La globalizzazione spiegata in breve

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Dal popolo di Seattle ai new global, passando per le radici storiche del fenomeno che ha cambiato le vite di ogni abitante del Pianeta

In principio, la globalizzazione fu descritta come la panacea di tutti i mali economici del pianeta. Tutti avrebbero lavorato e guadagnato di più in un mondo interconnesso e senza frontiere. Ma poi i limiti di quella che fu definita anche mondializzazione si rivelarono senza pietà, attraverso politiche poco rispettose dei diritti umani, delle sovranità nazionali e persino dell’ambiente. La storia della globalizzazione ha radici antiche, ma dagli anni Novanta è diventato un gene del Dna di tutte le economie nazionali e della cultura umana. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul tema.

Cosa significa "globalizzazione"? Una definizione

La globalizzazione è un termine fortemente utilizzato a partire dagli anni Novanta, per indicare una serie di fenomeni complessi, che mettono in relazione integrazione economica, culturale e sociale tra diverse zone del mondo. La mondializzazione, come viene anche definita, ha diverse dimensioni.

Le principali sono quella economica e culturale. Ma esistono anche la globalizzazione politica, in cui le organizzazioni internazionali acquisiscono maggiore importanza. C'è la globalizzazione tecnologica, basata sul rapido sviluppo e diffusione delle tecnologie ICT e i loro effetti, nonché sul miglioramento dei trasporti internazionali.

Ma anche se la parola globalizzazione ha una storia recente, le sue radici possono essere già rintracciate in epoche storiche precedenti. Cosa sono le Vie della Seta se non prime rotte commerciali globali? Quali sono i più importanti effetti economici e culturali prodotti dall'espansione dell'Impero Romano se non una maggiore connessione tra diversi continenti?

Se il significato di globalizzazione inizia ad essere approfondito tra gli anni Ottanta e Novanta, i concetti di villaggio globale e interdipendenza globale sono già in uso tra gli anni Sessanta e Settanta, grazie alle prime teorizzazioni di Marshall McLuhan.

Globalizzazione economica e culturale

Nel tempo, con il progredire del fenomeno, sono state date molte definizioni di globalizzazione. Da una parte c'è la globalizzazione economica, definita attraverso l'apertura delle economie nazionali al commercio estero. Questa accezione si basa sull'osservazione della crescita degli scambi commerciali e dei movimenti di capitali a partire proprio dagli anni Novanta

Poi, però, c'è un'altra sfaccettatura del fenomeno, sintetizzata nell'etichetta globalizzazione culturale. Si tratta di quella prodotta dalla circolazione di persone e idee, con una più rapida diffusione di notizie, conoscenze e tecniche. Una globalizzazione immateriale, si potrebbe definire, ma altrettanto cruciale per l'integrazione dei diversi attori del globo.

La storia del popolo di Seattle

C'è un evento cruciale nella storia della globalizzazione mondiale. Nel 1995 viene creata l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Questa organizzazione è stata all'origine della formalizzazione di molte regole del commercio globale. Riuniti a Seattle, il summit del WTO aveva l'obiettivo di creare nuovi accordi commerciali mondiali e promuovere una più spinta liberalizzazione del commercio globale. Le conseguenze di tali decisioni sulle economie nazionali, sull'ambiente, sulle singole sovranità degli stati e persino sui diritti dei lavoratori spinsero i partecipanti al movimento antiglobalizzazione a manifestare contro il WTO. Era il dicembre 1999 e nasceva così il popolo di Seattle.

Le proteste accesero i riflettori sul movimento no global, accelerando un confronto meno incentrato sui vantaggi economici e più dialogico rispetto alle criticità legate alla globalizzazione. Infatti, sebbene le proteste non abbiano portato a cambiamenti immediati nelle politiche del WTO, hanno contribuito a una maggiore attenzione alle preoccupazioni sociali e ambientali nelle future negoziazioni commerciali.

I no global e i new global

Il popolo di Seattle era solo la cellula primigenia dei movimenti sviluppatisi attorno e contro la globalizzazione. Infatti, tra la fine degli anni Novanta e l'inizio degli anni Duemila una vasta coalizione di attivisti, riuniti attorno alla critica delle politiche e pratiche del Fondo Monetario Internazionale la Banca Mondiale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio, iniziarono a manifestare definendosi "no global". 

Sotto questa etichetta erano riuniti sindacati, Ong, ambientalisti, attivisti per i diritti umani, persino agricoltori e studenti. L'obiettivo comune: diffondere uno sguardo critico su quelle forme di globalizzazione colpevoli di favorire le multinazionali e di accentuare le disuguaglianze economiche tra paesi ricchi e paesi poveri. Non c'era una leadership a guidare i no global: i manifestanti erano organizzati in reti autonome e collaborative.

Col tempo, la radicalità del movimento no global si attutisce, trasformandosi in new global. Il principale cambiamento di prospettiva sta nella visione, meno ristretta, che auspica una nuova forma di globalizzazione più equa. Rientrano tra i new global anche attivisti climatici, ma anche dei diritti digitali e umani. Grazie a un uso consapevole delle tecnologie e delle principali piattaforme digitali, questi attivisti promuovono soluzioni sostenibili e innovative a problemi complessi, collaborano con vari movimenti a livello globale e hanno un approccio più dialogico al tema della globalizzazione.

I pro e i contro della globalizzazione

La globalizzazione ha pro e contro. Tra i vantaggi, si può senz'altro annoverare la crescita economica, dovuta alla presenza di un mercato globale su cui le aziende possono proporre i loro prodotti. Inoltre, grazie alle connessioni mondiali, la diffusione di nuove tecnologie e idee è più rapida. Si influenzano e rendono così più efficienti i processi produttivi, ma non solo. La popolazione mondiale può sviluppare più rapidamente nuovi progetti. Infine, considerando lo scenario economico nel suo insieme, la contaminazione e l'ampia platea geografica costruita dalla globalizzazione creano i presupposti per la creazione di nuovi posti di lavoro in vari settori.

Tuttavia, la globalizzazione presenta diversi svantaggi. Primo tra tutti, un enorme impatto ambientale. Il facile accesso a prodotti costruiti dall'altra parte del mondo e la possibilità di spostarsi senza più troppe difficoltà né economiche né tecniche grazie ai voli a lungo raggio, divenuti più accessibili, aumenta la quantità di emissioni di CO2

Inoltre, la globalizzazione accentua la disuguaglianza economica sia all'interno degli stessi Paesi sia tra nazioni diverse. Infine, la "legge" della globalizzazione (soprattutto economica) può portare i governi nazionale a perdere il controllo sulle proprie politiche economiche e sociali in virtù di uno scopo più alto: mantenere salde le relazioni internazionali con i partner commerciali internazionali più vantaggiosi.

Stefania Leo

Foto di apertura: Immagine Freepik