Il metodo sperimentale
- Introduzione
- Il metodo sperimentale
- Grandezze fisiche e unità di misura
- Errori nelle misure
- Approfondimenti
Il metodo sperimentale
La nascita della scienza fisica, come viene intesa attualmente, viene collocata nel '600. Prima di allora molti studiosi si erano cimentati con lo studio della natura e delle sue forme, e in alcuni campi furono raggiunti anche buoni livelli di conoscenza (per esempio, assiri, sumeri ed egizi dal II millennio a.C. studiavano i pianeti e le costellazioni e avevano elaborato dei calendari lunari e solari). Lo studio della scienza, tuttavia, era sempre stato proprio dell'indagine filosofica, che studiava i fenomeni naturali attraverso ragionamenti logici, ma senza ricorrere a verifiche sperimentali. Già nel V sec. a.C. il filosofo greco Democrito (circa 460-370 a.C.) ipotizzò che la materia fosse costituita da particelle indivisibili, che chiamò atomi. Poco più tardi Aristotele (384-322 a.C.) organizzò il sapere scientifico sotto forma di proposizioni e di connessioni logiche e concepì la fisica come un complesso di scienze (includenti astronomia, medicina, botanica e zoologia) che si occupava dello studio dei fenomeni naturali. L'indagine filosofica della natura si proponeva solo di trovare i perché dei fenomeni, ma non di stabilire come tali fenomeni si verificassero. Le teorie aristoteliche in campo scientifico furono fatte proprie dalla Chiesa cattolica e divennero un dogma. Nel '600 lo scienziato pisano Galileo Galilei (1564-1642), che pose le basi della meccanica classica, ne mise in dubbio alcuni principi fondamentali (sostenne, per esempio, la teoria secondo cui la Terra ruota intorno al Sole e non viceversa e per questo fu perseguitato e condannato dalla Chiesa). Galileo è noto soprattutto perché delineò un nuovo modo di procedere nell'indagine scientifica, noto ora come metodo sperimentale. Galileo non scrisse mai un trattato sul metodo, e non chiarì mai quali fossero esattamente i legami tra quelle che lui chiamava le "sensate esperienze" (gli esperimenti) e le "matematiche dimostrazioni" (le leggi che regolano i fenomeni, scritte in forma matematica), ma le procedure che egli seguì nell'indagine della natura sono state ricavate indirettamente dai suoi scritti e costituiscono a tutt'oggi la base di ogni seria metodologia scientifica.
Le fasi del metodo sperimentale
Le fasi attraverso cui si articola il metodo sperimentale (o metodo scientifico), che segna il passaggio tra la scienza moderna e la scienza dell'antichità classica, possono essere essenzialmente ricondotte alle tre seguenti: osservazione dei fenomeni, formulazione della teoria e verifica sperimentale.
L'osservazione è il primo livello di conoscenza dei fenomeni. La raccolta dei dati osservati deve avvenire utilizzando grandezze misurabili, poiché solo attraverso la misura è possibile far corrispondere a ogni fenomeno un numero. Occorre dunque procedere alla misura dei fenomeni e in questo risiede la prima innovazione rispetto alla scienza classica, dove l'osservazione dei fenomeni era prevalentemente qualitativa. L'osservazione deve invece fornire un punto di vista quantitativo del fenomeno che si osserva, quindi deve prendere in considerazione grandezze rigorosamente misurabili, isolando il fenomeno da influenze esterne che potrebbero modificare le misure.
La seconda fase riguarda la formulazione della teoria, che lega le grandezze osservate attraverso relazioni matematiche (leggi). La teoria non deriva direttamente dalle osservazioni, ma viene elaborata per spiegarle e deve essere in seguito verificata attraverso l'esperimento. Una teoria scientifica è costituita da un insieme di ipotesi in grado di interpretare un gran numero di dati sperimentali. La teoria ha il compito di elaborare in forma sistematica i principi generali dai quali dedurre le leggi che governano la materia, scritte in forma matematica. Una teoria non può essere interamente spiegata attraverso un esperimento, ma lo deve essere almeno in parte, o meglio lo devono essere le sue conseguenze. La verifica di una sua parte vale a sostegno dell'intera teoria, se esiste un impianto logico-matematico congruo che lega le sue varie parti. Una teoria, inoltre, deve essere in grado di prevedere i risultati di esperimenti ancora da eseguire.
Il procedimento logico che porta dall'ipotesi alle conclusioni viene detto metodo deduttivo.
La verifica sperimentale rappresenta la terza e ultima fase del metodo. In questa fase, attraverso l'uso di esperienze controllate in laboratorio, lo scienziato deve verificare le ipotesi di cui è composta la teoria. Se l'esperimento, ripetuto più volte, conferma la validità dell'ipotesi, questa è considerata vera. Difficile invece stabilire dove sia avvenuto l'errore se l'ipotesi risulta falsa, perché le possibili fonti di errore in un esperimento sono molteplici.
Una possibilità tuttavia riguarda il fatto che l'ipotesi sia errata, e quindi da abbandonare. Questo punto è molto importante nella scienza moderna, poiché stabilisce che nessuna teoria rappresenta una verità assoluta, ma ciascuna deve venire verificata e, se risulta sbagliata, deve essere sostituita con una nuova teoria, che si adatti meglio della vecchia ai risultati sperimentali o che spieghi un numero maggiore di casi. In certe circostanze nella fisica moderna la vecchia teoria, pur non spiegando più evidenze sperimentali, non è stata abbandonata, ma è rimasta valida in relazione al suo livello di approfondimento, mentre viene sostituita da una teoria nuova, più completa, per un livello di approfondimento superiore (è il caso della meccanica quantistica, che sostituisce la meccanica classica nel caso dell'interazione di particelle elementari, o della relatività einsteiniana, che sostituisce la relatività galileiana nel caso in cui siano in gioco velocità prossime a quella della luce).
L'uso dei modelli in fisica
Poiché spesso i fenomeni fisici sono estremamente complessi, e la loro riproduzione in laboratorio sarebbe impossibile in condizioni controllate, si ricorre spesso all'uso dei modelli. Un modello è una semplificazione della realtà fisica, il cui scopo è fornire un'analogia, o un'immagine del fenomeno da osservare, che ne riproduca il comportamento e che sia riproducibile in laboratorio. Spesso un modello fornisce solo una somiglianza strutturale con il comportamento del fenomeno in natura, ma risulta molto utile per comprenderne i meccanismi. Si può dire che le onde luminose si comportano come fasci rettilinei, e attraverso questa semplificazione spiegare alcuni dei comportamenti della radiazione luminosa, ma per spiegarla interamente è necessaria una teoria più completa. L'atomo viene a volte rappresentato come un piccolo sistema planetario, con gli elettroni che ruotano attorno al nucleo come i pianeti attorno al Sole, ma utilizzando questo semplice modello non si spiega la maggior parte dei suoi comportamenti.