Totò
nome d'arte dell'attore teatrale e cinematografico italiano Antonio De Curtis Gagliardi Ducas Comneno di Bisanzio (Napoli 1898-Roma 1967). Si mise in luce nelle serate di trattenimento della piccola borghesia napoletana (le cosiddette “periodiche”) e portò la sua maschera comica, la sua figura da marionetta (volto asimmetrico, occhi sfavillanti, cappello e bombetta e un largo tight dai pantaloni troppo corti su un paio di calzini colorati), le sue macchiette nel caffè-concerto e poi nei maggiori teatri di varietà del tempo. Passato alla rivista, fu scritturato nel 1926 da A. Maresca e, salvo due anni in cui lavorò nella compagnia dialettale del Teatro Nuovo di Napoli (1928 e 1929), in questo campo svolse prevalentemente la sua attività teatrale (Volumineide, Orlando curioso, Bada che ti mangio, ecc.) trovando in M. Galdieri il suo autore preferito. Dal 1937 fino alla morte la sua maschera e la sua silhouette apparvero anche sullo schermo, in oltre un centinaio di film di qualità spesso scadente e talvolta infima, quasi sempre riscattati dalla sua comicità apocalittica e geniale. Dopo un primo periodo di adattamento all'umorismo intellettuale d'epoca (Animali pazzi, 1939, su testo di A. Campanile), essa esplose nel dopoguerra soprattutto nelle farse intitolate al suo nome. Per le sue interpretazioni di attore fu premiato in Guardie e ladri (1951) di Steno e M. Monicelli e in Uccellacci e uccellini (1966) di P. P. Pasolini. Ulteriori conferme di un processo di umanizzazione e approfondimento psicologico si trovano da Napoli milionaria (1950) di E. De Filippo a Dov'è la libertà? (1954) di R. Rossellini, da L'oro di Napoli (1954) di V. De Sica a I soliti ignoti (1958) di Monicelli, da La Mandragola (1965) di A. Lattuada a due episodi pasoliniani.