Il campo magnetico terrestre
Già nel 1600, si sosteneva che "tutta la Terra fosse un grosso magnete", che genera un campo magnetico che fa sentire i suoi effetti sul piccolo magnete dell'ago della bussola, così da allinearlo secondo l'asse nord-sud. Oggi la maggioranza degli studiosi crede che il campo magnetico terrestre possa essere paragonato a quello di una sfera uniformemente magnetizzata, caratterizzata da due poli magnetici, che non coincidono, però, con i due poli Nord e Sud geografici (fig. 11.2).
La struttura del campo magnetico terrestre mostra che esso può considerarsi generato prevalentemente da un dipolo magnetico, situato nel centro della Terra e inclinato di 11°30' rispetto all'asse terrestre. I punti in cui l'asse del dipolo incontra la superficie terrestre sono detti poli geomagnetici. Il polo geomagnetico situato nell'emisfero boreale si indica convenzionalmente con B e si trova a 78°30' N, 69° W; il polo geomagnetico situato nell'emisfero australe si indica convenzionalmente con A e si trova a 78°30' S, 111° E.
In realtà, l'origine del campo magnetico non è ancora del tutto chiarita e attualmente si ipotizza che esso possa essere generato dal movimento di cariche elettriche (ipotesi della dinamo ad autoeccitazione).
Si può applicare alla Terra il modello della dinamo, immaginando: 1) la presenza iniziale di un debole campo magnetico non uniforme; 2) la presenza di un nucleo fuso, buon conduttore; 3) la possibilità di movimenti nel nucleo stesso. I movimenti nel nucleo fuso inducono una corrente che produce un campo magnetico nuovo, che a sua volta induce una nuova corrente nel nucleo, che da parte sua provoca un nuovo campo magnetico e così via. Date queste caratteristiche, il modello è stato chiamato della "dinamo ad autoeccitazione". Si pensa che le sorgenti di energia più probabili per mantenere il movimento all'interno del nucleo siano dei movimenti di calore all'interno del nucleo, paragonabili a quelli che si sviluppano in un liquido messo a bollire (moti convettivi).
Il paleomagnetismo
Studi compiuti negli anni Cinquanta evidenziarono che in passato si sono verificate variazioni dell'intensità e anche inversioni di polarità del campo magnetico terrestre. Lo studio di tali cambiamenti prende il nome di paleomagnetismo, o magnetismo fossile, e ha contribuito in modo rilevante alla scoperta dell'espansione dei fondali oceanici e alla formulazione della teoria della tettonica a placche.
In particolare, si sono fatte alcune scoperte.
- Il campo magnetico della Terra si è invertito varie volte rispetto a quello attuale, come se i poli si fossero scambiati di posto; le inversioni di polarità si riconoscono quando, in colate basaltiche successive, in corrispondenza delle dorsali medio-oceaniche (sorta di fessure sul fondale oceanico, da cui fuoriesce magma proveniente dall'astenosfera), si riscontrano direzioni del campo magnetico divergenti di 180°. Tale fenomeno è una prova utilizzata a favore dell'espansione dei fondi oceanici.
Il campo magnetico ha subito rilevanti migrazioni rispetto alla crosta terrestre, suffragando così l'ipotesi della migrazione dei poli. Così sembrerebbe che il polo nord magnetico si sia spostato verso nord per un lungo periodo di tempo a partire dal Permiano (circa 320 milioni di anni fa), quando si trovava alla latitudine di 5° N. Le interpretazioni paleomagnetiche tratte da rocce coeve in diversi continenti hanno indicato diverse posizioni dei poli, suggerendo la probabilità di una deriva dei continenti da quando le rocce si sono formate.
Informazioni riguardo al magnetismo fossile si ottengono dallo studio di molte rocce ignee (lave basaltiche) e sedimentarie (arenarie rosse), contenenti minerali magnetici che registrano fedelmente la direzione del campo magnetico presente al momento della loro formazione. Quando la temperatura di un magma scende al di sotto di un valore detto punto di Curie (diverso a seconda del minerale), i minerali magnetizzabili (per esempio, la magnetite) cristallizzano, magnetizzandosi secondo la direzione del campo magnetico esistente in quel momento. Ciò può avvenire sia quando un magma solidifica in profondità, dando origine a una roccia intrusiva, sia quando una lava effusa si raffredda sulla superficie terrestre. Nel caso di rocce sedimentarie clastiche, quando avviene la deposizione del materiale detritico sul fondo di un bacino sedimentario (per esempio, un lago), le particelle di minerali magnetizzabili presenti si orientano secondo la direzione del campo magnetico presente in quel momento sulla Terra.
Dagli studi effettuati, si è potuto stabilire che l'inversione dei poli magnetici sia avvenuta circa ogni 500 000-600 000 anni; tuttavia, non sono ancora state chiarite le cause e le modalità del fenomeno. Alcuni scienziati ipotizzano che l'inversione dei poli magnetici abbia una grande importanza per la sopravvivenza di interi gruppi di organismi. Infatti, nei momenti di inversione la schermatura magnetica, che normalmente protegge la Terra da alcune radiazioni solari, è meno efficace e quindi aumentano d'intensità gli effetti nocivi di alcune radiazioni solari su interi gruppi di organismi viventi. Proprio per ciò, molti studiosi collegano le estinzioni di intere famiglie faunistiche, come i dinosauri o le ammoniti, con momenti di inversione del campo magnetico terrestre.