Museo del Riciclo: quando i rifiuti diventano arte
Capolavoro di spirito creativo, l'arte non è sempre fine a se stessa ma, muovendosi in molteplici direzioni e rispondendo a differenti prerogative, può diventare anche il più potente manifesto dell'etica green e dello spirito sostenibile.
Questo è il motivo per il quale l'arte è sia testimonianza che cambiamento, una base solida sulla quale si può costruire un mondo nuovo e diverso: un pensiero che diventa filosofia quando si parla del Museo del Riciclo, progetto che nasce dalla volontà del consorzio Ecolight, sistema che gestisce i rifiuti di apparecchiature elettroniche ed elettriche.
Vetrina virtuale che miscela spirito creativo ed etica green, il Museo del Riciclo diventa insieme propulsione e affermazione di tematiche ambientali: un luogo in cui consumatori e creatori si incontrano per fare del riuso il concetto cardine della creazione artistica.
Materia prima delle opere esposte è, infatti, ciò che la maggior parte delle persone considera rifiuto: il Museo del Riciclo, aiuta a comprendere come ogni oggetto può essere riportato a nuova vita e dotato di nuova anima se manipolato creativamente e utilizzato in un contesto diverso da quello originario.
E' grazie alla creatività che schede madri di computer diventano lampade colorate, vecchi giornali diventano stupendi quadri dal sapore vintage e inutilizzato cartone da imballaggio si trasforma in tavolini di eco design.
Nutrendosi dei pensieri più puri e immediati, la creatività non ha limite: un insegnamento molto importante che, dal mondo dell'arte, può essere trasposto anche nella quotidianità. Riciclo e riuso, infatti, oltre a dar vita a nuovi oggetti, riducono consumo energetico e inquinamento.
Realtà in costante evoluzione, il Museo del riciclo aumenta continuamente il proprio patrimonio artistico, diventando sia vetrina artistica che progetto educativo per grandi e piccini.
Un museo che non è solo testimonianza statica, ma spinta al cambiamento e al rinnovamento, opera omnia del concetto di riuso e riciclo.
Photo Emanuele Biondi