Tuàregh
(sing. targui). Popolazione dell'Africa settentrionale stanziata in prevalenza nel Saharacentrale e centromeridionale. I Tuaregh, per il relativo isolamento in cui sono vissuti, conservano molti dei caratteri antropologici delle più antiche genti leucoderme del Sahara: rispetto ai Berberi arabizzati sono caratterizzati da alta statura, corporatura molto longilinea, testa alta e allungata con faccia ampia in cui risaltano un naso quasi aquilino e l'occhio con la palpebra superiore formante una tipica plica. Originariamente pastori nomadi, sono diventati anche abili allevatori di cammelli e cavalli; diffusa è la lavorazione dell'argento, delle pelli, delle stuoie e di tappeti e tessuti che realizzano con lana di cammello; dagli Arabi hanno acquisito l'agricoltura che lasciano alle caste inferiori, cui competono anche i lavori artigianali. La diffusione del ferro è molto antica, secondo alcuni acquisita dalle genti melanoderme del Sudan, secondo altri dai Romani (c'è chi identifica i Tuaregh con i Garamanti); tipiche armi tradizionali i coltelli con fodero a braccialetto e le lunghe lance interamente in ferro. La loro abitazione tradizionale è la tenda poligonale di stuoie o di pelli ovine cucite tra loro, atta a ospitare un'intera grande famiglia, il cui spazio interno è diviso in due parti, una riservata al capofamiglia e ai figli maschi, l'altra alla madre e alle figlie nubili; sono utilizzate anche capanne temporanee di ramaglie o di pelli, a pianta ovale e con tetto a volta; i Tuaregh sedentarizzati nelle oasi hanno adottato la tipica casa araba, quadrangolare e con tetto piatto, fatta di pietre, mattoni o fango impastato con la paglia. Tuttora la maggior parte dei Tuaregh usa il tipico vestiario tradizionale: per l'uomo una corta casacca, larghi pantaloni con cavallo assai basso (un tempo alle caviglie), una sorta di ampia toga e il tipico copricapo (litham) costituito da una calotta di feltro rosso avvolta in un grande velo blu, nero o bianco (secondo i gruppi) che lascia solo una stretta fessura per gli occhi; le donne indossano una lunga gonna ricoperta da una casacca e spesso da un ampio mantello dal capo ai piedi, il loro volto è però sempre scoperto. I Tuaregh nomadi mantengono la tradizionale struttura sociale, nonostante gli influssi arabi (dei quali hanno adottato la religione, pur conservando non pochi riti animisti) ed europei: sono organizzati in grandi famiglie patriarcali ma a discendenza matrilineare; la posizione della donna è assai elevata ed essa partecipa attivamente alla vita sociale; alle donne compete l'uso dell'antica scrittura nell'originale lingua dei Tuaregh (tifinagh), inoltre esse svolgono la funzione di cantastorie tramandando il notevole patrimonio di letteratura orale, solo in parte conservato in antichi scritti, che si arricchisce di sempre nuovi elementi; questa funzione viene svolta, però, anche dagli uomini; compito delle donne è inoltre la scelta del campo e la costruzione delle tende. Il potere politico è sempre detenuto dall'uomo e tuttora la società dei Tuaregh, nella quale non è ammessa la poligamia, è suddivisa in tre classi, un tempo rigidamente endogamiche: al vertice vi sono i discendenti degli antichi guerrieri che costituiscono i nobili (imoràd), i soli a possedere cammelli e ai quali sono dovuti i tributi; segue la classe degli uomini liberi (imràd), figli di Tuaregh e donne straniere (arabe, bianche, nere), che fanno i pastori di capre, coltivano i campi, svolgono lavori artigianali e possono essere semplici vassalli (per cui vivono in gruppi separati), oppure servi degli imoràd; la classe degli iglàm è costituita dai discendenti degli schiavi (che un tempo costituivano questa classe), prigionieri di guerra in grande maggioranza fatti tra le genti nere del sahel, che sono al servizio degli imoràd e degli imràd. Gruppo a sé stante, esente da tributo e dall'obbligo del lavoro, è quello degli imislinèn al quale appartengono gli insegnanti del Corano, i santoni musulmani e i maghi-medici. Le grandi famiglie sono organizzate in tribù rette da un capo elettivo (amràr) e più tribù formano una sorta di confederazione al cui vertice si trova un capo ereditario, l'amenokàl, appartenente per discendenza materna alla più antica famiglia nobile; le confederazioni, alcune delle quali ridotte ormai a poche migliaia d'individui, nomadizzano in territori ben definiti, ma sono sempre più osteggiate dalle popolazioni locali o spinte dai governi in zone inospitali e costrette a diventare sedentarie; le confederazioni superstiti sono quelle dei Kel-Gress, Jullemiden, Iforas, Kel-Ahaggar, quasi estinte quelle dei Tenghereghif, Kel-Ajjer, Kel-Air, Kel-Antassar, Kel-Dimik.