Il neocontrattualismo di Rawls
Il filosofo statunitense John Rawls (Baltimora 1921-Lexington 2002) è l'iniziatore del neocontrattualismo (La teoria della giustizia, 1971), che rielabora l'idea di contratto sociale, intendendolo non solo come strumento di legittimazione dello Stato, ma anche di giustificazione dei principi di giustizia.
Rawls elabora una teoria della giustizia come equità, che ha il compito di identificare una concezione accettabile della giustizia chiedendosi su quali principi i membri della società potrebbero ragionevolmente accordarsi per regolare la "struttura di base", cioè le istituzioni politiche, economiche e sociali della società. Il procedimento attraverso cui la teoria è costruita è quello dell'"equilibrio riflessivo": individuate le convinzioni più radicate nella comunità su ciò che è giusto, si tratta di mettere in accordo con queste i principi politici di fondo, in modo da poterne poi derivare giudizi su casi meno elementari. La giustizia come equità vuole essere un criterio di giustizia non sostanziale ma procedurale. È costruita attraverso una finzione: la "tavola delle trattative" fra parti contraenti, per stabilire principi di giustizia adeguati a regolare la convivenza presente e futura. Le parti contraenti sarebbero egoisti razionali e non invidiosi, e Rawls accentua la caratteristica di "persone morali", più che di calcolatori razionali, che connota le parti contraenti. Si suppone che siano protetti dal "velo dell'ignoranza", che impedisce loro di prevedere la ripartizione dei ruoli sociali e anche quale concezione del "bene" sarà prevalente. Devono perciò accordarsi solo su una concezione del "giusto" che permetta la convivenza di diverse nozioni di bene e di diversi progetti di vita. Le regole sulle quali i contraenti devono accordarsi sarebbero: 1. l'uguale (e non scambiabile) ammontare di libertà; 2. una distribuzione degli altri beni diversa da una del tutto ugualitaria soltanto a patto che la posizione che assicura una maggiore dotazione sia accessibile a ognuno per merito e che i risultati della distribuzione conducano a una migliore condizione del più svantaggiato (non a una migliore condizione media).
Il compito dell'etica secondo il "costruttivismo" professato da Rawls è rendere esplicite concezioni che già condividiamo, cioè costruire una articolata concezione dei principi fondamentali ai quali ispirare i nostri giudizi, non scoprire verità trascendenti su un ordine morale indipendente.
Dopo un processo di revisione durato vent'anni nel saggio Liberalismo politico (1993) Rawls riformula la sua concezione della giustizia come liberalismo "politico", che trae la sua giustificazione dal "consenso per intersezione" fra diverse concezioni morali complessive, che hanno in comune una concezione della giustizia comprendente tolleranza, pluralismo, uguale rispetto. A favore di questa concezione gioca l'argomento della "stabilità", cioè la sua capacità di generare condizioni che garantiscono che si continui a condividerla.