andrògeno
agg. e sm. [andro-+-geno]. Ormoni androgeni, sostanze elaborate dalle cellule interstiziali del testicolo, dalle ghiandole surrenali, dalle ovaie e dalla placenta. Gli ormoni androgeni promuovono lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili e garantiscono successivamente il loro mantenimento; stimolano l'accrescimento corporeo e portano a compimento lo sviluppo dell'organismo favorendo la saldatura delle epifisi alle diafisi ossee. Gli androgeni sono derivati ciclopentanoperidrofenantrenici a 19 atomi di carbonio appartenenti alla serie dell'androstano o del suo isomero etiocolano. L'ormone androgeno di maggiore importanza è il testosterone, il quale è da 10 a 30 volte più attivo dell'androsterone e del deidroisoandrosterone. La biosintesi degli androgeni avviene a partire da differenti precursori tra i quali figurano il colesterolo, il progesterone e il Δ5-pregnenolone. L'indicazione terapeutica elettiva degli androgeni è l'ipogonadismo. Il testosterone e i suoi derivati trovano inoltre impiego nel criptorchidismo, nell'impotenza sessuale, nella terapia del carcinoma mammario e dell'osteoporosi e, in associazione con gli estrogeni, nella sindrome della menopausa. Nella pratica clinica si preferiscono al testosterone alcuni suoi derivati sintetici che risultano più attivi e più stabili dell'ormone naturale. Gli ormoni androgeni vengono impiegati in terapia anche per la loro naturale attività nel metabolismo (vedi anabolizzante).