Il modello concorrenziale
In funzione del grado di concentrazione, della struttura dei costi, delle barriere all'entrata si determinano forme di mercato e comportamenti di impresa assai diversi.
Il modello concorrenziale puro è caratterizzato dalla presenza di molti operatori, piccoli rispetto al mercato e quindi privi della possibilità di determinarne individualmente l'equilibrio. In un'accezione più specifica, la teoria economica definisce concorrenziale la situazione in cui le decisioni di ciascun operatore sono assunte nell'inconsapevolezza dei relativi effetti sull'esito complessivo di mercato, che peraltro consegue dall'interazione di tali scelte individuali. È in questo senso che un mercato concorrenziale sarà tipicamente popolato da molti operatori (consumatori e imprese), essendo questa la condizione che rende ragionevole, da parte di ciascuno, ipotizzare l'irrilevanza delle proprie azioni. Si distingue in questo ambito tra due nozioni astratte, note come concorrenza perfetta e concorrenza monopolistica.
Concorrenza perfetta
Il modello della concorrenza perfetta è contraddistinto dai due presupposti di omogeneità del prodotto e informazione simmetrica. Il prodotto è omogeneo quando le sue caratteristiche sono date e quindi indipendenti dall'identità di chi vende o acquista; mentre l'informazione è simmetrica quando tali caratteristiche sono note nella stessa misura a tutti i partecipanti al mercato. Queste ipotesi rendono lo scambio anonimo e privano il singolo scambista della possibilità di influire sull'esito della singola transazione: qualora, infatti, i termini di scambio differissero da quelli praticati dal resto del mercato (per esempio, in senso sfavorevole all'acquirente), quest'ultimo troverebbe con certezza termini più favorevoli presso altri venditori. Ne discende che il mercato deve essere caratterizzato da termini di scambio uguali per tutte le transazioni: ciò che consente di parlare di equilibrio del mercato. Questo equilibrio sarà allora contraddistinto da un unico prezzo; ogni operatore perverrà alle proprie scelte considerando tale prezzo come un dato, ritenendo a priori infruttuoso qualsiasi tentativo di alterarlo. Al contempo, acquirenti e venditori saranno soddisfatti delle scelte effettuate, in quanto rispondenti ai propri programmi di azione: se un operatore concorrenziale formula programmi (di acquisto o vendita) che precisano quanto acquistare o vendere in dipendenza dei possibili livelli di prezzo, il prezzo di equilibrio è tale poiché consente la realizzazione simultanea di tali programmi, ovvero assicura che l'insieme delle quantità domandate sia pari all'insieme delle quantità offerte.
Tale pressione rispecchia due elementi fondamentali del processo concorrenziale: la flessibilità dei prezzi e la libertà di ingresso sul mercato. Se i prezzi sono perfettamente flessibili – cioè la loro determinazione non è condizionata da vincoli esterni, per esempio legislativi – eventuali squilibri tra domanda e offerta dovrebbero spingere i prezzi verso il proprio valore di equilibrio. Per esempio, se a un dato prezzo la quantità che gli acquirenti intendono nel complesso acquistare è inferiore a quella che nel complesso i venditori sono disposti a vendere, il prezzo tenderà a scendere: la diminuzione del prezzo incentiva la domanda e al contempo disincentiva l'offerta fino al punto in cui si stabilirà un'uguaglianza. La libertà di ingresso opera, a sua volta, come meccanismo concorrenziale nel lungo periodo. Si supponga, per esempio, che il prezzo di equilibrio consenta alle imprese venditrici di ottenere un profitto positivo: questo profitto attirerà nel mercato nuove imprese, che provocheranno un'espansione dell'offerta e, quindi, una diminuzione del prezzo di equilibrio fino al punto in cui l'originario profitto non sarà annullato. Questa situazione costituisce un equilibrio di lungo periodo in quanto non esiste incentivo alla variazione del numero delle imprese; si tratta inoltre di un equilibrio efficiente, anche nel senso di garantire che il prodotto venga scambiato al minimo prezzo socialmente accettabile. La condizione di profitto nullo si risolve nell'uguaglianza tra prezzo e costo medio.
Al modello astratto della concorrenza perfetta si affianca il caso della concorrenza imperfetta in cui la presenza di numerosi operatori risulta compatibile con la percezione di un significativo potere di mercato da parte di alcuni di essi.
Concorrenza monopolistica
Il modello di concorrenza monopolistica si fonda sulla rimozione dell'ipotesi di omogeneità del prodotto. L'elemento monopolistico risiede appunto nella differenziazione del prodotto che attribuisce al venditore un potere di mercato locale. Un dato prodotto è significativamente differenziato (per esempio, tramite la pubblicità) quando l'acquirente non lo considera equivalente a un altro prodotto che pure ne è sostituto (si pensi a diversi tipi di profumo). Il potere di mercato locale rende il venditore in grado di modificare la quantità venduta modificando il prezzo e, in questo senso, di alterare l'equilibrio di mercato in proprio favore. L'elemento concorrenziale del modello risiede nel fatto che il potere di mercato percepito dal venditore è solamente locale; il venditore assume cioè che le proprie scelte non abbiano effetti sull'equilibrio complessivo del mercato, vale a dire sui termini di scambio ai quali sono venduti i beni delle imprese concorrenti.
Oligopolio
L'oligopolio è una forma di mercato imperfetto caratterizzata dalla presenza di poche imprese le cui decisioni hanno un impatto diretto sugli andamenti economici di quelle rivali. Tale fenomeno è noto come interazione strategica: nessuna impresa è in grado di individuare la propria posizione di equilibrio sulla base di dati obiettivi desunti dal mercato, poiché non conosce quale quota dello stesso mercato le spetta (non conosce, cioè, la curva di domanda). Essa conosce i propri costi di produzione, intende massimizzare il proprio profitto, ma sa che un prezzo troppo alto può indurre gli acquirenti a rivolgersi ai concorrenti che praticano prezzi inferiori.
Si può distinguere l'oligopolio concentrato da quello differenziato. Nel caso dell'oligopolio concentrato le imprese rivali producono beni sostanzialmente omogenei, comunque percepiti come tali dai consumatori. Nel caso dell'oligopolio differenziato questo non si verifica. Spesso le imprese possono, sia pure entro certi limiti, controllare il grado di differenziazione dei prodotti, attraverso la pubblicità, la qualità del prodotto, i servizi commerciali aggiuntivi, gli sconti ecc.
La più recente teoria dell'oligopolio ha risentito fortemente degli sviluppi della teoria dei giochi, che si è rivelata strumento potente per l'analisi di situazioni di interazione strategica. Due sono i modelli maggiormente applicati all'oligopolio: quello di A. Cournot e quello di J. Bertrand. Il modello di Cournot si caratterizza per la presenza di poche imprese, due nel caso più semplice, che massimizzano il proprio profitto scegliendo in via strategica la quantità da produrre, supponendo che le rivali non varino la propria quantità in relazione alla propria scelta. I beni prodotti sono perfettamente omogenei, per cui non è possibile osservare scostamenti tra i prezzi praticati dalle imprese. I consumatori sono numerosi e non hanno alcun potere di mercato; il loro comportamento aggregato determina il prezzo al quale si venderà la merce. L'equilibrio di Cournot che si determina è tale che il prezzo risulterà superiore al costo marginale, ma di un ammontare inferiore a quello che si realizzerebbe in caso di monopolio. Nel modello di Bertrand, invece, le imprese producono beni sostituibili ma utilizzano il prezzo come variabile strategica. In tal caso, tra le imprese si innesca una concorrenza tale che esse continuano a ridurre il prezzo fino ad arrivare al livello di costo marginale. Solo nel caso di beni differenziati è possibile allentare il vincolo della concorrenza.