Gabriel Fauré
Gabriel Fauré (Pamiers, Ariège 1845 - Parigi 1924) fu allievo di C. Saint-Saëns presso l'École Niedermeyer di Parigi, maestro di cappella (dal 1877) e organista (dal 1896) della chiesa della Madeleine, professore (dal 1896 al 1905) e direttore (dal 1905) del conservatorio. Fauré, che prese parte attiva ai circoli intellettuali della capitale francese, si dimostrò anche valido critico musicale per "Le Figaro" dal 1903 al 1921. Infine, fu membro di numerose associazioni e, dal 1909, presidente della neonata Société Musicale Indépendante.
L'opera
Figura tra le più rappresentative della vita musicale del suo tempo, ebbe tra gli allievi M. Ravel, N. Boulanger, J. Roger-Ducasse e A. Casella. Nella sua produzione confluirono i momenti più caratteristici della musica francese fra Ottocento e Novecento. Assai sensibile allo spirito di F. Chopin, al classicismo delle forme beethoveniane e al nuovo linguaggio armonico di R. Wagner, Fauré non trascurò il significato delle soluzioni che l'impressionismo andava proponendo, inserendole con eleganza nel proprio mondo espressivo.
Buona parte del catalogo di Fauré è dedicata al pianoforte, strumento fra tutti prediletto: accanto alle Romanze senza parole op. 17 (1863), ai Nocturnes op. 33 (1875-82), alla Pavane op. 50, ai Pièces brèves op. 84 e ai Préludes op. 103 (1909-10), si collocano la Ballade op. 19 (1879) e la Fantaisie op. 111 (1918) con orchestra, poste agli estremi della carriera. Il pianoforte è parte integrante anche del repertorio cameristico, con l'unica eccezione dell'ultimo quartetto per archi. Fra le pagine più significative emergono le sonate per violino op. 13 e op. 108, l'Elegie op. 24 e le 2 sonate op. 109 e op. 117 per violoncello; i 2 quartetti con pianoforte op. 15 e op. 45 e i 2 quintetti con pianoforte op. 89 e op. 115. Né vanno dimenticate le composizioni sinfoniche (le suite Pelléas et Mélisande op. 80, 1898 e Masques et Bergamasques op. 112, 1919), quelle sacre (in particolare il raccolto e malinconico Requiem op. 48, 1887-1900) e quelle teatrali (la tragédie-lyrique, Prométhée, 1899-1900 e l'opéra-lyrique, Pénélope, 1907-13).
Il melodista
Forse il più grande fra i melodisti francesi, Fauré ebbe per la mélodie un'attenzione costante, che sviluppò nei cicli La bonne chanson (1892-94), La chanson d'Ève (1906-10), Le jardin clos (1914), Mirages (1919), L'horizon chimérique (1921). Per i testi Fauré ricorse principalmente a V. Hugo, P. Verlaine, A. Silvestre e C. van Lerberghe, affrontando con frequenza soggetti tipicamente romantici: amore, morte e natura. Se inizialmente, nella prima raccolta, prevale la cantabilità dell'acceso abbandono melico, negli ultimi tre cicli si intrecciano stilemi classici e moduli impressionistici e tipico diviene il lavoro sull'armonia, alterando accordi, risolvendo irregolarmente i rapporti, modulando continuamente, quasi sospendendo il principio del basso armonico e risolvendo talora l'armonia stessa in pura fonicità, svuotata della capacità rappresentativa del testo.