Canetti, il linguaggio tra narrativa e autobiografia
Auto da fé
Tra il 1929 e il 1930 abbozzò il progetto, poi abbandonato, di un ciclo di otto romanzi da intitolarsi “Commedia umana dei folli”. Dalla suggestione di questo progetto nacque Auto da fé (Die Blendung, propriamente L'accecamento), il suo unico romanzo e una delle vette dell'intera letteratura del Novecento, pubblicato con scarsa risonanza nel 1935 (in Italia, nel 1967). Il protagonista è il sinologo Peter Kien, che, incapace di accettare la dialettica, il tempo e il mutamento della vita, tumultuosa e imprevedibile, si erge a puro essere intellettuale e s'irrigidisce in una smania classificatoria e ordinatrice di razionalizzazione linguistica (simbolizzata da una sterminata biblioteca pervasa dall'ossessione della nomenclatura scientifica) che lo porterà all'autodistruzione. Nella personalità maniacale di Kien, Canetti ritrae la parabola, anzi il tracollo di un mondo stravolto: il mondo della razionalità occidentale tesa a reificare e catalogare la vita, l'implosione dell'io umanistico in preda alla schizofrenia e al proprio istinto di morte.