Il teatro dell'assurdo
Jean Genet
Jean Genet (1910-1986), parigino, abbandonato dopo la nascita, affidato all'Assistenza pubblica, accusato di furto, venne rinchiuso in riformatorio. Fuggì, si arruolò nella Legione Straniera, disertò e visse di furto e prostituzione nei bassifondi di Marsiglia. Cominciò a scrivere in carcere per gridare il suo rifiuto del mondo. Dapprima alcuni versi, quindi dei racconti di ispirazione autobiografica: Pompes funèbres (Pompe funebri, 1944); Querelle de Brest (1944); Notre-Dame-des-Fleurs (Nostra Signora dei Fiori, 1946); Journal du voleur (Diario del ladro, 1949). Il male vi è celebrato in tutte le sue forme: l'autore vuole essere a tutti i costi il reietto, l'invertito, il traditore. La lingua, carica di immagini barocche, cupa e onirica, costituisce uno degli aspetti più significativi della sua opera. In seguito nel teatro espresse meglio la sua rivolta, la sua rabbia e celebrò i suoi fantasmi. Ispirato da Sade e da Artaud, aspirò a un teatro rituale, cerimonia della trasgressione e della morte; in un'atmosfera visionaria, i personaggi percorrono un itinerario di profanazione e autodistruzione. Fra le opere teatrali: Les bonnes (Le cameriere, 1947), Haute surveillance (Sorveglianza speciale, 1949), Le balcon (Il balcone, 1956), Les nègres (I negri, 1959). Autenticità e finta ingenuità, rivolta e provocazione coesistono in un'opera controversa e ambigua.