Il debito pensionistico
Il valore attuale delle prestazioni previdenziali presenti e future attese dai lavoratori e dai pensionati calcolate sulla base della normativa previdenziale vigente costituisce il debito pensionistico.
Il debito pensionistico è la maggiore tra le passività condizionali dello Stato (i pagamenti che lo Stato, a fronte di un'entrata che assume il carattere di premio assicurativo, si impegna a effettuare in corrispondenza del verificarsi di un dato evento). All'atto di nascita di un sistema pensionistico a ripartizione i contributi previdenziali delle generazioni attive sono utilizzati per finanziare le pensioni delle generazioni in quel periodo a riposo. Contestualmente lo Stato si impegna a corrispondere alle generazioni attive un trattamento pensionistico, una volta che queste abbiano raggiunto l'età pensionabile. In un ottica intertemporale quindi i contributi previdenziali delle prime generazioni attive equivalgono a una obbligazione futura che lo Stato sottoscrive per finanziare una spesa corrente. Questa particolare forma di passività dello Stato giunge a scadenza quando coloro che l'hanno sottoscritta raggiungono l'età pensionabile. In ogni periodo quindi solo una parte dello stock di debito pensionistico giunge a scadenza. Il rinnovo della quota di debito in scadenza può avvenire secondo due modalità: a) con contributi previdenziali delle nuove generazioni attive; b) tramite fiscalità generale.
A differenza del debito pubblico, quello pensionistico non è negoziabile (non si possono acquistare e/o vendere i futuri diritti alla pensione); il suo rinnovo è obbligatorio (lo è il pagamento dei contributi sociali e delle tasse). Infine il rendimento di questa passività implicita dello Stato non è determinato dal mercato e dipende dalla relazione tra la somma dei contributi previdenziali pagata e la somma delle pensioni ricevuta da un individuo nel corso della sua vita. I fattori che spiegano il rendimento del debito pensionistico sono quindi di tipo demografico (durata attesa della vita), istituzionale (età e norme di calcolo della pensione) ed economico (dinamica della carriera lavorativa).
•Sostenibilità del debito pensionistico
In Italia prima delle due riforme pensionistiche del 1992 e del 1995 il debito pensionistico era pari a circa quattro volte il PIL. Le modifiche normative introdotte in questo periodo e volte a restringere i requisiti per il pensionamento, ad abbassare l'importo medio della pensione e a innalzare l'età di pensionamento, hanno contribuito a quasi dimezzare questo rapporto e parallelamente a diminuirne drasticamente il rendimento atteso.
La sostenibilità del debito pensionistico deve essere misurata dall'andamento nel tempo della quota dello stesso (le pensioni in pagamento) che ogni periodo giunge a scadenza. Se tale quota è continuamente crescente allora la dinamica del debito pensionistico è insostenibile. Viceversa, una volta stabilizzata la quota delle pensioni sul PIL a un valore accettato dai suoi membri, la sostenibilità del debito pensionistico è realizzata se il rendimento implicito dei contributi versati in età lavorativa da ogni partecipante al sistema è pari al tasso di crescita della massa dei contributi che, nel lungo periodo, approssima il tasso di crescita del PIL.