polièstere
IndiceDescrizione generale
agg. e sm. [poli-+estere]. Polimero termoplastico oppure termoindurente secondo che sia saturo o insaturo. I poliesteri saturi, ottenuti per reazione di un acido bibasico con un alcol bifunzionale, hanno una struttura lineare con i terminali formati da gruppi carbossilici o idrossilici. A causa della completa saturazione non presentano struttura tridimensionale e quindi sono termoplastici eccetto che siano trattati con vulcanizzanti che reticolano la struttura. I poliesteri provenienti da acidi bicarbossilici alifatici presentano una resistenza alla trazione e una temperatura di rammollimento troppo basse per trovare impieghi commerciali, mentre quelli provenienti da acidi bicarbossilici aromatici non hanno tali proprietà negative e trovano impiego come fibre sintetiche. Il polietilentereftalato, il più importante della serie, si ottiene per esterificazione dell'acido tereftalico con produzione di polimeri a basso peso molecolare. I poliesteri insaturi forniscono resine termoindurenti superiori, nel complesso delle proprietà, a quelle alchidiche e fenoliche; si ottengono per reazione di acidi e alcoli polifunzionali i quali danno luogo a una reticolazione del prodotto. A tale classe appartengono i prodotti filmogeni impiegati come resine base per vernici, ottenuti per condensazione di acidi bibasici con etilendiammina o dietilentriammina; tali film sono molto resistenti a grassi, alcali, oli e solventi oltre a possedere elevata impermeabilità ai gas. Le resine termoindurenti che sono le più note si differenziano dalle altre resine perché durante la reticolazione non danno luogo a sottoprodotti, il che ne permette la trasformazione in manufatti per stampaggio a temperature e pressioni più basse. Tale caratteristica comporta la possibilità di stampare pezzi di dimensioni maggiori che con altre resine. Spesso si ottengono per copolimerizzazione di un monomero vinilico o allilico con un poliestere lineare proveniente da un glicole e da un acido bicarbossilico come il maleico. Per impedire la reticolazione sino al momento dell'uso vengono additivati con inibitori, mentre al momento dell'uso sono miscelati con un accelerante e un reticolante, per esempio un perossido. Le caratteristiche meccaniche, che variano da tipo a tipo, sono funzioni dell'acido usato, mentre la percentuale di glicol influenza più marcatamente la resistenza agli agenti atmosferici e le caratteristiche elettriche. L'impiego saliente di tali resine è in miscela con fibre inerti, solitamente vetro, per la formatura di manufatti ad altissima resistenza meccanica, in cui la resina funge da legante delle fibre di vetro. La flessibilità del manufatto è variata a piacere disponendo le fibre di vetro parallelamente a se stesse o incrociate. Industrialmente sostituiscono materiali metallici in quelle applicazioni dove si richieda alta resistenza chimica accoppiata a non elevate temperature, fornendo contemporaneamente una leggerezza del manufatto ben maggiore di quella di un materiale metallico. Vengono anche impiegate sotto forma di pannelli in edilizia per le strutture prefabbricate; nell'industria automobilistica per realizzare cassoni per rimorchi, cabine, ecc.; nell'industria elettrica e nelle costruzioni di barche.
Tecnologia: la produzione industriale
La prima fibra tessile poliestere è stata messa a punto da J. R. Whinfield e J. T. Dickson della Calico Printers Association (Gran Bretagna) fra gli anni Trenta e Quaranta, ma solo nel 1948 ebbe inizio la produzione industriale della prima fibra denominata Terylene. Loro caratteristica peculiare è la possibilità, dopo essere state termofissate, di mantenere in qualsiasi condizione la piega e la stabilità dimensionale; ciò ha introdotto il concetto di un uso dei manufatti privo di preoccupazioni e di facile manutenzione (lava e indossa). Il polimero di partenza si estrude dalle filiere allo stato fuso con lo stesso sistema del nylon; viene fuso in atmosfera secca di azoto puro e, dopo estrusione, raffreddato in aria a temperatura ambiente, raccolto su bobina, stirato a 80 ºC, quattro o cinque volte la sua lunghezza, termofissato e nuovamente raccolto. Con la variazione dello stiro si ottengono fibre poliesteri ad altissima tenacità. Le fibre poliesteri vengono colorate in avorio molto pallido o tinte pastello; al microscopio presentano una superficie liscia e uniforme; la loro sezione è circolare, anche se vengono talvolta prodotte con sezione trilobata o pentalobata; hanno un peso specifico di 1,38, ottima tenacità (tra 4 e 6 g/den) e buon allungamento (dal 6 al 12%) che rimangono inalterati a umido; eccellente comportamento all'usura e alle gualciture. Le fibre poliesteri vengono prodotte in fiocco, da 1,2 a 10 den, o in fili continui, composti da più bave, con un titolo globale da 30 a 3000 den; i fili continui di poliestere si prestano meglio di qualsiasi altra fibra alla produzione di filato testurizzato. Come le altre fibre sintetiche a forte idrorepellenza, non assorbono macchie e si lavano e puliscono con facilità, asciugano rapidamente e resistono alle muffe e agli insetti. Hanno infine un'eccezionale stabilità dimensionale, buona resistenza al cloro, agli acidi e ai solventi. Tra le principali deficienze delle fibre poliesteri vi è una forte tendenza alla formazione del pilling, sensibilità agli alcali, non assorbenza della traspirazione (hanno la bassissima igroscopicità dello 0,3-0,5%), inoltre generano elettricità statica e attirano pulviscolo. Le fibre poliesteri più conosciute sono il Diolen della Enka-Glanzstoff, il Trevira della Hoechst, il Terylene della ICI, il Dacron della Du Pont, il Vestan della Bayer, il Terital della Montefibre, il Wistel della Snia Viscosa. Le fibre poliesteri trovano impiego, oltre che per l'abbigliamento, per tendaggi, biancheria, arredamento, filtri, imbottiture e per confezionare vele, nastri trasportatori, cinture di sicurezza, manicotti, ecc.
P. W. Morgan, Condensation Polymers by Interfacial and Solution Methods, New York, 1965; B. Parkyn, F. Lamb, B. V. Clifton, Polyesters, Londra, 1967; F. Sanders, Polyesters, New York, 1984.