Blaise Pascal
Blaise Pascal (Clermont-Ferrand 1623 - Parigi 1662) abbina a studi matematici e fisici la ricerca in campo filosofico e teologico. A diciassette anni pubblica il Saggio sulle coniche e a diciannove realizza la prima macchina calcolatrice della storia (la Pascalina). Spirito profondamente religioso, entra in contatto con i giansenisti di Port-Royal, di cui condivide la tesi che solo la grazia può riportare l'uomo dalla concupiscenza, dall'amor sui (amore di sé), frutti del peccato originale, all'amore del Dio salvifico e alla volontà del bene (Scritti sulla grazia, 1658). Il momento di maggior collaborazione con i giansenisti si ha quando Pascal ingaggia la sua battaglia contro la morale dei gesuiti, giudicati pericolosamente "lassisti" nelle Lettere provinciali (1657).
Nei confronti delle prospettive razionalistiche o "libertine", Pascal si impegna a provare la verità del cristianesimo mostrando la debolezza della ragione umana se abbandonata a se stessa. In particolare, allo spirito geometrico (esprit de géométrie), lo spirito deduttivo e analitico della scienza cartesiana, contrappone lo spirito di finezza (esprit de finesse), intuitivo e sintetico, intreccio di ragione e sentimento, in grado di cogliere la complessità dei comportamenti umani. Pascal svolge la sua apologetica del cristianesimo in una serie di frammenti raccolti nei Pensieri (composti nel 1657-60), in cui descrive l'uomo nella sua realtà esistenziale concreta, rinunciando alla pretesa di una filosofia sistematica su esso. L'intento di Pascal non è fornire prove razionali dell'esistenza di Dio, ma presentare il cristianesimo come l'unica risposta coerente all'enigma dell'uomo, facendo appello non alla ragione ma al cuore, quale facoltà dell'infinito. Infatti miseria e grandezza sono le caratteristiche essenziali ed essenzialmente irriducibili dell'uomo, che è continuamente conteso fra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, stretto in una duplicità enigmatica e tragica. Così carico di limitazioni, di difetti, di frustrazioni, l'uomo cerca una via di uscita nel divertissement (divertimento), nella distrazione e nella ricerca di piaceri, in cui però sprofonda in una miseria ancora maggiore perché inconsapevole. Tuttavia l'uomo neppure si sentirebbe misero, se insieme con la miseria non avvertisse in sé i segni della grandezza, che risiedono nel suo pensiero, aperto all'infinito, e nell'aspirazione a una vita infinita, a una infinita felicità, quale si ha in una vita più che umana (in una vita divina). La vera concezione dell'uomo e dell'universo (la vera religione) dovrà tener conto di tale duplicità e spiegarla con una caduta, di cui dovrà dare anche positiva notizia se si tratta di religione. Tale religione dovrà spiegare il paradosso dell'uomo, e indicare anche la via per uscire da esso. Solo il cristianesimo dà tali risposte, la cui garanzia di verità è costituita dai miracoli, dalle profezie, dall'autorità delle Scritture, prove storiche che convincono più il cuore che la ragione. Pascal arriva a proporre una scommessa per il Dio dei cristiani a quanti restino, nonostante le molte ragioni apologetiche ascoltate, ancora dubbiosi: se non ci si sente persuasi né dell'esistenza, né della non esistenza di Dio, non è irrazionale "decidere" di vivere come se il Dio dei cristiani ci fosse (scommettendo sulla sua esistenza) in virtù della promessa divina del paradiso, cioè di una vita infinitamente beata per un infinito tempo, per chi avrà scelto la vita cristiana.