crisantèmo

sm. [sec. XVI; dal greco chrysánthemon, propr. fiore d'oro]. Nome comune usato per indicare le piante del genere Chrysanthemum della famiglia Composite (Asteracee) al quale appartengono ca. 200 specie erbacee o sublegnose, da alcuni autori suddivise in generi diversi (Leucanthemum, Pyrethrum, Tanacetum, oltre a Chrysanthemum in senso stretto). Sono annuali o perenni, con foglie ovato-cuoriformi od oblungo-spatolate, dentate o lobate, e capolini solitari o riuniti in corimbi, muniti di squame involucrali: quelli del disco tubulosi e gialli, quelli del raggio (talvolta mancanti) a ligule gialle o bianche; i frutti sono acheni. In Italia ne crescono spontaneamente una dozzina di specie molto frequenti nei campi e nei prati e spesso anche coltivate nei giardini come ornamento. Fra le più note sono la comune margherita dei prati, il tanaceto, l'erba amara (o erba di S. Pietro), il fior d'oro, la margherita alpina, la matricale, il piretro. Comunemente, col nome di crisantemo si indicano solo i poliibridi generati principalmente da due specie subarbustive asiatiche, Chrysanthemum indicum e Chrysanthemum sinense (=Crisantemo morifolium), entrambe della Cina e del Giappone, introdotte in Europa verso la fine del Settecento. Innumerevoli sono le cultivar derivate, con fiori tutti ligulati, bianchi, rossi, gialli, rosei, porporini, in tutte le tonalità, ovvero anche screziati. I capolini, che in alcune varietà raggiungono i 20 cm di diametro, possono avere ligule piane, tubulose, intere, laciniate, diritte, ricurve, arricciate all'estremità, ecc. Vi sono anche varietà a bassa statura, nelle quali i capolini sono relativamente piccoli, con fiori tubulosi gialli (crisantemi coreani). La moltiplicazione del crisantemo in genere viene eseguita per via vegetativa (per talea); l'uso del seme di solito è riservato alle colture di interesse genetico. Fioriscono in autunno inoltrato e, in Occidente, sono molto usati per ornare le tombe.