reincarnazióne
sf. [sec. XIX; re-+incarnazione]. In alcune religioni, passaggio dell'anima da un corpo all'altro; la nuova esistenza che così si realizza: l'anima può passare attraverso successive reincarnazioni. Fig., chi, nell'aspetto, negli atteggiamenti, nelle imprese, somiglia molto a una persona defunta: è la reincarnazione di suo padre. § Nella religione brahmanica la reincarnazione è la pena a cui l'uomo deve soggiacere fino a quando non sarà riuscito a identificare il suo io con il mondo ottenendo così la liberazione completa. Nel buddhismo la reincarnazione è un passaggio penoso ma necessario per l'anima fino a quando non abbia estinto in sé la realtà del dolore; le sono d'aiuto i mezzi indicati nell'insegnamento di Buddha. § In Grecia l'orfismo ammetteva la reincarnazione come strumento di purificazione dell'anima macchiata da una colpa originale: essa continuava a reincarnarsi fino a quando non avesse riconquistato la sua purezza originaria. Furono tributari dell'orfismo filosofi quali Platone, Empedocle, Pitagora e poeti come Pindaro. Esso influenzò largamente tanto il neoplatonismo che il neopitagorismo: Plotino descrive l'incarnazione dell'anima nel corpo come desiderio di meglio individuarsi, ma nel suo passaggio da un corpo all'altro l'anima scopre che questa individualità altro non è che inferiorità. Allora per riscattarsi, essa percorre la via ascetica fino all'estasi, in cui l'Uno annulla la sua individualità unendola a se stesso.