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- Poesie di Trakl
Dalla seconda elegia
Gli Angeli sono tutti tremendi. Eppure, ahimè,
io invoco voi, uccelli d'anima che quasi fate morire,
pur sapendovi. Dove sono i giorni di Tobia,
quando uno dei più radiosi si stette all'umile porta di casa
un po' travestito da viaggio e, così, già non più pauroso,
(giovane al giovane che guardava fuori curioso).
Si movesse ora l'Arcangelo, il pericoloso, si movesse da dietro le stelle
di un passo soltanto, giù verso di noi: con la violenza
del battito, ci ucciderebbe il nostro proprio cuore. Chi siete voi?
[...]
Gli amanti potrebbero, se sapessero come, nell'aria della notte
dire meraviglie. Perché pare che tutto
ci voglia nascondere. Vedi, gli alberi sono, le case
che abitiamo reggono. Noi soli
passiamo via da tutto, aria che si cambia.
E tutto cospira a tacere di noi, un po' come si tace
un'onta, forse, un po' come si tace una speranza ineffabile.
Amanti, a voi, placati l'uno nell'altro,
io domando di noi. Voi vi avvincete. Ne siete sicuri?
Guardate, mi accade che le mani mie s'accorgano
una dell'altra, o che il mio volto
consunto in esse si riposi. È un po' di
sensazione. Ma per questo soltanto chi oserebbe già essere?
[...]
E l'abbraccio, per voi, è una promessa
quasi d'eternità. Eppure, dopo lo sgomento
dei primi sguardi, e lo struggersi alla finestra
e la prima passeggiata fianco a fianco, una volta per il giardino,
amanti, siete amanti ancora? Quando vi sollevate
per porvi alla bocca l'un l'altro -: bevanda a bevanda:
o come stranamente bevendo sfuggite a quel bere.
Non vi stupì sulle attiche stele, la discrezione
del gesto umano? E come posa lieve
sulle spalle Amore e Addio, come se fosse
d'altro che da noi? Rammentate le mani,
come posano senza peso, e sì che nei torsi c'è vigore.
Questi maestri della misura sapevano: noi arriviamo fin qui,
questo è nostro, di toccarci così, più forte
ci gravano gli Dei. Ma è cosa degli Dei.
Lo trovassimo anche noi un umano
puro, contenuto, ristretto, una striscia nostra di terra feconda
tra fiume e roccia. Perché il nostro cuore ci trascende
ancora, come il loro trascendeva loro. Ma non possiamo più
perseguirlo in immagini dov'esso si plachi, né
in corpi divini dove, più grande, si moderi.
R.M. Rilke, Elegie duinesi, traduzione di Enrico e Igea De Portu, Einaudi, Torino 1978.