Bhutan
Indice(Druk Yul). Stato dell'Asia centrale (38.394 km²). Capitale: Thimphu. Divisione amministrativa: distretti (20). Popolazione: 683.406 ab. (stima 2009). Lingua: dzongkha (ufficiale), dialetti nepalesi, dialetti tibetani. Religione: buddisti 74,6%, induisti 25,4%. Unità monetaria: ngultrum (100 chetrum) e rupia indiana, quotata alla pari. Indice di sviluppo umano: 0,619 (132° posto). Confini: Tibet (Cina) (N), India (E, S, W). Membro di: ONU.
Bhutan. Cartina geografica.
Bhutan . Un'impervia valle del Pho Chu.
De Agostini Picture Library/G. de Vecchi
Bhutan. Laghi morenici nella valle del Pho Chu.
De Agostini Picture Library/G. De Vecchi
Bhutan . Gruppo di nomadi.
De Agostini Picture Library/G. De Vecchi
Generalità
Stato dell'Asia himalayana. colonizzato dai tibetani (sec. XVII) vede imporsi a opera del lama Ngawang Namgyal, che unificò il Paese con un'autorità sia temporale che spirituale, la religione della setta Kargyud (buddhismo Mahayana), che ancora oggi è la religione ufficiale. Considerato dalla Cina come un proprio naturale tributario, il Bhutan divenne, dopo varie lotte nei sec. XVIII e XIX, una sorta di protettorato della Gran Bretagna che, nel 1910, ne riconobbe con un trattato l'indipendenza interna, sancendo, nello stesso tempo, la chiusura ai viaggiatori europei e mantenendo la gestione dei rapporti con l'estero. Indipendente formalmente dal 1971, il Bhutan continua a vivere in una dimensione di isolamento, condizionato da un ambiente montano particolarmente ostico e da secolari tradizioni. Il Paese deve il suo nome attuale, Druk Yul, “terra del drago tonante”, ai tibetani; lo stesso drago occupa la parte centrale della bandiera bhutanese, i cui due colori, il giallo e l'arancione, rappresentano il potere temporale della monarchia e quello religioso del monachesimo buddista, le massime autorità del Paese. Il secolare isolamento del Bhutan sta tuttavia lasciando il posto a una generale apertura, grazie anche alle politiche di innovazione volute dal sovrano: sua l'idea di diffondere il concetto della “felicità nazionale lorda”, lo slogan di un programma di riforme pensato nell'ottica di uno sviluppo sostenibile, rispettoso dei valori culturali tradizionali.
Lo Stato
Per secoli il governo bhutanese fu l'espressione di un sapiente equilibrio tra il potere dei grandi feudatari e quello del clero buddista; solo nel 1907 il Paese riusciva a divenire una monarchia ereditaria (dinastia Wangchuk) trasformata nel 1969 da assoluta in "democratica", vale a dire una sorta di monarchia costituzionale modificata, non avendo il Bhutan una Costituzione formale. Capo del governo è il monarca, coadiuvato da un'assemblea, detta Tshogdu, costituita da 150 membri di cui 105 eletti su base familiare, le cui funzioni, nei periodi di aggiornamento, sono svolte da un Consiglio consultivo reale di 9 membri (Lodoi Tsokde). In base alle riforme politiche varate dal sovrano nel 1998, il potere monarchico ha subito un notevole ridimensionamento: con le nuove norme l'Assemblea ha il potere di destituire il re con una mozione di sfiducia, che deve però ottenere almeno i due terzi dei voti. Il re ha inoltre rinunciato al diritto di nominare il Consiglio dei ministri, che ora spetta all'Assemblea. Il sistema giudiziario, centrato sui precetti buddisti si articola in una Suprema Corte d'Appello e in un'Alta Corte, composta di giudici nominati dal sovrano. Il servizio militare è volontario; oltre all'esercito esistono una Guardia reale e una forza di polizia. Il sistema scolastico del Bhutan non contempla l'istruzione obbligatoria. La scuola primaria ha inizio a 6 anni d'età e ha la durata di 6 anni. A questa fa seguito la scuola secondaria a partire dai 13 anni d'età e prevede due cicli scolastici di 2 anni ciascuno. L'istruzione viene impartita in lingua inglese, ma viene studiato obbligatoriamente il dzongkha. Per l'istruzione superiore, molti studenti terminano il proprio ciclo di studi all'estero. Il tasso di analfabetismo, particolarmente alto a causa delle pessime condizioni in cui versa il sistema scolastico, nel 2010 era del 47,2%.
Territorio: geografia fisica
Pur nelle sue generali caratteristiche di Paese montano, si possono riconoscere nel Bhutan tre regioni fisiche, la cui altitudine aumenta procedendo da S a N. Al margine con l'India si stende una fascia collinare, dal clima caldo-umido, poco adatto all'insediamento umano; al centro è una zona di altopiani e medie montagne (2000-3000 m), i cui versanti meridionali, direttamente esposti al monsone estivo, ricevono ogni anno 5000-6000 mm di precipitazioni, ma che racchiudono vallate interne – più riparate dalle piogge e dove gli eccessi delle temperature sono mitigati dall'altitudine – in cui è stanziata la maggior parte della popolazione e sono situati i centri maggiori; infine a N il Paese include un tratto della catena del Grande Himalaya, che corre al confine con il Tibet e tocca i 7000 m: si tratta di una regione dove i rigori del clima e le asperità del terreno consentono solo un insediamento estremamente disperso di pochi montanari. § Numerosi fiumi svolgono nel Bhutan parte del loro alto corso, solcando profonde valli parallele, con direzione generale nel senso dei meridiani, attratti dal Brahmaputra. Tra essi sono il Manās, che ha origine nel Tibet e attraversa interamente il Grande Himalaya, e il Machu, che percorre la valle di Punakha e in pianura è chiamato Sankosh.
Territorio: geografia umana
La popolazione, la cui densità è di 18 ab./km², si concentra soprattutto nei fondi vallivi e nei duar (porte), cioè in quelle gole di comunicazione tra i territori meridionali e le alte valli bhutanesi. Dei due gruppi etnici principali, uno è di origine tibetana (bothia, 50% della popolazione complessiva), l'altro di origine indiana, ma sono presenti anche consistenti gruppi di nepalesi (35%), per lo più addensati nelle regioni meridionali, i quali formano una cospicua minoranza. Negli ultimi anni del Novecento la minoranza nepalese è stata esclusa dal censimento della popolazione, che ammonterebbe perciò a oltre due milioni di ab. (invece che a 691.000, secondo le stime ufficiali). La politica governativa, tendente a tutelare e rafforzare l'identità bhutanese, ha creato notevoli tensioni con tale minoranza, influenzando anche le relazioni con il suo Paese di origine, il quale a sua volta ospita bhutanesi di cultura nepalese. A partire dal 1990 il Bhutan, infatti, ha dovuto fronteggiare una grave crisi, determinata dalle rivendicazioni, fino ad allora sopite, del gruppo etnico minoritario di origine nepalese nei confronti di quello tibetano, più numeroso. Nel corso delle manifestazioni di protesta, organizzate nel settembre del 1990, il gruppo etnico nepalese rivendicava il diritto di avere un ruolo più importante nelle decisioni politiche ed economiche e si dichiarava contrario alla politica portata avanti dalle autorità bhutanesi, intesa a rafforzare l'identità nazionale in un ottica di esaltazione degli aspetti culturali tibetani, a scapito di quelli nepalesi: esempio di questa strategia politica è stata la proclamazione della lingua tibetana dzongkha la sola lingua ufficiale del Paese. In seguito alle proteste del settembre 1990 migliaia di dissidenti hanno abbandonato il Bhutan, riparando in accampamenti situati nel Sudest del Nepal. Il problema di questi profughi, il cui numero è cresciuto, non ha ancora trovato soluzione, nonostante i numerosi incontri svoltisi fra le delegazioni del Nepal e del Bhutan: il Nepal è fermo nel ritenere che tutti i rifugiati che vivono nei campi dovrebbero avere il diritto di poter tornare in Bhutan, mentre le autorità bhutanesi sostengono che questo diritto deve essere concesso soltanto a coloro che furono costretti a lasciare il Paese contro la loro volontà e non anche a quelli che lo fecero spontaneamente. La popolazione del Bhutan continua comunque a essere tra le più povere del mondo e a soffrire per la mancanza di strutture adeguate, soprattutto nel settore sanitario e scolastico. Del tutto carente è, infatti, il numero dei medici e dei presidi ospedalieri e la malaria e la tubercolosi sono ancora molto diffuse, anche se, in base alle dichiarazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, già nel 1990 è stato possibile portare a termine il programma di vaccinazione dei bambini; rimane, però, ancora molto alto il tasso di mortalità infantile. La distribuzione della popolazione sul territorio mostra come la maggior parte degli abitanti viva in villaggi sorti attorno ad antiche fortezze (dzong), costruzioni di straordinaria imponenza, edificate sulle alture a difesa delle incursioni tibetane; esse sono tuttora il fulcro della vita politica e sociale del Bhutan (la stessa divisione amministrativa è basata sui dzong), in quanto ospitano gli uffici pubblici e religiosi. Nel Paese, inoltre, non esistono vere e proprie città: la capitale (Thimphu) riveste soprattutto un ruolo religioso, oltre che funzioni amministrative; il secondo centro del Paese, per numero di abitanti è Paro, dove scuole, case e mercati sono stati costruiti attorno a un antico monastero restaurato. Phuntsholing, più a S, è, invece, il maggior centro industriale.
Territorio: ambiente
La vegetazione è assai ricca: le foreste occupano circa tre quarti del territorio e più di un quarto del Paese costituisce area protetta. Nelle vallate più basse e umide predominano le essenze tropicali, con un folto sottobosco; sulle medie montagne cresce la foresta di latifoglie, con querce, castagni, betulle, cui segue, tra i 3000 e i 4000 m, quella di conifere. La fauna locale comprende specie in via di estinzione quali il langur nemaeus, la tigre, il leopardo delle nevi e il panda rosso. Allo scopo di tutelare tale ricchezza sono stati creati 4 parchi nazionali e 2 oasi faunistiche che coprono complessivamente il 24,6% del territorio; una legge del 1995 impone che le foreste ricoprano almeno il 60% del Paese.
Economia
Il Bhutan è un Paese ancora strutturato su basi feudali; la prima centrale idroelettrica (a Thimphu) risale al 1967 e l'ammissione all'Unione Postale Universale al 1972. Per quanto abbia conservato una relativa autonomia, forte è la dipendenza economica e tecnica dall'India, che ha provveduto in larga misura a finanziare i vari piani di sviluppo del Bhutan, che ha usufruito anche di cospicui aiuti da parte degli altri Paesi aderenti al Piano di Colombo, soprattutto gli Stati Uniti; dal 1982 il Bhutan è membro dell'Asian Development Bank. Lo sviluppo sociale ed economico ha comportato, innanzitutto, la costruzione di strade per il collegamento con l'India e la Cina, di ospedali e di scuole. Il Settimo Piano di sviluppo (1992-97) si è posto precisi obiettivi: sviluppare le risorse interne; incentivare il settore privato; favorire la decentralizzazione e la partecipazione popolare; sviluppare le risorse umane; bilanciare adeguatamente lo sviluppo all'interno delle singole regioni del Paese e, infine, garantire la sicurezza nazionale. L'ottavo piano di sviluppo (1997-2002), invece, ha puntato all'espansione dell'industria e del settore idroelettrico; il nono (2002-2007), infine, si è prefissato il miglioramento della qualità della vita, la protezione del patrimonio ambientale e culturale, la promozione del settore privato e l'aumento dell'occupazione, oltre a riforme in ambito politico e amministrativo. Malgrado tali interventi, gli incentivi allo sviluppo e la forte crescita del reddito nazionale a partire dagli ultimi decenni del Novecento, il Paese rimane uno dei più poveri al mondo: il PIL pro capite è di appena 1.881 $ USA (2009), il PIL complessivo di 1.269 ml $ USA. § L'economia resta prevalentemente agricolo-pastorale-forestale: sul limitatissimo arativo (5% della superficie nazionale) si coltivano, essenzialmente per autoconsumo, riso, mais, orzo, frumento, grano saraceno, patate, frutta (arance, mele), cardamomo. § L'attività zootecnica, sebbene incrementata, riguarda yak, pecore, capre. Con i piani di sviluppo si è ottenuta una più razionale utilizzazione del suolo agricolo, oltre che un maggiore sfruttamento delle risorse forestali. Sono state create anche piccole industrie, soprattutto tessili, del legno (teak), dei materiali da costruzione e per la lavorazione dei prodotti agricoli ed è stata favorita la produzione dei tradizionali oggetti di artigianato, destinati all'esportazione. § Nel settore secondario, a fronte dell'insufficiente interesse per le attività minerarie, un certo rilievo ha assunto la produzione idroelettrica (principale impianto di Chukha), che dal 1988 permette l'esportazione di energia verso l'India. Questa centrale idroelettrica, però, non ha ancora stimolato, come invece si ipotizzava che sarebbe successo, lo sviluppo del settore industriale. Sempre negativi sono i dati riguardanti la bilancia commerciale, la cui situazione deficitaria sembra ormai cronicizzata: il commercio estero si svolge quasi prevalentemente con l'India da cui si importano soprattutto riso e nafta e verso la quale si esporta cemento, legno e, come si è detto, elettricità dalla centrale di Chukha. § Buoni introiti provengono tuttavia dal turismo, sebbene abbia avuto inizio solo a cominciare dal 1974, dapprima attraverso la costituzione di un'agenzia governativa poi con il contributo del settore privato; l'intento del governo è quello di monitorare gli ingressi dei visitatori stranieri e di incentivare un turismo responsabile al fine di salvaguardare il grande patrimonio ambientale e culturale. Il Paese, che attrae molti turisti in occasione delle feste religiose tradizionali, è infatti meta degli amanti del trekking d'alta quota. Paro ospita l'unico aeroporto internazionale; le principali arterie stradali collegano il Paese all'India e mettono in comunicazione le maggiori città.
Storia
Il sostanziale isolamento causato da un territorio impervio, che comprende anche un tratto della grande catena himalayana, ha consentito al Bhutan di mantenere un certo equilibrio di rapporti con gli incombenti vicini Indiani e Cinesi. Negli anni Sessanta del XX secolo il Paese inizia lentamente a uscire dall'isolamento creandosi infrastrutture economiche ed entrando a far parte dell'ONU. Sia per mantenere integra l'identità culturale sia per evitare presenze pericolose per la stabilità della monarchia, il re Jigme Singye Wangchuk, al potere dal 1972, perseguiva una politica di restrizione dell'immigrazione e di espulsione di residenti allogeni. Ciò avveniva, però, nel quadro di uno sforzo complessivo di ammodernamento del Paese che poggiava su un più razionale uso delle risorse idriche e finalizzato alla realizzazione di infrastrutture in grado di migliorare la qualità della vita della popolazione, in particolare favorendo l'istruzione e la sanità e portando ovunque l'elettricità. Significativo appariva anche, in questo contesto, lo sviluppo di una legislazione sociale tendente a garantire i ceti più poveri, come il provvedimento che fissava (1988) i minimi salariali. L'avversione nei confronti degli allogeni, d'altra parte, si faceva ancora più evidente alla metà degli anni Novanta con l'espulsione, in tre anni, di circa 100.000 Bhutanesi di lingua nepalese. Un provvedimento indicativo del timore del re che il suo regno potesse ripercorrere le vicende del vicino Sikkim dove i gruppi nepalesi di opposizione, opportunamente sostenuti dall'India, avevano provocato nel 1975 la fine della monarchia e l'annessione all'Unione indiana. Un timore rafforzato anche dal conflitto presente in particolare nelle regioni meridionali dove la minoranza induista sin dal 1988 sviluppava una persistente guerriglia. Ciò, tuttavia, non impediva che, all'interno di un sistema rigido di controlli, si sviluppasse il comparto turistico il quale assicurava un'importante risorsa per il Paese. Segnali della politica “illuminata” del sovrano si avevano anche nel lento ma progressivo rilievo degli organi di governo che affiancano la monarchia: l'assemblea e il Consiglio consultivo (1998). In questi anni sono fondamentali gli accordi bilaterali con Olanda, Norvegia, Svizzera e altri per sviluppare nuovi programmi economici. Nel 2004 il re decideva di abolire la pena di morte, prevista dalla Costituzione del 1953. Nel marzo 2005 veniva pubblicata una bozza di Costituzione che prevedeva l'istituzione di una democrazia bicamerale, e nel corso dell'anno il re comunicava l'intenzione di lasciare il trono al figlio e di permettere le prime elezioni politiche. Nel dicembre 2006 Jigme Singye Wangchuk abdicava e al suo posto saliva al trono il figlio Jigme Khesar Namgyel Wangchuk. Con le elezioni legislative del marzo 2008 avveniva lo storico passaggio dalla monarchia assoluta a quella costituzionale, in cui votava l'80 % degli aventi diritto. In novembre avveniva la cerimonia di incoronazione del sovrano, secondo un rito tradizionale buddista.
Cultura: generalità
Le due componenti maggioritarie della società bhutanese, quella tibetana e quella nepalese, sono scarsamente integrate tra loro: il gruppo etnico principale, quello dei bothia, pratica il buddhismo e parla la lingua ufficiale, il dzongkha, una variante tibetobirmana del sinotibetano mentre i nepalesi sono per lo più induisti. L'elemento religioso, in particolare quello legato alla tradizione buddhista, tocca tutti gli aspetti della vita culturale del Bhutan: l'arte e l'architettura, l'artigianato, la musica, la danza. La custodia e la trasmissione della secolare cultura bhutanese sono affidate ai monasteri; attorno a questi luoghi si raccoglie la popolazione in occasione delle feste (tsechu), legate alle ricorrenze religiose.
Cultura: tradizioni
Il rispetto delle antiche tradizioni costituisce uno dei capisaldi della monarchia bhutanese e ha favorito nel tempo il mantenimento dell'identità nazionale. Le donne sono tenute a indossare la kira, lunga veste che, a seconda dei colori, dei tessuti e delle decorazioni, identifica persone di diverso rango. Gli uomini vestono il gho, una sorta di giacca lunga fino alle ginocchia stretta in vita con una cintura. Le feste (tsechu), che si svolgono negli dzong presso i monasteri e durano più giorni, hanno lo scopo di trasmettere l'educazione morale e religiosa. Nel corso delle rappresentazioni (cham), i monaci, vestiti con gli abiti tradizionali e con il volto coperto da grandi maschere colorate, danzano al suono di tamburi, cembali e corni. Il dramyin (o dranyen), uno strumento simile alla chitarra, accompagna spesso zhungdra e boedra, i generi musicali della tradizione. La cucina bhutanese comprende piatti a base di riso rosso, grano, carne – consumata in modeste quantità – di maiale, di pollo, di manzo, di yak e fa uso di spezie. Dallo yak si ricavano, oltre alla carne, anche formaggi e burro, usato per la preparazione del tipico tè tibetano. Gli induisti, presenti tra la minoranza nepalese, non mangiano carne, soprattutto quella di manzo.
Cultura: arte
Le antiche fortezze (dzong) costituiscono i più alti esempi dell'architettura bhutanese, tra le quali spiccano quella di Paro, il Rinchen Pung Dzong (“fortezza su un cumulo di gioielli”) e il Trashi Chhoe Dzong di Thimpu (“fortezza della religione gloriosa”). Si tratta di grandi strutture a scopo di difensivo, religioso e amministrativo che sorgono in posizione strategica sulle vallate; le più antiche risalgono al sec. XII. Sono inoltre presenti sul territorio numerosi chorten o stupa, edifici religiosi a cupola che contengono oggetti sacri e reliquie. I monasteri custodiscono al loro interno i prodotti del fine artigianato bhutanese realizzati in legno, bronzo, argento e altri metalli quali statue di Buddha, icone di santi, campane, gioielli, tankha e mandala.
Bibliografia
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