Il classicismo del primo Seicento
La corrente pittorica che si rifaceva ai Carracci fu molto più numerosa di quella dei seguaci del Caravaggio. Rispetto ai caravaggisti, i discepoli del Carracci dovevano tutti la propria formazione all'Accademia degli Incamminati a Bologna e dunque costituirono una vera "scuola", che poteva contare su laute committenze.
Tra i primi discepoli di Annibale che giunsero a Roma si segnalano Guido Reni e il Domenichino. Anche la pittura di "paesaggio ideale" rappresentata già dall'ultima produzione di Annibale con la Fuga in Egitto si sviluppò ulteriormente con le opere di due pittori francesi come Nicolas Poussin e Claude Lorrain. Infine, a partire dai primi decenni del Seicento, artisti come il Guercino e il parmense Giovanni Lanfranco (1582-1647), pur muovendo dall'educazione carraccesca, segnarono una svolta già in chiave barocca della pittura.
Guido Reni
Guido Reni (Bologna 1575-1642) fu dapprima allievo dell'Accademia degli Incamminati e aderì al recupero naturalista avviato dai Carracci. Nel decennio tra il 1598 e il 1608 rimeditò il manierismo e Raffaello (quadri per S. Cecilia in Trastevere) arrivando a un'interpretazione in chiave classicamente naturalistica del realismo caravaggesco. La protezione di Scipione Borghese gli procurò importanti commissioni a Roma da parte di papa Paolo V: così Reni decorò due sale in Vaticano (sale delle Nozze Aldobrandini e delle Dame), le cappelle di S. Andrea e di S. Silvia in S. Gregorio Magno al Celio, la Cappella dell'Annunciata al Quirinale e la Cappella Paolina in S. Maria Maggiore. In tutte queste opere venne chiarendosi la problematica del rapporto tra Idea e Natura che indirizzò, con alterne vicende, tutta la sua attività. Il suo classicismo si svolse secondo ritmi insieme monumentali e scorrevoli e aderì da un lato alle ragioni supreme dell'Idea, dall'altro a un'esigenza di concretezza (Strage degli Innocenti, 1611, Bologna, Pinacoteca Nazionale; l'Aurora, 1613-14, Roma, Palazzo Rospigliosi-Pallavicini). Ritornato a Bologna nel 1614, arricchì il proprio linguaggio di note altamente retoriche nella Gloria di S. Domenico (S. Domenico, Bologna) e di tonalità più calde (Assunta, 1617, Genova, S. Ambrogio; Fatiche di Ercole, Parigi, Louvre), mentre un'ispirazione più classica si ritrova in Atalanta e Ippomene (1615-25 ca, Napoli, Gallerie nazionali di Capodimonte) e nel Battesimo di Cristo (Vienna, Kunsthistorisches Museum).
Domenichino
Domenico Zampieri, detto il Domenichino (Bologna 1581 - Napoli 1641), fu discepolo dei Carracci e si trasferì a Roma al seguito di Annibale Carracci, con il quale lavorò per Palazzo Farnese. Fu autore di numerosi affreschi nell'oratorio di S. Gregorio al Celio (Flagellazione di S. Andrea, 1608), in S. Luigi dei Francesi (Storie di S. Cecilia, 1611-14), in S. Andrea della Valle e nell'abbazia di Grottaferrata (1608-10). Le sue attitudini naturalistiche sono rintracciabili in dipinti quali per es. Caccia di Diana (Roma, Galleria Borghese). Ma i risultati più alti della sua pittura si ritrovano nelle tele nelle quali domina il paesaggio: Il guado (Roma, Galleria Doria), La fuga in Egitto (Parigi, Louvre), Paesaggio con Tobia e l'angelo (Londra, National Gallery); Paesaggio con fiume (Cambridge, Fitzwilliam Museum); Paesaggio con fortificazioni (Londra, collezione Mahon).
Il Guercino
Le opere giovanili di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1666), rivelano una sostanziale adesione alla poetica carraccesca (Madonna in gloria con i SS. Pancrazio e Chiara, Madonna in trono col Bambino e santi, ca 1615, Renazzo di Cento, Parrocchiale di S. Sebastiano), ma sono animate da un cromatismo e da una sensibilità ai problemi di luce (Madonna col Bambino e santi, ca 1616, Bruxelles, Musée d'Art Ancien; Susanna e i vecchioni, ca 1617, Madrid, Prado) unici nell'ambito della scuola bolognese. Nel 1621 il Guercino venne chiamato a Roma da papa Gregorio XV. Tra le prime opere romane si annoverano l'affresco in Palazzo Costaguti e la decorazione del Casino Ludovisi (L'aurora che scaccia la notte, 1621), cui seguì nel 1623 il Seppellimento di S. Petronilla (Roma, Museo capitolino). Il ritorno a Cento (1624) segnò l'inizio di un periodo di ripensamento che avvicinò il Guercino a G. Reni; si stabilì poi a Bologna nel 1642. Lo slancio di opere di modo barocco (Ercole e Anteo, 1631, Bologna, Palazzo Sampieri; Madonna del Rosario, 1631, Torino, S. Domenico) andò mitigandosi in composizioni di misurato equilibrio (La Sibilla Libia, 1651, collezione della regina Elisabetta II; La Sibilla Samia, 1651, Genova, Palazzo Reale).
Claude Le Lorrain
Claude Gellée, detto Le Lorrain e in Italia noto anche come il Lorenese (Champagne 1600-Roma 1682), è un pittore francese che visse e operò quasi esclusivamente a Roma, dove si era trasferito già nel 1613. Sensibile al fascino e all'atmosfera della campagna romana e delle sue rovine, creò un tipo di paesaggio classico in cui prevale il senso della varietà e della bellezza della natura, evocata attraverso la storia e il mito: Veduta di Campo Vaccino a Roma (Parigi, Louvre), Agar e l'angelo (Londra, National Gallery), Narciso ed Eco (Londra, National Gallery), Pastorale (Birmingham, City Art Gallery).
Nicolas Poussin
Nicola Poussin (Villers, Normandia 1594 - Roma 1665) fu il pittore principale interprete del classicismo seicentesco. Dopo l'apprendista a Rouen e a Parigi, fu interessato allo studio dei manieristi di Fontainebleau, di Raffaello e della sua scuola con molteplicità di interessi che lo indussero ad approfondire la prospettiva, l'anatomia, l'architettura. Nel 1624 lasciò la Francia e raggiunse Bologna, dove conobbe il rinnovato classicismo dell'accademia dei Carracci e di G. Reni. Il gusto barocco che andava maturando nella Roma di quegli anni (dove giunse nel 1625), unito all'esperienza del cromatismo di Tiziano, lo indusse a un pittoricismo che avvicina le opere del primo periodo romano (due Baccanali di putti, Roma, collezione Incisa della Rocchetta; Martirio di S. Erasmo, Vaticano, Pinacoteca Vaticana) a quelle di Pietro da Cortona . Il decennio tra il 1630 e il 1640 segnò il definitivo abbandono di ogni tendenza barocca per una rimeditazione attraverso la ricerca di razionale chiarezza e di archeologica precisione.
I mirabili paesaggi caratterizzarono la fase estrema della sua attività con il Paesaggio con Polifemo (S. Pietroburgo, Ermitage); le Quattro stagioni (1660-64); il Paesaggio con Orfeo ed Euridice (Parigi, Louvre).