Le altre avanguardie italiane
Altre prove d'avanguardia in Italia si svilupparono a partire dal dopoguerra. Fu il caso della pittura metafisica di G. de Chirico, a cui aderirono solo in parte anche Carrà, De Pisis (in particolare con le sue nature morte) e Morandi, che informarono il loro lavoro essenzialmente al raggiungimento di un valore alogico e magico, in cui l'immobilità dei manichini simboleggia l'assenza di drammi e di psicologia.
Carrà, De Pisis e Morandi aderirono anche al gruppo di pittori "Novecento", che si costituì nel 1922 con l'intenzione di recuperare l'arte del passato, dai primitivi al Rinascimento, come base di un'arte pura italiana. Il gruppo era composto da Anselmo Bucci (1887-1955), Achille Funi (1890-1972), Pietro Marussig (1879-1933), Ubaldo Oppi (1889-1946), Felice Carena (1879-1966), Amerigo Bartoli (1890-1971) e soprattutto Sironi, Casorati e Martini.
Un caso a se stante costituisce Modigliani.
Amedeo Modigliani
Amedeo Modigliani (Livorno 1884 - Parigi 1920) come pittore e scultore non appartenne a nessuna corrente artistica d'avanguardia, ma operò in termini di singolare originalità: si pensi ai celebri colli allungati delle sue figure. Nel 1906 si recò a Parigi, dove orientò suoi interessi verso i postimpressionisti e i fauves. I vivacissimi e cosmopoliti ambienti artistici parigini, le scoperte della scultura negra e delle stampe giapponesi, ebbero un profondo influsso nell'evoluzione della sua arte. Praticò la scultura per ridurre all'essenziale gli effetti cromatici; disegnò moltissimo per trarre dalla modulazione della linea sinuosa e continua quei valori plastici ed espressivi della composizione formale, che si evidenziano senza l'ausilio del colore e al di là della terza dimensione; dipinse nudi femminili e ritratti, perché essenza espressiva dell'immagine. Negli ultimi tre anni di vita (1917-20), i più sofferti della sua disordinata esistenza, Modigliani concepì e realizzò le opere maggiori della sua arte personalissima: Ritratto di L. Zborowski (S. Paolo, Museu de Arte de São Paulo); Ritratto di Soutine (New York, collezione privata); Ritratto di Kisling (Milano, collezione privata); Nudo sdraiato (New York, Museum of Modern Art).
Giorgo De Chirico
La formazione pittorica di Giorgio De Chirico (Volo, Grecia 1888 - Roma 1978) si svolse sotto l'influenza del simbolismo. De Chirico elaborò la pittura "metafisica", con cui intese rendere il senso di mistero percepito nel reale valendosi di elementi desunti dal repertorio dell'irreale e del fantastico. Tutto il suo repertorio di enigmatici oggetti e visioni, dai manichini alle "piazze d'Italia", si colloca in uno spazio impossibile, perché aprospettico e indefinito (anche se talvolta si riecheggia la spazialità rinascimentale) e illuminato da una luce senza vibrazione atmosferica. Le forme, spesso assimilate a volumi geometrici a cui non è estraneo l'influsso cubista, si pongono come simboli arcani e contraddittori (Le muse inquietanti 1918, Milano, collezione Mattioli; Trovatore, Venezia, Galleria d'arte moderna; La torre rossa, 1913, Venezia, Collezione P. Guggenheim).
De Chirico intorno al 1920 fu tra i promotori della rivista mensile "Valori plastici", che accompagnò l'apertura all'Europa alla valorizzazione degli artisti italiani. Dopo il 1926 nelle sue opere si afferma un'interpretazione fastosa e baroccheggiante della classicità greca, in cui, accanto alla passione archeologica, riaffiorano i ricordi nostalgici della giovinezza trascorsa in Grecia. Svolse inoltre attività di scrittore e di scenografo, firmando, fra l'altro, i bozzetti per La giara, balletto di J. Börlin su musica di Casella (1924), e per La figlia di Jorio (1934, con la regia di Pirandello).
Carlo Carrà
Carlo Carrà (Quargnento, Alessandria 1881 - Milano 1966) aderì nel 1910 al futurismo (I funerali dell'anarchico Galli, 1911, New York, Museum of Modern Art), ma già nel 1912 le sue opere si accostano al cubismo. L'incontro (1916) con G. De Chirico lo portò alla pittura metafisica, ma con una forte sensibilità per la volumetria dell'immagine (L'idolo ermafrodito, 1917; Milano, collezione privata). Dal 1919-20 la sua ricerca si mosse nel recupero dei "valori plastici", di quelle che egli considerava le espressioni più autentiche di arte italiana, la pittura di Giotto, Paolo Uccello, Masaccio, Piero della Francesca, filtrate attraverso Cézanne e il cubismo, e realizzò immagini arcaizzanti, inquadrate in una natura rarefatta, fra mitica e reale: Vele nel porto (1923, Firenze, collezione privata), Il pino sul mare (1921, Roma, collezione privata), a cui fanno riferimento i pittori del gruppo Novecento. Dopo il 1926 Carrà ammorbidì l'essenzialità del suo stile con una maggiore adesione alla pittura francese, dal romanticismo al postimpressionismo (L'attesa, 1926, collezione privata).
Filippo De Pisis
Filippo De Pisis (Ferrara 1896 - Milano 1956) svolse parallelamente all'attività di pittore quella di scrittore e di critico. Nel 1925-39 visse a Parigi. Dopo un esordio metafisico, orientò la sua pittura di nature morte soprattutto marine, di paesaggi e figure, a un innesto fra la pittura metafisica italiana e quella dell'impressionismo francese. La componente impressionista, chiaramente visibile anche nella felice serie dei mazzi di fiori, attraverso gli anni fu spinta all'estremo delle sue possibilità da una sensibilità estetizzante, che si esprime in una pennellata guizzante, sempre più aerea e luminosa, che dissolve i volumi, quasi a dare della realtà un'ultima, folgorante immagine (Natura morta marina, 1926, Milano, Collezione Iesi; La Salute, 1944, Milano, Collezione Santi).
Giorgio Morandi
Giorgio Morandi (Bologna 1890-1964) fu pittore e incisore. Di temperamento solitario, ebbe come maestro ideale Cézanne, che fu il punto di partenza per la sua elaborazione di una nuova cultura formale partecipe delle più avanzate ricerche artistiche contemporanee; la coerente conseguenza di tale predilezione fu il passaggio, negli anni 1914-15, agli spunti formali del cubismo, che, insieme all'interesse per la pittura toscana del Tre-Quattrocento fu fondamentale per la definizione di alcuni aspetti del suo stile, come la concentrazione del linguaggio, l'essenzialità e l'equilibrio delle forme, la sobrietà delle immagini. L'adesione alla pittura metafisica (1918-20) nulla tolse al purismo e all'essenzialità della sua visione, priva di compiacimenti estetizzanti o simbolistici (Natura morta, 1918, Milano, Collezione Jucker). Dal 1920 lo stile di Morandi puntò dapprima a una pittura a colori densi e dal tratto sommario, poi a una delicata tramatura cromatica. Basandosi su una realtà ristretta a pochi oggetti di uso quotidiano (bottiglie, vasetti, bricchi, lucerne, cuccume), l'artista definì tutto il mondo poetico che accompagnò costantemente la sua pittura. Accanto alle nature morte di oggetti (Natura morta con fruttiera, 1916, Milano, collezione privata) Morandi predilesse il paesaggio, impostato sulla medesima ricerca e sul medesimo approfondimento delle forme e dei valori tonali.
Tra i pochissimi dipinti di figura sono alcuni autoritratti eseguiti tra il 1920 e il 1925. Parallelamente alle esperienze pittoriche l'artista sviluppò l'attività di incisore, di cui restano 132 incisioni.
Alberto Savinio
Fratello di Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea De Chirico (Atene, 1871-Roma, 1952) fu poeta, scrittore, musicista e pittore. Pur avendo una certa consonanza di idee con il fratello, sviluppò uno stile personale, dal gusto nettamente surrealista, che lo portò a creare opere particolarissime sulla metamorfosi uomo-animale (I genitori, 1931, Milano, Galleria del Naviglio; Annunciazione, 1932, Milano Museo Civico d’Arte Contemporanea).
Mario Sironi
I rapporti con Balla e l'incontro con U. Boccioni e G. Severini portarono Mario Sironi (Sassari 1885 - Milano 1961) dopo il 1912, ad aderire al futurismo, di cui diede un'interpretazione che si distingueva per una concezione volumetrica più solida e il valore fortemente espressivo del colore, come stanno a dimostrare i suoi inconfondibili paesaggi urbani (Il camion, 1914, Milano, collezione privata). Successivamente diede personali interpretazioni della visione metafisica, con una pittura a densi impasti di colore (Il cavallo bianco, 1919, Milano, collezione privata). Nel 1922 fu anche tra i fondatori, del gruppo dei Sette pittori moderni (Galleria Pesaro di Milano), divenendo poi il maggiore esponente del gruppo di Novecento e quindi della cultura ufficiale del fascismo (Paesaggio urbano, 1924, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna; Gasometro, 1943, Milano, Collezione Jucker). Nel dopoguerra la sua pittura si fece più raccolta e interiore.
Felice Casorati
Fino al 1920 la pittura di Felice Casorati (Novara 1886 - Torino 1963) presenta suggestioni del simbolismo e del secessionismo di Klimt, come appare nelle Signorine (1912, Venezia, Galleria d'arte moderna Ca' Pesaro) o nella Ragazza con la scodella (1919-20, Torino, Collezione B. Fiore). Successivamente le forme, già semplificate e geometrizzanti, si inserirono in uno spazio architettonicamente predisposto, immerse in un'atmosfera rarefatta, che, attraverso l'esperienza neoclassica, purista e metafisica, attinse all'arte di Piero della Francesca e del primo Raffaello (Meriggio,1922, Trieste, Museo Revoltella; L'attesa, 1921, Torino, Collezione Casorati). Testimonianza dell'interesse che Casorati nutriva per le relazioni fra le diverse espressioni dell'arte è anche la sua attività di scenografo per opere musicali.
Arturo Martini
Lo scultore e incisore Arturo Martini (Treviso 1889 - Milano 1947) sviluppò dapprima un'espressione plastica bidimensionale che dalla sinuosità della linea liberty (Prostituta, Fanciulla piena d'amore, Venezia, Ca' Pesaro) passa al movimento dinamico del futurismo boccioniano (Ritratto di Omero Soppelsa, 1913, Venezia, collezione privata). L'evoluzione della sua scultura maturò soprattutto attraverso le esperienze nell'ambito del movimento "Valori plastici" e la finale adesione alla classicità (Figliuol prodigo, 1924-25, Acqui Terme, Ospizio Ottolenghi). La ricerca di purezza formale portò Martini a strutture goticizzanti di slancio ascensionale, che caratterizzano molte opere del periodo 1931-36 (Chiaro di luna; Sogno; L'aviatore; La Venere dei porti, Treviso, Museo Civico; La sete, Milano, Galleria d'arte moderna). Seguirono varie opere celebrative che assecondavano il gusto retorico-monumentale della cultura del regime fascista (sculture per il Palazzo di Giustizia, l'Ospedale Maggiore e l'Arengario a Milano). Alcune opere degli ultimi anni, segnati da una crisi profonda, appaiono animate da un ritmo interno di vita ai limiti dell'astrazione (Scomposizione di toro, Cavallo allo steccato, La fanciulla che nuota sott'acqua).