latino-americana, cultura

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cultura caratterizzata da tre elementi basici: il “fondo” indio, il superstrato iberico (spagnolo nella maggior parte del Centro-Sudamerica, portoghese in Brasile) e gli apporti – dal sec. XIX in avanti – delle culture europee non ispaniche e degli Stati Uniti. Un quarto elemento, meno importante ma non trascurabile, specie nel Brasile, nel Venezuela e nelle Antille, è costituito dagli apporti delle culture africane, tuttora vive presso i discendenti degli schiavi. Si ha quindi un vasto mosaico etnico-culturale, con varianti locali anche notevoli, secondo la prevalenza dell'elemento indio (Messico, Centroamerica, dorsale andina), europeo (Argentina, Uruguay, Costa Rica) o nero-mulatto; nel complesso con caratteri tipici di meticciato. La varietà, complessità e importanza delle culture precolombiane sono state accertate da un secolo almeno di scoperte archeologiche e di studi. Dal Messico al Perú, monumenti di valore capitale sono stati rimessi in luce dagli scavi (Teotihuacán, Chichén Itzá, Uxmal, Palenque, ecc. fino a Machu-Picchu e oltre). Gli Indios puri, parlanti lingue e dialetti precolombiani, conservano un patrimonio folcloristico (poemi, miti, danze e musiche, produzioni artigiane, ecc.) che ha attratto, oltre agli etnologi, gli scrittori, i musicisti e i pittori. Così, mentre gli apporti indigeni, soprattutto lessicali, hanno arricchito lo spagnolo e il portoghese parlati in America, distinguendoli dalle lingue-madri europee, i miti precolombiani hanno ispirato l'opera di grandi scrittori (Asturias, Arguedas, Roa Bastos, ecc.). Persino nei Paesi più etnicamente europei, come l'Argentina e l'Uruguay, si avverte sempre più chiaramente, specie a partire dagli anni Quaranta, il risveglio di una coscienza americana. La conquista europea degli inizi del sec. XVI distrusse buona parte delle civiltà precolombiane, decimando le popolazioni indigene ed emarginandole per secoli. Ma non poté distruggere tutto; e anzi, fin dallo stesso sec. XVI, diede l'avvio a un trapianto culturale (collegi religiosi, università, teatri, tipografie) in virtù del quale le colonie poterono contribuire alla letteratura della madrepatria con scrittori di valore (Garcilaso l'Inca, suor Juana Inés de la Cruz, ecc.). Nel sec. XVIII la nuova estetica arcadico-neoclassica acquistò peculiari coloriture americane con evidenti intenzioni indipendentiste (la Escola mineira in Brasile e i primi periodici illuministi nell'America spagnola, nonché il recupero delle civiltà precolombiane nelle opere dei gesuiti espulsi, come la Storia del Messico di Clavijero). Nel sec. XIX l'indipendenza politica portò una volontà di distacco anche culturale (tipico l'antispagnolismo di Sarmiento) e l'accettazione delle nuove estetiche europee, dal romanticismo franco-anglo-americano al simbolismo francese, dal quale nasce direttamente il modernismo ispano-americano. Parigi diventò la capitale morale degli artisti ispano-americani fino alle avanguardie e oltre. Ma, accanto a casi di neocolonialismo spirituale e artistico, appare evidente che l'accettazione delle estetiche europee non ha impedito – al contrario, ha favorito – espressioni originali dello spirito latino-americano.

S. Clissold, Latin America: A Cultural Outline, New York, 1965; Autori Vari, Idee sull'America Latina, Roma, 1969; G. Bellini, Il mondo allucinante. Studi sul romanzo ispanoamericano della dittatura, Milano, 1976; A. Morino, Terra America, Torino, 1979.

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