alabastro
IndiceLessico
sm. [sec. XIII; dal greco alábastron, vasetto d'alabastro per profumi].
1) Roccia calcarea (alabastro calcareo od orientale) traslucida, con colori variabili (giallo, bruno, rossiccio) disposti a zone, a volte concentriche, e dovuti alla presenza di impurità (generalmente ossidi di ferro). Si origina per deposizione di calcite da acque carsiche o da acque termali calcarifere.
2) Varietà del gesso (alabastro gessoso o di Volterra) ; si presenta in masse compatte a struttura microcristallina; il colore può essere bianco avorio, giallino o verdastro.
3) Genere di vetro opalino che imita l'omonima pietra, usato in particolare in Francia dopo il 1843. Detto anche vetro alabastrino e pâte de riz (vedi opalina).
Alabastro di Volterra.
De Agostini Picture Library/R. Appiani
Alabastro. Statuetta della ""grande cantante"" Ur-Nina della metà del III millennio (Damasco, Museo).
De Agostini Picture Library/A. Dagli Orti
Arte
L'uso dell'alabastro (sia la roccia calcarea, sia la varietà gessosa) come materiale artistico risale alle civiltà più remote e tende a prevalere in arti e periodi che non conobbero il marmo . Il cosiddetto alabastro orientale fu usato ampiamente in Egitto fin dall'Antico Regno (III millennio a. C.) sia come materiale da costruzione in camere e santuari (una camera delle piramidi di Saqqâra, III dinastia; nei santuari dei templi di Sesostri I, XII dinastia, e di Thutmose IV, XVIII dinastia, a Karnak; in quello di Ramesse II, XIX dinastia, ad Abido), sia come pietra preferita nella produzione di oggetti svariati, come sarcofagi, scatole e giare canopiche, statue e tavole d'offerta, piatti e soprattutto vasi, numerosi nelle tombe dell'Antico Regno e in quelle della XVIII dinastia. La predilezione per l'impiego dell'alabastro è spiegata dalla diffusione delle cave nel Sinai e nel deserto a oriente del Nilo, dalla relativa facilità di lavorazione e, principalmente, dai risultati estetici e plastici offerti dal materiale chiaro e sublucido. Questi stessi presupposti giustificano l'impiego dell'alabastro gessoso in Mesopotamia, per vasi, bacili e statuette del periodo di Uruk (fine del IV millennio a. C.), nella statuaria di culto del periodo protodinastico a Ešnunna, Khafāgia e Mari, e soprattutto negli imponenti ortostati che ornavano le pareti dei palazzi neoassiri di Nimrud, di Khorsābād e di Ninive. § L'uso dell'alabastro si diffuse nella civiltà cicladica dell'Egeo (figurine umane e votive) e, soprattutto nell'Età del Bronzo, a Creta, dove il materiale fu adoperato architettonicamente negli interni di Cnosso, Festo, Haghia Triada, Tirinto, Micene. I Greci utilizzarono poco l'alabastro, impiegato invece diffusamente dagli Etruschi, nella varietà gessosa, per sarcofagi e urne funerarie (dal sec. IV a. C.). In epoca romana l'alabastro trovò utilizzazione nella decorazione architettonica, per la realizzazione di vasi, vasche, oggetti pratici e nei busti-ritratto. § Per la possibilità di ottenere lastre molto trasparenti, l'alabastro fu impiegato in epoca protocristiana come schermo per finestre, mentre l'uso fu scarso nel periodo medievale. Particolarmente diffuso fu invece in Inghilterra, in epoca gotica, per la produzione di sculture funerarie: uno dei primi esempi è la statua di Edoardo II a Gloucester (1330). Fra le opere più significative, una statuetta della Vergine del sec. XIV (Nottingham, Museo). Sculture in alabastro furono prodotte anche in Germania nel sec. XV, mentre in Italia l'impiego dell'alabastro non ebbe diffusione, fino agli inizi del sec. XIX, quando iniziò la produzione artigianale di Volterra, per iniziativa di Francesco Inghirami.