Introduzione
Durante il lungo regno della regina Vittoria (1837-1901) l'Inghilterra attraversa un periodo di stabilità, floridezza economica, espansione commerciale e coloniale. L'opinione pubblica, compiaciuta e soddisfatta, sembra chiudere gli occhi di fronte alle pur evidenti lacerazioni sociali, culturali e psicologiche. Ne risulta un periodo di faticosi compromessi e precari equilibri fra l'ipocrisia imperante e la realtà dello sfruttamento, fra il moralismo borghese e le tensioni vitali, fra la fede e la scienza (in particolare le teorie evoluzioniste), il liberismo esasperato e le condizioni del proletariato, l'industrialismo trionfante e il rinnovato richiamo della natura. Il compromesso dà una coloritura di inquietudine e un tono di evasione elegiaca alle opere centrali del periodo. Nella narrativa, che per le nuove condizioni del mercato prende il posto e la popolarità del teatro, si impongono il realismo sentimentale di Dickens, quello satirico di Thackeray e la tensione morale di George Eliot. La visione vittoriana si riflette nella saggistica di Macaulay, Carlyle e Arnold e nell'accesa predicazione del valore etico della bellezza di Ruskin. Nella poesia un ruolo di assoluto rilievo è assunto da Tennyson, interprete della sensibilità e della coscienza dell'epoca per il suo gusto elegiaco e per la cautela borghese. Una reazione antivittoriana si manifesta in Swinburne e nei poeti preraffaelliti, che mostrano una sensibilità già a mezza via tra il sensuale e il decadente. Il ritorno al Medioevo, presente in William Morris è una delle caratteristiche di fine secolo, quando decadentismo ed estetismo coesistono con naturalismo e positivismo. Da questo punto di vista la poesia moderna e frastagliata di Robert Browning rappresenta il superamento del vittorianesimo, denunciandone i limiti e la crisi. L'estetismo diviene in seguito esplicito e programmatico, affermandosi compiutamente in O. Wilde. La fine dell'età vittoriana vede una fioritura di grandi originali narratori (T. Hardy, G. Meredith, R.L. Stevenson, R. Kipling), che gettano le basi del romanzo moderno.