L'acqua e i suoli
- L'acqua e i suoli
- L'"oro blu"
- I suoli
- Le risorse biologiche
- Il sistema agroindustriale
- Riepilogando
Le risorse biologiche
Sono risorse biologiche le specie vegetali e animali utili all'uomo. Dal punto di vista della ripartizione delle attività economiche, tali risorse ricadono nel campo d'interesse dei rami tradizionali del settore primario : agricoltura e foreste, allevamento e pesca. Molti prodotti di questi comparti sono alla base della nostra alimentazione, altri sono alla base del nostro abbigliamento o delle nostre abitazioni, altri ancora forniscono la fonte d'energia o la materia prima alle produzioni industriali.
In linea teorica tutte le risorse biologiche dovrebbero essere rinnovabili. Il condizionale è tuttavia d'obbligo. Alla velocità con cui si espandono i consumi globali, soprattutto nei paesi più ricchi, non corrisponde un'altrettanta rapida riproduzione del patrimonio delle risorse biologiche, sollevando l'interrogativo di fino a quando il sistema ambiente riuscirà a sostenere lo sfruttamento intensivo cui esso è sottoposto.Il dubbio è fondato. Almeno per quanto riguarda la produzione alimentare, il 1984 segna un rallentamento nei ritmi di crescita, soprattutto nella pesca, in parte compensato dall'aumento della produzione pro capite di cereali.Non solo. Negli ultimi decenni si rileva una sensibile riduzione nella varietà di specie biologiche utilizzate dall'uomo, fenomeno questo accentuato dall'introduzione di organismi geneticamente modificati (OGM). Aldilà di qualsiasi considerazione in merito, esiste una correlazione evidente tra la perdita di biodiversità e l'industrializzazione del settore primario. L'affermarsi dell' agroindustria e lo sviluppo d'un settore agroalimentare integrato, mentre consentono rese elevate e buoni standard medi di prodotto, stanno determinando un livellamento dei consumi di massa piuttosto spinto nei paesi in via di sviluppo e al tempo stesso consumi di nicchia privilegiati, orientati ai prodotti biologici, in quelli economicamente avanzati.
- Le risorse agricole
Le risorse agricole possono essere classificate secondo diversi criteri.Un primo criterio riguarda le forme di economia agricola. Si distinguono così i prodotti destinati all'autoconsumo, caratteristici dell'agricoltura tradizionale o di sussistenza di molte aree del Terzo Mondo, da quelli di mercato, propri dell'economia commerciale contadina, dell'impresa capitalistica, o dell'agricoltura speculativa di piantagione delle zone tropicali (canna da zucchero, caffè, tè, arachidi, cacao, banane), quest'ultima perlopiù retaggio della dominazione coloniale europea e fondamentalmente orientata all'esportazione. I prodotti dell'agricoltura di mercato danno luogo a importanti flussi del commercio mondiale (tabb. 2.3.2, 2.3.4 e 2.3.5).Un secondo criterio procede dai tipi di coltura. In questo caso si distinguono le colture erbacee (cereali, legumi, tuberi, ortaggi ecc.), da quelle legnose (frutta, agrumi, uva, olive), a quelle foraggiere (prati, pascoli ecc.), o dalle coltivazioni in serra, e così via.Spesso a tali criteri si combinano altri, come la provenienza geografica (prodotti mediterranei, tropicali, da zone temperate ecc.), la specializzazione (da policoltura o da monocoltura), le modalità di coltivazione (intensiva, estensiva) o di trattamento delle colture (con uso di prodotti chimici, o da agricoltura biologica). Un ulteriore criterio di classificazione largamente adottato, e che seguiamo qui, è quello di distinguere i prodotti agricoli secondo il loro uso, se a scopi alimentari o a destinazione industriale.
Per quanto riguarda i prodotti di uso alimentare, va subito rilevato che tra le circa 50 mila specie vegetali commestibili esistenti sulla Terra, soltanto una quindicina sono utilizzate come cibo base dal 90% della popolazione mondiale.
Anche se le specie privilegiate variano secondo le condizioni
climatiche e le tradizioni locali (il miglio e il sorgo, per esempio, sono
ancora alimenti importanti in molte zone dell'Africa subsahariana, così come la
manioca e la batata nelle aree interne dell'America intertropicale), appena tre
di queste, i cosiddetti cereali maggiori
(riso, grano e mais, tab. 2.3.6), dominano la nutrizione mondiale, sfamando
quasi il 70% dell'umanità.
Il riso, alimento base di quasi metà della popolazione mondiale, è
prodotto e consumato quasi totalmente in Asia orientale e meridionale (Cina e
India in testa), regione importatrice a anche di altri cereali.
Il mais, cibo per
eccellenza della dieta messicana e centro-americana, è anche il cereale più
prodotto in termini quantitativi e in gran parte commercializzato, non solo per
l'alimentazione umana, ma anche per quella animale. Quasi metà della produzione
mondiale proviene dall'America (gli Stati Uniti da soli ne forniscono il 40%) e
un quinto dalla Cina.
Secondo al mais in termini quantitativi per produzione, ma primo
cereale per qualità nutrizionali e per commercio internazionale è il
grano. Benché la Cina primeggi come
produttore, i maggiori paesi esportatori sono tutti occidentali: USA, Canada,
Australia, Francia e Argentina.
Il successo di questi tre cereali, oltre ad altri fattori, è in parte dovuto alla "Rivoluzione Verde", promossa negli anni '60 del secolo scorso dalla FAO e intesa a incrementare la produttività agricola del Terzo Mondo, introducendo varietà ibride di cereali ad alto rendimento e tecniche agronomiche avanzate. Il programma, condotto in Asia orientale e meridionale, in Turchia, Tunisia e in Centroamerica, mentre ha effettivamente aumentato le rese, ha anche prodotto un forte impatto ambientale e sociale nelle zone interessate, a causa del massiccio impiego di fertilizzanti chimici e della diminuzione dell'occupazione contadina a vantaggio delle imprese commerciali.Rinviando per una panoramica degli altri prodotti agricoli di uso alimentare alle relative tabelle (tabb. 2.3.7, 2.3.8, 2.3.9), passiamo brevemente in rassegna alcuni prodotti di uso industriale, precisando che la linea di demarcazione tra i due comparti non è poi così netta: lo zucchero, per esempio, oltre che come cibo energetico, è una materia prima dell'industria dolciaria o in quella delle bevande, così come lo sono il cacao o gli agrumi.
I prodotti di uso
industriale qui considerati sono il cotone e
il caucciù (tab. 2.3.10). Il cotone è
l'avanguardia della pattuglia delle piante da fibra (lino, canapa, iuta, agave)
alla base dell'industria tessile e della prima industrializzazione della Gran
Bretagna, che ne estese la coltivazione da un capo all'altro del suo impero
coloniale. La produzione di cotone si concentra per oltre il 60% in Asia, mentre
il primato dell'esportazione va agli Stati Uniti, le cui piantagioni si trovano
nelle pianure meridionali a ovest del Mississippi (la zona agricola nota come
cotton belt).
Anche il caucciù, o
gomma naturale, estratto dall'Hevea brasiliensis, è entrato nel circuito
economico mondiale in epoca coloniale, anche se soltanto nella prima metà
dell'800 in seguito alla messa a punto del procedimento di vulcanizzazione. La
sua importanza come materia prima, legata all'affermarsi dell'industria
automobilistica, è stata ridimensionata nel secondo dopoguerra dall'introduzione
della gomma sintetica. La quasi totalità della produzione e dell'esportazione
mondiale di caucciù proviene dall'Asia, in particolare dall'Asia sudorientale,
dove si trovano le principali piantagioni fornitrici delle multinazionali della
gomma (la giapponese Bridgestone-Firestone, la francese Michelin e l'americana
Goodyear).
- Le risorse forestali
Boschi e foreste coprono circa un quarto della superficie terrestre, rappresentando per molti e diversi aspetti una risorsa vitale per l'intero pianeta: sono una miniera di specie viventi, proteggono i suoli dall'erosione e danno un contributo importante alla circolazione atmosferica e al ricambio delle acque. Tutto ciò non sempre collima con le esigenze dello sfruttamento economico del patrimonio forestale, la cui voce principale è costituita dal legname . (tab. 2.3.11)A livello mondiale, due sono le maggiori aree geografiche fornitrici di legname.
La prima è la regione
equatoriale, regno della foresta pluviale, il cui manto
vegetale arriva a coprire fino ai due terzi della superficie territoriale
complessiva di alcuni paesi (Brasile e Guyane, in Sudamerica; Gabon e Repubblica
Democratica del Congo in Africa centrale; Indonesia e Malaysia nel Sudest
asiatico).
Da questa provengono legni pregiati, come il tek, l'ebano e il mogano, impiegati soprattutto
nella costruzione di imbarcazioni e per infissi o mobili di lusso. Sempre dalla
foresta pluviale si ottengono piante officinali utilizzate dall'industria
farmaceutica.
La seconda importante area da cui si trae legname è la
regione temperata boreale, che forma una
fascia continua dalle foreste di conifere del Canada, dei paesi scandinavi e
della Russia fino alle fitte distese boschive della taiga siberiana, coprendo
circa la metà del territorio di tali Stati.
Dalle conifere (pini e abeti) delle zone temperate, ma anche
dalle foreste di bambù dell'Asia meridionale, si ricavano
legni
teneri, detti anche dolci, che alimentano il
45% del commercio mondiale di legname e sono prevalentemente impiegati, oltre che nell'edilizia e nella fabbricazione di
mobili, per la produzione di
carta e fibre tessili sintetiche
(rayon).Il restante 55% del commercio mondiale di legname è coperto dai
legni duri,
provenienti, oltre che dalle essenze pregiate citate sopra, dagli alberi decidui
dell'area temperata (querce, olmi, aceri), e il cui costo è elevato a causa
della loro rarità e resistenza.
I principali consumatori mondiali di legname sono i
paesi industrializzati, che assorbono la quasi totalità della
produzione commerciale dei paesi del Terzo Mondo, i cui equilibri ambientali
sono peraltro già precari per i forti consumi locali di legna da ardere (si
calcola che quasi la metà del legname consumato al mondo sia utilizzato come
combustibile).Ciò crea un'ulteriore
sperequazione tra paesi industrializzati e paesi in
via di sviluppo. Mentre i primi, infatti, da alcuni decenni amministrano con
oculatezza il loro patrimonio tendendo, per quanto possibile, a reintegrarlo, i
secondi, pressati da urgenze economiche, sfruttano in modo indiscriminato le
proprie risorse senza dar tempo al manto boschivo di ricrescere.
Accade così che in appena vent'anni, per effetto della deforestazione, l'America Latina e i Caraibi hanno perso 7 milioni di ettari di foresta tropicale e altri 8 milioni sono andati persi in Asia sudorientale e in Africa, con i gravissimi pericoli globali per l'ambiente segnalati sopra.
- Allevamento e pesca
Come per le risorse agricole, anche per quelle legate all'allevamento esistono diverse tipologie. Si ripropone così, per esempio, la distinzione tra prodotti dell'allevamento tradizionale, destinati all'autoconsumo, e prodotti di allevamento commerciale, destinati al mercato. Analogamente, per quanto riguarda le modalità organizzative, si ripete la distinzione tra allevamento intensivo , praticato in stalla, tipico dei paesi a elevata densità demografica e con spazi limitati (come in Europa), e allevamento estensivo, proprio di regioni con gradi spazi e ricche di pascoli (Argentina, Brasile, Stati Uniti occidentali, Australia, Nuova Zelanda).Dal punto di vista macroeconomico, tuttavia, l'aspetto saliente dell'allevamento contemporaneo è che questo costituisce spesso un comparto di un processo industriale più vasto che fa della specie allevata solo un momento di una catena complessa e continua che va dalla materia prima, l'animale, a una serie di derivati o sottoprodotti (carne, latte, burro, formaggi, lana, farine animali ecc.). Ciò comporta che l'allevamento si segmenti in diversi di mercati, molto differenziati tra loro, dove quello del prodotto primario, l'animale, non rappresenta necessariamente il più importante. Quello dell'allevamento diretto è, anzi, un mercato fortemente protetto e condizionato da differenti severi regolamenti sanitari sul traffico delle differenti specie animali che ne limitano l'interscambio internazionale.Delle principali specie d'allevamento, dei loro derivati e dei maggiori produttori diamo un quadro schematico alle tabelle 2.3.12 e 2.3.13.
Caratteristiche in parte simili, in parte diverse, presenta il comparto della pesca, soprattutto quello della pesca marittima, che copre il 90% dei consumi ittici mondiali.Dopo il picco di 100 milioni di t del 1989-90, i livelli del pescato mondiale hanno subito un deciso calo nell'ultimo decennio, toccando gli 86 milioni di t nel 1998 (tab. 2.3.14). Il fenomeno non è connesso a una contrazione dei consumi di pesce, che anzi si sono mantenuti elevati e coprono il 16% del fabbisogno di proteine animali nell'alimentazione umana. La riduzione del pescato è da attribuirsi piuttosto all'ipersfruttamento delle zone di pesca, in particolare oceanica, che provoca una riduzione del patrimonio ittico, solo marginalmente compensata dagli allevamenti di acquacoltura.Tra le cause principali dell'esaurirsi delle risorse ittiche vanno senz'altro ascritte le avanzate tecnologie di pesca praticate dalle flotte delle multinazionali del settore (statunitensi e giapponesi, soprattutto), nonché la forte concorrenza tra maggiori paesi marittimi per il controllo delle acque internazionali più ricche di pesce.Sebbene soltanto il 40% del pescato sia commercializzato, questo affluisce quasi interamente nei paesi industrializzati, determinando, insieme con un aumento dei prezzi in seguito alla diminuzione dell'offerta, la sottrazione di importanti risorse alimentari ai paesi in via di sviluppo. Quest'ultimo aspetto comporta, in prospettiva, insieme con la salvaguardia del patrimonio marino previsto dalla citata convenzione del mare di Montego Bay, la necessità di un riequilibrio dei consumi di pesce a vantaggio dei paesi rivieraschi del Terzo Mondo.
milioni di t | percentuale | |
Agrumi | ||
Brasile | 243 | 23,6% |
USA | 163 | 15,9% |
Cina | 111 | 10,8% |
Messico | 55 | 5,3% |
Spagna | 49 | 4,7% |
Iran | 36 | 3,5% |
India | 32 | 3,1% |
Italia | 25 | 2,4% |
Argentina | 24 | 2,3% |
Egitto | 23 | 2,2% |
Altri | 268 | 26,1 |
Totale mondiale | 1.028 | 100,0% |
Olio d'oliva | per 1000 t | |
Spagna | 777 | 33,5% |
Italia | 500 | 21,6% |
Grecia | 427 | 18,4% |
Tunisia | 210 | 9,1% |
Siria | 121 | 5,2% |
Marocco | 66 | 2,8% |
Turchia | 56 | 2,4% |
Algeria | 47 | 2,0% |
Portogallo | 43 | 1,9% |
Giordania | 18 | 0,8% |
Altri | 51 | 2,2% |
Totale mondiale | 2.316 | 100,0% |
Vino | per 1000 hl | |
Italia | 57.140 | 22,1% |
Francia | 51.630 | 20,0% |
Spagna | 29.600 | 11,5% |
USA | 20.000 | 7,7% |
Argentina | 11.550 | 4,5% |
Germania | 10.830 | 4,2% |
Sudafrica | 8.160 | 3,2% |
Australia | 7.420 | 2,9% |
Romania | 6.690 | 2,6% |
Cile | 4.440 | 1,7% |
Altri | 50.860 | 19,7% |
Totale mondiale | 258.320 | 100,0% |
1000 q | percentuale | |
Cotone (fibra) | ||
Cina | 40.000 | 21,9% |
USA | 30.040 | 16,4% |
India | 27.200 | 14,9% |
Pakistan | 15.620 | 8,6% |
Uzbekistan | 9.600 | 5,3% |
Turchia | 8.020 | 4,4% |
Australia | 6.660 | 3,6% |
Brasile | 4.190 | 2,3% |
Grecia | 3.800 | 2,1% |
Siria | 3.670 | 2,0% |
Altri | 33.840 | 18,5% |
Totale mondiale | 182.640 | 100,0% |
Caucci� | per 1000 t | |
Thailandia | 2.162 | 31,8% |
Indonesia | 1.564 | 23,0% |
Malaysia | 1.082 | 15,9% |
India | 542 | 8,0% |
Cina | 450 | 6,6% |
Filippine | 211 | 3,1% |
Viet Nam | 200 | 2,9% |
Costa d'Avorio | 116 | 1,7% |
Sri Lanka | 96 | 1,4% |
Nigeria | 90 | 1,3% |
Altri | 287 | 4,2% |
Totale mondiale | 6.800 | 100,0% |
1000 m3 | percentuale | |
Legname | ||
USA | 0.692 | 14,5 |
Cina | 313.223 | 9,3 |
India | 306.455 | 9,1 |
Brasile | 220.313 | 6,5 |
Indonesia | 202.989 | 6,0 |
Canada | 191.178 | 5,7 |
Nigeria | 117.387 | 3,5 |
Russia | 83.968 | 2,5 |
Svezia | 60.224 | 1,8 |
Etiopia | 52.310 | 1,5 |
Altri | 1.338.499 | 39,6 |
Totale mondiale | 3.377.238 | 100,0 |
33% in 3 paesi | ||
Carta | ||
USA | 86.274 | 29,0 |
Cina | 31.863 | 10,7 |
Giappone | 31.016 | 10,4 |
Canada | 18.969 | 6,4 |
Germania | 15.953 | 5,4 |
Finlandia | 12.148 | 4,1 |
Svezia | 9.779 | 3,3 |
Francia | 8.556 | 2,9 |
Corea del Sud | 8.363 | 2,8 |
Italia | 7.533 | 2,5 |
Altri | 67.446 | 22,6 |
Totale mondiale | 297.900 | 100,0 |
50% in 3 paesi |
1000 capi | percentuale | |
Bovini | ||
India | 209.084 | 15,7 |
Brasile | 163.000 | 12,2 |
Cina | 116.460 | 8,7 |
USA | 101.460 | 7,6 |
Argentina | 51.696 | 3,9 |
Russia | 35.800 | 2,7 |
Etiopia | 29.900 | 2,2 |
Messico | 26.900 | 2,0 |
Australia | 26.354 | 2,0 |
Colombia | 26.346 | 2,0 |
Altri | 546.610 | 41,0 |
Totale mondiale | 1.333.620 | 100,0 |
Ovini | ||
Cina | 132.691 | 12,5 |
Australia | 123.333 | 11,6 |
India | 56.472 | 5,3 |
Iran | 50.000 | 4,7 |
Nuova Zelanda | 47.394 | 4,5 |
Regno Unito | 42.559 | 4,0 |
Turchia | 33.072 | 3,1 |
Pakistan | 31.000 | 2,9 |
Sudafrica | 29.187 | 2,7 |
Sudan | 23.400 | 2,2 |
Altri | 495.062 | 46,5 |
Totale mondiale | 1.064.170 | 100,0 |
Suini | ||
Cina | 485.698 | 50,9 |
USA | 60.915 | 6,4 |
Brasile | 31.427 | 3,3 |
Germania | 24.795 | 2,6 |
Spagna | 19.346 | 2,0 |
Polonia | 19.168 | 2,0 |
Viet Nam | 18.132 | 1,9 |
Russia | 17.305 | 1,8 |
India | 16.005 | 1,7 |
Messico | 15.500 | 1,6 |
Altri | 245.323 | 25,7 |
Totale mondiale | 953.614 | 100,0 |
Tabella 2.3.13 I principali produttori mondiali di latte vaccino, burro e lana, 1998 | ||
1000 t | percentuale | |
Latte vaccino | ||
USA | 71.375 | 15,3 |
Russia | 32.000 | 6,9 |
India | 29.576 | 6,3 |
Germania | 28.500 | 6,1 |
Francia | 24.500 | 5,3 |
Brasile | 21.630 | 4,6 |
Regno Unito | 13.932 | 3,0 |
Ucraina | 12.500 | 2,7 |
Polonia | 11.800 | 2,5 |
Nuova Zelanda | 11.288 | 2,4 |
Altri | 209.246 | 44,9 |
Totale mondiale | 466.347 | 100,0 |
Burro | ||
India | 1.470 | 21,9 |
USA | 500 | 7,5 |
Francia | 465 | 6,9 |
Pakistan | 439 | 6,6 |
Germania | 426 | 6,4 |
Nuova Zelanda | 383 | 5,7 |
Russia | 265 | 4,0 |
Polonia | 185 | 2,8 |
Australia | 161 | 2,4 |
Ucraina | 155 | 2,3 |
Altri | 2.253 | 33,6 |
Totale mondiale | 6.702 | 100,0 |
Lana lavata | ||
Australia | 473 | 32,6 |
Nuova Zelanda | 203 | 14,0 |
Cina | 146 | 10,1 |
Regno Unito | 46 | 3,2 |
Uruguay | 46 | 3,2 |
Russia | 42 | 2,9 |
Argentina | 35 | 2,4 |
Pakistan | 34 | 2,3 |
Sudafrica | 33 | 2,3 |
India | 30 | 2,1 |
Altri | 363 | 25,0 |
Totale mondiale | 1.451 | 100,0 |
milioni di t | percentuale | |
Cina | 17.230 | 20,0 |
Giappone | 5.259 | 6,1 |
USA | 4.709 | 5,5 |
Russia | 4.455 | 5,2 |
Per� | 4.338 | 5,0 |
Indonesia | 3.699 | 4,3 |
Cile | 3.265 | 3,8 |
India | 3.215 | 3,7 |
Thailandia | 2.900 | 3,4 |
Norvegia | 2.850 | 3,3 |
Corea del Sud | 2.027 | 2,3 |
Filippine | 1.828 | 2,1 |
Islanda | 1.682 | 1,9 |
Danimarca | 1.557 | 1,8 |
Messico | 1.181 | 1,4 |
Malaysia | 1.154 | 1,3 |
Vietnam | 1.131 | 1,3 |
Argentina | 1.129 | 1,3 |
Spagna | 1.107 | 1,3 |
Taiwan | 1.076 | 1,2 |
Canada | 995 | 1,2 |
Regno Unito | 920 | 1,1 |
Altri | 18.592 | 21,5 |
Totale mondiale | 86.299 | 100,0 |
valore (miliardi $ USA) | variazione annua in % | |
544 | ||
1980-85 | -2% | |
1985-90 | 9% | |
1990-99 | 5% | |
1997 | -1% | |
1998 | -5% | |
1999 | -3% | |
Quota nell'export mondiale di merci | 9,9% | |
Quota nell'export mondiale di prodotti del settore primario | 49,4% |
valore (miliardi $ USA) | variazione annua in % | |||
1999 | 1990-99 | 1998 | 1999 | |
Intra-Europa occidentale | 179,7 | 2 | 3 | -3 |
Intra-Asia | 60,1 | 4 | -16 | 1 |
Nordamerica verso l'Asia | 32,6 | 0 | -20 | 2 |
America Latina verso il Nordamerica | 18,6 | 7 | 1 | 7 |
America Latina verso l'Europa occidentale | 17,7 | 3 | -8 | -10 |
export | import | |
Quota dei prodotti agricoli sul totale delle merci | ||
Mondo | 9,9 | 9,9 |
Nordamerica | 10,6 | 6,4 |
America Latina | 20,2 | 9,6 |
Europa occidentale | 10,0 | 10,8 |
Europa centrorientale, Stati baltici, CSI | 10,1 | 12,4 |
Africa | 19,8 | 16,6 |
Medio Oriente | 3,7 | 13,9 |
Asia | 7,1 | 10,6 |
Quota dei prodotti agricoli sui prodotti del settore primario | ||
Mondo | 49,4 | 49,4 |
Nordamerica | 65,1 | 42,3 |
America Latina | 51,8 | 51,5 |
Europa occidentale | 64,6 | 55,9 |
Europa centrorientale, Stati baltici, CSI | 26,5 | 51,1 |
Africa | 29,5 | 62,2 |
Medio Oriente | 5,0 | 67,8 |
Asia | 53,1 | 42,3 |
valore % | import/esport mondiale | |
Esportatori | ||
Usa | 65,94 | 12,1 |
Francia | 39,37 | 7,2 |
Paesi Bassi | 33,80 | 6,2 |
Canada | 32,60 | 6,0 |
Germania | 27,85 | 5,1 |
Belgio | 19,97 | 3,7 |
Regno Unito | 17,69 | 3,3 |
Spagna | 17,08 | 3,1 |
Italia | 16,62 | 3,1 |
Brasile | 15,98 | 2,9 |
Australia | 15,29 | 2,8 |
Cina | 14,21 | 2,6 |
Argentina | 11,92 | 2,2 |
Danimarca | 11,83 | 2,2 |
Thailandia | 11,75 | 2,2 |
Totale dei 15 paesi | 351,89 | 64,7 |
Importatori | ||
USA | 66,14 | 11,3 |
Giappone | 59,74 | 10,2 |
Germania | 44,34 | 7,6 |
Regno Unito | 34,43 | 5,9 |
Francia | 31,62 | 5,4 |
Italia | 29,53 | 5,0 |
Paesi Bassi | 21,20 | 3,6 |
Belgio | 19,00 | 3,2 |
Spagna | 17,81 | 3,0 |
Canada | 14,28 | 2,4 |
Corea del Sud | 11,08 | 1,9 |
Russia | 9,88 | 1,7 |
Messico | 9,65 | 1,6 |
Cina | 13,85 | 2,4 |
Hong Kong, Cina | 11,32 | |
saldo import | 6,21 | 1,1 |
Totale dei 15 paesi | 388,76 | 66,2 |
milioni di t | percentuale | |
Grano | ||
Cina | 1.100 | 18,7% |
USA | 694 | 11,8% |
India | 660 | 11,2% |
Francia | 399 | 6,8% |
Russia | 269 | 4,6% |
Canada | 244 | 4,1% |
Australia | 219 | 3,7% |
Turchia | 210 | 3,6% |
Germania | 202 | 3,4% |
Pakistan | 187 | 3,2% |
Altri | 1.705 | 29,0% |
Totale mondiale | 5.888 | 100,0% |
Riso | ||
Cina | 1.930 | 34,3% |
India | 1.222 | 21,7% |
Indonesia | 485 | 8,6% |
Viet Nam | 291 | 5,2% |
Bangladesh | 283 | 5,0% |
Thailandia | 232 | 4,1% |
Myanmar (Birmania) | 167 | 3,0% |
Giappone | 112 | 2,0% |
Filippine | 86 | 1,5% |
USA | 85 | 1,5% |
Altri | 739 | 13,1% |
Totale mondiale | 5.632 | 100,0% |
Mais | ||
USA | 479 | 41,0% |
Cina | 1.254 | 20,8% |
Brasile | 293 | 4,9% |
Viet Nam | 291 | 4,8% |
Argentina | 191 | 3,2% |
Messico | 184 | 3,0% |
Francia | 144 | 2,4% |
Indonesia | 101 | 1,7% |
Italia | 91 | 1,5% |
Canada | 89 | 1,5% |
Altri | 922 | 15,3% |
Totale mondiale | 6.040 | 100,0% |
milioni di t | percentuale | |
Soia | ||
USA | 750 | 47,4 |
Brasile | 314 | 19,8% |
Argentina | 187 | 11,8% |
Cina | 138 | 8,7% |
India | 61 | 3,9% |
Paraguay | 29 | 1,8% |
Canada | 27 | 1,7% |
Indonesia | 13 | 0,8% |
Italia | 13 | 0,8% |
Bolivia | 11 | 0,7% |
Altri | 41 | 2,6% |
Totale mondiale | 1.583 | 100,0% |
Zucchero | per 1000 t | |
Brasile | 16.275 | 13,1% |
India | 14.232 | 11,5% |
Cina | 8.297 | 6,7% |
USA | 7.372 | 6,0% |
Australia | 5.778 | 4,7% |
Messico | 5.174 | 4,2% |
Francia | 4.712 | 3,8% |
Thailandia | 4.314 | 3,5% |
Germania | 4.054 | 3,3% |
Pakistan | 3.817 | 3,1% |
Cuba | 3.500 | 2,8% |
Altri | 49.339 | 39,8% |
Totale mondiale | 123.864 | 100,0% |
1000 q | percentuale | |
Cacao | ||
Costa d'Avorio | 11.200 | 38,8% |
Ghana | 3.800 | 13,2% |
Indonesia | 3.700 | 12,8% |
Brasile | 2.820 | 9,8% |
Nigeria | 1.450 | 5,0% |
Camerun | 1.300 | 4,5% |
Malaysia | 1.180 | 4,1% |
Dominicana, Rep. | 590 | 2,0% |
Colombia | 450 | 1,6% |
Messico | 390 | 1,4% |
Altri | 1.970 | 6,8% |
Totale mondiale | 28.850 | 100,0% |
Caff� | ||
Brasile | 16.900 | 26,2% |
Colombia | 7.320 | 11,3% |
Indonesia | 4.550 | 7,0% |
Viet Nam | 3.920 | 6,1% |
Costa d'Avorio | 3.320 | 5,1% |
Messico | 2.880 | 4,5% |
India | 2.280 | 3,5% |
Etiopia | 2.040 | 3,2% |
Guatemala | 1.830 | 2,8% |
Uganda | 1.800 | 2,8% |
Altri | 17.730 | 27,5% |
Totale mondiale | 64.570 | 100,0% |
T� | ||
India | 8.700 | 29,4% |
Cina | 6.480 | 21,9% |
Kenya | 2.940 | 9,9% |
Sri Lanka | 2.800 | 9,4% |
Indonesia | 1.520 | 5,1% |
Turchia | 1.200 | 4,0% |
Giappone | 910 | 3,1% |
Iran | 690 | 2,3% |
Myanmar (Birmania) | 670 | 2,3% |
Bangladesh | 510 | 1,7% |
Altri | 3.210 | 10,8% |
Totale mondiale | 29.630 | 100,0% |
Banane | per 1000 t | |
India | 102 | 17,4% |
Ecuador | 75 | 12,8% |
Brasile | 56 | 9,5% |
Filippine | 36 | 6,1% |
Cina | 32 | 5,5% |
Indonesia | 30 | 5,1% |
Colombia | 22 | 3,8% |
Costa Rica | 22 | 3,8% |
Messico | 20 | 3,5% |
Thailandia | 17 | 2,9% |
Altri | 174 | 29,7% |