Picabia, Francis
Indicepittore francese (Parigi 1879-1953). Figlio di un diplomatico cubano, studiò alla Scuola delle Arti Decorative e a quella di Belle Arti di Parigi, dove ebbe come maestro Cormon. Dopo gli inizi come convincente pittore impressionista, passò a esperienze fauves; accostatosi quindi all'astrattismo (Caoutchouc, 1908, Parigi, Musée National d'Art Moderne), approdò infine a una personale e poetica interpretazione del cubismo, allineandosi nella ricerca perseguita da R. Delaunay e divenendo così tra i maggiori esponenti del cubismo orfico (New York vista a testa in giù, 1912, Londra, collezione privata; Udnie, 1913, Parigi, collezione privata). All'inizio della prima guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti (dove aveva già soggiornato nel 1913, partecipando con pitture di soggetto americano a una mostra da Stieglitz e alla famosa rassegna dell'Armory Show) e vi ritrovò gli amici A. Stieglitz (della cui rivista 291 fu attivo collaboratore), Marius de Zayas e M. Duchamp, con il quale era venuto in rapporto nel 1910-11. Iniziò in quest'epoca (1915-16) la produzione del “periodo meccanico” dell'artista, tesa a elevare a significato e valore di opera d'arte l'oggetto banale, che durò, nei due momenti distinti prima di assenza e poi di prevalenza del fatto pittorico, fino al 1925. Nell'azione di “ridicolizzare l'arte del conformismo ufficiale”, Picabia precorse (con Duchamp e Man Ray) il dadaismo, nell'ambito del quale svolse parte attiva dopo il suo rientro in Europa nel 1918, prima a Zurigo e poi a Parigi. Nel 1917 il pittore aveva dato vita a Barcellona alla rivista 391, che raccolse in diciannove numeri, pubblicati in diverse città fino al 1924, i suoi scritti corrosivi e le sue ironiche fantasie. Staccatosi dal gruppo dadaista e avvicinatosi a Breton e ai surrealisti, creò la serie dei “mostri” (satiriche interpretazioni di celebri opere del passato), alla quale succedette, dopo il 1928, quella delle “trasparenze” (giochi di linearismi nel moltiplicarsi delle immagini contrapposte), che segna il periodo surrealista di Picabia e insieme il suo ritorno al figurativo, accentuato nel 1936 con la serie di tele dette “allegoriche”. Successivamente l'artista si volse nuovamente a opere astratte, a cui alternò poi, fino alla morte, opere di lirica concezione figurativa, passando da una ricerca di puri valori materici a una composizione di stilizzata e pacata visione (I giorni della settimana). Della sua eclettica attività si ricordano le illustrazioni per il Pescatore d'anime di A. Maurois, la realizzazione con René Clair del cortometraggio surrealista Entr'acte (1924), la creazione delle scene e dei costumi per il balletto Relâche di Erik Satie, di cui collaborò anche alla sceneggiatura, e la pubblicazione di Poèmes et dessins de la fille née sans mère (1918), L'atlète des pompes funèbres, Poésies Ronron.
Francis Picabia. L'acrobata (1925; Stoccolma, Museo d'Arte Moderna).
De Agostini Picture Library/G. Dagli Orti
Francis Picabia. La città di New York intravista attraverso il corpo.
De Agostini Picture Library/G. Nimatallah
Bibliografia
J. Arp, Francis Picabia, New York, 1950; G. Buffet-Picabia, Aires abstraits, Ginevra, 1957; W. A. Camfield, Francis Picabia, New York, 1970; M. Fagiolo Dell'Arco, Picabia, Milano, 1976.