Nicolai Hartmann
Il filosofo tedesco Nicolai Hartmann (Riga 1882 - Gottinga 1950), di formazione fenomenologica, rilancia la necessità di un'ontologia. Nei Fondamenti di una metafisica della conoscenza (1921) sostiene che la filosofia non può prescindere da "una descrizione fedele dei fenomeni", deve svelare le contraddizioni interne del reale (funzione chiamata "aporetica": da aporia, che in filosofia designa una scelta tra due argomenti parimenti possibili) e risolvere queste aporie (funzione chiamata "teoria"). Pertanto in filosofia la gnoseologia (l'indagine sulla conoscenza) svolge un compito determinante: la conoscenza si configura come "relazione trascendente" tra soggetto e oggetto, per cui l'oggetto esiste indipendentemente dal soggetto e non è mai del tutto conoscibile.
L'ontologia critica
Da una tale forma di conoscenza Hartmann nelle opere successive (La fondazione dell'ontologia, 1935; Il problema dell'essere spirituale, 1933; Possibilità e attualità, 1938) fa derivare la sua "ontologia critica", in cui la sfera del pensiero va distinta da quella dell'essere reale e dell'essere ideale. La realtà o il mondo (La costruzione del mondo reale, 1940) risulta stratificata in una serie di piani (fisico, organico, psichico, spirituale) tra loro autonomi e dotati di categorie e principi specifici. In definitiva l'ontologia deve giustificare l'oggettività degli enti esterni alla coscienza, cogliendo il loro fondamento nell'essere, descrivendolo nelle sue diverse sfere. Sempre a proposito dell'ontologia, Hartmann stabilisce (Possibilità e realtà, 1938) che la realtà è possibile e necessaria nella misura in cui è "effettuale": il modo fondamentale dell'essere è l'effettualità, ossia una assoluta e necessaria capacità di determinare il reale.
L'etica
La stessa posizione è rinvenibile anche in ambito morale. Poiché la realtà è necessaria per il fatto stesso di darsi in un modo determinato, la libertà di scelta risulta impossibile. Il mondo dei valori è dunque un insieme di entità ontologiche ideali e indipendenti dal soggetto, che ne diventa consapevole attraverso un sentimento immediato. Nella sua Etica (1926) afferma la necessità di fondare l'etica sullo spirito oggettivo (il diritto, la moralità, l'eticità) operante nella storia, di derivazione hegeliana.