red shift

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Fisica

Loc. inglese (propr., spostamento rosso) usata in italiano come sm. In spettroscopia, rappresenta lo spostamento verso lunghezze d'onda maggiori – ovvero verso l'estremità rossa dello spettro visibile – che, per effetto Doppler, si manifesta nella banda spettrale di una sorgente radiante in moto di allontanamento. Il suo contrario è un blue shift, o spostamento verso il violetto, nel caso di un moto in avvicinamento.

Astrofisica

In astrofisica, entrambi gli shift (red e blue) consentono la valutazione della componente radiale delle velocità di cui le sorgenti celesti sono animate. Il riveste importanza fondamentale in cosmologia in quanto attraverso la misura dei è possibile valutare quanto rapidamente le galassie – delle quali sia determinabile la distanza – stiano allontanandosi per effetto dell'espansione cosmologica dell'Universo ( cosmologico). Ciò ha consentito, per primo a E.P. Hubble, di stabilire una corrispondenza fra le velocità di recessione delle galassie e le loro distanze, tramite un fattore di proporzionalità, nuova costante universale, – la costante di Hubble – la conoscenza della quale, di converso, rende possibile la determinazione delle distanze di quelle sorgenti extragalattiche per le quali esse non siano già note. In questo modo, e con l'accrescersi delle potenzialità strumentali, la scala dimensionale dell'Universo è andata sempre meglio delineandosi. La grandezza numerica dei viene di norma espressa con il simbolo z=Δλ/λ indicante la variazione percentuale delle lunghezze d'onda λ a riposo. Nella generalità delle situazioni cosmologiche, le determinazioni di z si riferiscono a oggetti tanto remoti da doverne considerare le velocità di recessione v non trascurabili rispetto a quella c della luce. L'espressione rigorosa è la seguente

che, per velocità non relativistiche, si trasforma nella relazione classica z=v/c. Il significato del cosmologico è tuttavia più profondo di quanto possa comparire dalle semplici relazioni analitiche. Esso, nel misurare le variazioni relative Δλ/λ delle lunghezze d'onda luminose delle sorgenti remote, pone contemporaneamente in evidenza l'accrescimento percentuale che si è prodotto nella scala dimensionale dell'Universo durante il tempo impiegato dalla luce per portarne l'immagine. Da questo punto di vista, i cosmologi preferiscono sovente limitarsi al valore sperimentale z dei cosmologici, piuttosto che dedurne le effettive distanze delle sorgenti.

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