La bellezza
La riflessione sulla bellezza ha assunto, nel corso dei secoli, molteplici valenze e significati e soltanto a partire dal sec. XVIII è stata sistematicamente collegata con l'estetica.
Già nell'antica Grecia viene elaborata una dottrina della bellezza, tuttavia non connessa organicamente all'esperienza artistica, ma a una concezione oggettivistica, che la fa dipendere da criteri esterni (bene, armonia ecc.). I pitagorici, per esempio, identificano il bello con la simmetria e la proporzione. Platone lo inserisce in un contesto metafisico: nel Fedro e nel Simposio, la bellezza è collegata all'eros, in grado di portare l'uomo all'idea di bene e di manifestare sensibilmente l'assoluto. Plotino ne dà una visione ancor più intellettualistica e teologica: la bellezza è l'unica idea "visibile", capace di guidare l'anima nel suo "metafisico cammino di ritorno" all'Uno, "fonte di ogni bellezza".
Il Medioevo ha una concezione del bello ancora più unilateralmente oggettivistica: la bellezza è opera di Dio ed è uno dei caratteri generalissimi degli enti in quanto enti. L'idea di armonia è un punto nodale del pensiero rinascimentale sul bello, che viene ancora identificato in una caratteristica obiettiva, ottenibile artisticamente e conoscibile criticamente. Proprio la ribellione contro le regole formali in nome della percezione del soggetto porta, nel sec. XVIII, alla fondazione dell'estetica come disciplina autonoma e alla connessione sistematica di bellezza e arte. Il bello viene identificato dapprima con la perfezione sensibile della rappresentazione artistica (A.G. Baumgarten) e successivamente con il piacere da essa suscitato (E. Burke). I. Kant unifica nella Critica del giudizio queste concezioni, legando la bellezza al piacere estetico e inserendola in un ambito autonomo e distinto dai valori morali e conoscitivi, la facoltà del sentimento. L'estetica romantica identifica definitivamente l'arte con il bello, interpretandolo come manifestazione di verità. Dopo Hegel si giunge a un rovesciamento fondamentale: l'estetica da "scienza del bello" diventa prevalentemente "scienza dell'arte", nella quale il bello non occupa più un posto centrale, sopraffatto dalla storia dell'arte e dallo studio storico, antropologico, empirico delle forme e delle produzioni artistiche. Nell'estetica contemporanea è stata rimarcata la distinzione fra la bellezza come sinonimo di valore estetico in generale (che segnala l'eccellenza di un oggetto in riferimento a molteplici e rilevanti criteri di valore) e la bellezza come un valore fra altri (che indica un alto ma relativo grado di valore, distinto da altre forme).