale la natura si presenta primitiva e inospitale; quindi orrido: vallate selvagge; una selvaggia foresta. Lett., di vegetali, selvatico.
2) Di animale, che vive allo stato naturale (specialmente riferito a bestie feroci): fiere selvagge.
3) Agg. e sm. (f. -a), riferito a persona che vive lontano dai centri abitati, non avvezzo ai rapporti civili; quindi scontroso, selvatico; rustico, volgare nei modi: carattere selvaggio. Per estensione, anticamente, inesperto, ignaro del luogo.
4) Di popolazioni allo stato primitivo, non ancora raggiunte dalla civiltà moderna e dal progresso tecnico: tribù selvagge; le usanze dei selvaggi; proprio di tali popolazioni: costumi selvaggi. Per estensione, crudele, feroce, violento, anche di atti e sentimenti o di fenomeni naturali: percosse selvagge; la furia selvaggia del mare. Fig., iperb., turbolento, ribelle: una scolaresca selvaggia; eccessivo, incontrollato, irregolare, non sottoposto a norme o a limiti restrittivi: sciopero selvaggio, vedi sciopero; psicanalista selvaggio, non inquadrato in un albo professionale.
5) In geomorfologia, acque selvagge (o acque dilavanti), non incanalate, che scorrono in superficie in occasione delle piogge. § Dall'azione delle acque selvagge, combinata con quella dei processi di alterazione meteorica delle rocce, dipende per gran parte l'evoluzione dei rilievi e del paesaggio delle regioni umide e relativamente umide. È infatti a seguito della loro azione erosiva che si rende possibile l'asportazione dei prodotti dell'alterazione e, quindi, la continua denudazione della roccia madre e, in definitiva, il progredire dell'alterazione stessa. Le acque selvagge costituiscono, in altre parole, l'indispensabile agente di trasporto che rende possibile il processo della degradazione meteorica delle rocce (vedi erosione e dilavamento). Ne consegue pertanto che al loro intervento è, direttamente o indirettamente, connessa la maggior parte delle forme assunte dai versanti, dai crinali, dalle cime ecc., forme spesso condizionate da processi selettivi. Fra gli effetti strettamente connessi all'azione delle acque selvagge rientrano pure la continua decapitazione dei suoli vegetali, qualora questi non risultino sufficientemente protetti dalla coltre vegetale, e la formazione di alcune caratteristiche figure di erosione, quali le piramidi di terra, i lapiez, i macereti e i calanchi, nonché le miriadi di solchi, connessi al fenomeno del ruscellamento, che si sviluppano sui depositi di natura incoerente.
Filosofia
Il mito del buon selvaggio, nato con le scoperte geografiche all'inizio dell'età moderna, celebrava lo stato “naturale” delle popolazioni primitive contrapponendolo a quello “civilizzato” dei popoli europei. Soprattutto la coscienza dell'artificiosità d'istituti, credenze e usi dei popoli civilizzati, formatosi con l'affermarsi del razionalismo, che contemporaneamente vedeva nella natura un tutto sottoposto a leggi capaci di dar luogo a un ordine autonomo, inducendo a scorgere nei costumi dei selvaggi una testimonianza di come l'umanità si possa sviluppare al di fuori dei limiti artificiosamente imposti dalla tradizione culturale e sociale. Le prime espressioni del mito si trovano in T. Moro e M. E. Montaigne. Nel sec. XVII esso servì alla polemica dei “libertini” contro la Chiesa. Il culmine della sua diffusione fu però nel sec. XVIII, quando il mito del buon selvaggio, insieme con gli esempi etnologici tratti dagli Indiani uroni e irochesi dal barone La Hontan e Maubert de Gouvest, si ritrova ne L'ingénu di Voltaire (1767). Tuttavia, i racconti della guerra in Canada riferiti dal barone di Dieskau alla mensa di d'Holbach e gli articoli dell'Enciclopedia dedicati all'etnologia, come pure L'antiquité dévoilée di N.-A. Boulanger, mostrano già allora un altro aspetto delle popolazioni primitive, quello della sottomissione alle superstizioni. Alla trattazione razionalistica del mito in Francia si ricollegherà il Supplément au voyage de Bougainville di D. Diderot (1772). Intanto, nella Lettre à D'Alembert di J.-J. Rousseau (1758), un genere diverso di prossimità alla natura si faceva strada, quello della fedeltà a una vita semplice e operosa, rispettosa delle antiche tradizioni di libertà, come nello Stato repubblicano ginevrino. Qui l'esaltazione dei sentimenti naturali propri dell'uomo libero, contrapposti alla perversione dei costumi degli Stati assolutistici, generava una diversa valutazione della natura umana, che avrebbe avuto influenza sul romanticismo.
Arte
Pittura selvaggia (Heftingen Malerei). Termine creato dai critici negli anni Ottanta del XX sec. per identificare i modi espressivi di pittori quali J. G. Dokoupil, G. Baselitz, M. Lüpertz, A. R. Penck, J. Immendorf, S. Polke e P. Kirkeby, che riprendono, in forme violente e attuali, i caratteri dell'espressionismo tedesco. I Nuovi Selvaggi condividono certi aspetti della transavanguardia italiana.