Schlegel, Friedrich
Indicescrittore e filosofo tedesco (Hannover 1772-Dresda 1829). A partire dal 1798, anno in cui fondò con il fratello August Wilhelm la rivista Athenäum, fu il punto di riferimento filosofico per il primo romanticismo tedesco. A Berlino strinse amicizia con F. D. E. Schleiermacher e D. Veit, che divenne sua moglie nel 1804. Nel 1796 passò a insegnare a Jena, dove fu amico di L. Tieck, Novalis, J. G. Fichte e, inizialmente, anche di J. W. Goethe di cui aveva esaltato il Meister, ma del quale fu in seguito fiero avversario letterario. A Parigi, dal 1802 al 1804, insegnò filologia e lettere, studiò sanscrito e letterature orientali e iniziò a pubblicare la rivista Europa (1803-05). Nel 1808 si convertì, come molti suoi coetanei di osservanza romantica, al cattolicesimo e si stabilì a Vienna come professore; dal 1815 al 1818 fu funzionario della missione austriaca alla Dieta di Francoforte e, stretto collaboratore di W. K. L. Metternich, partecipò ai lavori del Congresso di Vienna, assumendo posizioni sempre più reazionarie (fu uno dei massimi teorici della Restaurazione). Teorico e divulgatore geniale, egli aprì la sua meditazione sulla poesia con un saggio di fondamentale importanza nell'estetica del romanticismo tedesco, Über das Studium der griechischen Poesie (1797; Sullo studio della poesia greca), di squisito sapore winckelmanniano e d'aperta rottura col classicismo di F. Schiller, che lo colpì con feroci epigrammi. Egli svolse poi, nei Fragmente usciti sull'Athenäum del 1798, una rivalutazione della poesia moderna (ovvero romantica) che, superando i confini dei generi, era, secondo lo scrittore, in condizione d'incorporare “progressivamente” tutto il visibile, tutto il già scritto in tutte le lingue (di qui l'importanza delle traduzioni) e perfino la scienza, trasformandola in poesia, una poesia appunto “universale”. Al tempo stesso, in Brief über den Roman (1799; Lettera sul romanzo) egli stabiliva una relazione fra il “romantico” dell'epica e della lirica medievale e il “romantico” moderno, una continuità fra la sintesi arabo-normanna della cultura europea medievale e la narrativa psicologica del Settecento (l'anello di congiunzione è il Don Chisciotte), fra storia e finzione letteraria. Tale abolizione del confine tra storia e poesia fu alla base dello sviluppo del romanzo e del dramma storico, generi per eccellenza dell'età romantica. La Spagna, sutura fra Neolatini e Arabi, diventava simbolo del nuovo spazio; gli Arabi erano a loro volta la via d'accesso all'Oriente, già simbolo massonico nel Settecento, e all'India, destinata a essere considerata, anche dai linguisti, la culla purissima dell'Europa. Dall'interesse di Schlegel per il sanscrito e le letterature orientali scaturì il saggio Die Sprache und Weisheit der Inder (1808; La lingua e la sapienza indiana), un'opera che contribuì all'affermazione della linguistica comparativa moderna. Tra le sue opere letterarie, ricordiamo il dramma classicistico Alarcos (1802) e il romanzo Lucinde (1799) dove egli esemplificò peraltro la sua concezione del romanzo moderno, privo di azione lineare, commisto di narrazione, lettere, osservazioni, diari e sogni. L'opera, apologia di un amore perfetto dei sensi e dell'anima, qual era quello da lui sperimentato con la moglie Dorothea, suscitò grande scandalo sia per la tematica che per la sua libertà di linguaggio.
Bibliografia
M. Preitz, F. Schlegel und Novalis, Darmstadt, 1957; H. Nüsse, Die Sprachtheorie F. Schlegels, Heidelberg, 1969; A. Klein, Temi e motivi mistici nell'estetica di F. Schlegel, in “Rivista d'estetica”, 17, 1972; H. D. Weber, Schlegels Transzendentalpoesie, Monaco, 1973; F. Cuniberto, Friedrich Schlegel e l'assoluto letterario, Torino, 1991.