Le bufale della cucina italiana

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Dalla pizza al Parmigiano Reggiano: ecco tutte le bugie a cui abbiamo imparato a credere nel corso dei secoli

Dal 1958 al 1963 l'Italia ha vissuto il suo boom economico. In quegli anni ogni radice storica viene asportata e asfaltata per entrare nella narrazione globale dei Paesi benestanti. Ed ecco che la popolazione della Penisola in poco tempo passa da fare la fame nera ad un benessere che non aveva mai neanche immaginato. Ed ecco che, se le radici a cui rinunciare raccontavano la povertà degli emigranti, costretti a lasciare il proprio Paese per mangiare, ben venga il sacrificio delle proprie origini. In estrema sintesi, è proprio così che si è iniziato ad esportare il mito della cucina italiana, di un buono e sano mangiare che assicurava gusto, sapore e ovviamente anche lunga vita.

Ma, com'è facile immaginere, non è andata esattamente così. Come sostiene Alberto Grandi nel suo Podcast DOI: Denominazione di Origine Inventata, gli italiani per secoli hanno mangiato poco e male. La denutrizione dilagava e le malattie legate alla cattiva alimentazione (come la pellagra) erano diffusissime. Ma, per dimenticare questo triste passato, con una (quasi inconsapevole) operazione di marketing, anche gli italiani stessi hanno cominciato a credere alle avvincenti storie della Carbonara, della pizza, dell'Amatriciana. Insomma, le bufale sulla cucina italiana sono tante e talmente diffuse da essere diventate (praticamente) verità.

Il Parmigiano Reggiano

Come ha spiegato Alberto Grandi in un articolo apparso sul Financial Times, le forme di Parmigiano Reggiano non sono state sempre così grandi e imponenti. Infatti, prima degli anni Sessanta pesavano circa 10 chili.

Oggi si è abituati alle forme tondeggianti e massicce, ma c'è un posto nel mondo in cui si è rimasti fedeli alle origini. Infatti, pare che alcuni immigrati italiani dell’inizio del Ventesimo secolo, probabilmente provenienti dalla regione del Po a nord di Parma, abbiano iniziato a produrre questo formaggio nel Wisconsin. Tuttavia, al contrario dei colleghi italiani, non hanno mai cambiato la ricetta. Quindi se in Italia il Parmigiano Reggiano è quel formaggio a pasta dura e dalla crosta chiara prodotto in forme giganti, quello del Wisconsin conserva le dimensioni e le caratteristiche della ricetta originale. Quindi il vero Parmigiano Reggiano vive ancora, ma in America!

Il mito della Carbonara

«La carbonara è un piatto americano nato in Italia». Questa espressione attribuita a Luca Cesari è ormai diventata famosissima e spiega la costruzione di una vera e propria bufala gastronomica. Come raccontato nel podcast DOI, la vera ricetta carbonara non si basa sulla sacra "trinità", cioè su pecorino, guanciale e carbo-crema.

Basti pensare che nel 1954 viene pubblicata su La Cucina Italiana la prima formula di questo piatto e al centro della lista degli ingredienti ci sono spaghetti, uovo, pancetta, (addirittura) gruviera e aglio. Una storia molto diversa da quella che si cerca di difendere oggi.

Ma la definitiva consacrazione a ricetta nazionale avviene con la pubblicazione nel ricettario di Luigi Carnacina La grande cucina (1960). Qui per la prima volta si parla di guanciale di maiale al posto della pancetta, e fa la sua comparsa la panna. Nel corso degli anni si vede la lista degli ingredienti arricchirsi di bizzarri compagni: vino, cipolla, prezzemolo... Solo negli anni Novanta inizia una lenta ma inesorabile operazione di purificazione della ricetta. 

Ma perché lo storico sostiene che la ricetta della carbonara arrivi dagli Stati Uniti? Perché gli ingredienti di base - bacon, crema di latte, formaggio e polvere di rosso d'uovo - erano alla base delle famose razioni k dei soldati americani nel secondo dopoguerra. L'invenzione di questo accostamento si deve al cuoco Renato Gualandi. Di origini bolognesi fu ingaggiato il 22 settembre 1944 per preparare un pranzo in occasione dell’incontro tra l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana nella Riccione appena liberata. Mescolando questi ingredienti, creò una pasta da servire ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento aggiunse il pepe nero. 

Inoltre, ancora prima di vederla su La Cucina Italiana, la prima ricetta della carbonara pare sia stata pubblicata nel 1952 negli Stati Uniti in una guida dei ristoranti di un distretto di Chicago. Il volume - An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side di Patricia Bronté - riportava una recensione del ristorante “Armando’s”. Raccontando la sua esperienza, l’autrice riporta una ricetta riconoscibile a occhi chiusi: la carbonara ormai nota in tutto il mondo.

Le fettuccine all'Alfredo

Le famose fettuccine all'Alfredo non sono una storpiatura americana alla nostra tradizione culinaria. Infatti, come riporta lo storico della gastronomia Luca Cesari, la ricetta è nata a Roma nella cucina di Alfredo Di Lelio nel 1908.

All'epoca si trovava in Piazza Rosa, dove oggi sorge la Galleria Alberto Sordi. Il piatto nacque per dare forza alla moglie di Alfredo, Ines, Reduce dal parto del piccolo Alfredo II. Lo chef impastò delle fettuccine condendole con burro e parmigiano freschissimi. La bontà del piatto spinse la moglie a suggerire di aggiungere il piatto al menu del loro ristorante.
A fare la fortuna della ricetta furono due star di Hollywood, Douglas Fairbanks e Mary Pickford, che assaggiarono il piatto nel locale di Via della Scrofa aperto da Alfredo nel 1914. La fama dei due attori bastò a portare la ricetta in America, con una piccola variazione cremosa: l'aggiunta della panna come terzo ingrediente.

La pizza

Anche la storia della pizza è legata a una delle più grandi bufale della cucina Italiana. Perché la pizza, in realtà, non è nata a Napoli (o almeno, non nella forma che conosciamo noi oggi).
La preparazione nata a Napoli alla fine dell'Ottocento comprendeva infatti un alto disco di pasta lievitato poco e male, cosparso di pesciolini (un residuo povero della pesca) oppure di pomodorini tagliati e di formaggio a pezzi. Niente di più lontano dalla Margherita che ordiniamo oggi al ristorante.

Come sostiene Luca Cesari nel suo libro Storia della pizza, la pizza come la conosciamo oggi, invece, nasce in America grazie agli immigrati napoletani che si ritrovarono a preparare questo piatto della memoria oltreoceano. Lì avevano solo pomodoro e un formaggio a pasta filata da metterci su. Ed ecco nata la ricetta poi definita tradizionale, ma che delle origini aveva ben poco. Se oggi si mangiasse la vera pizza napoletana, si farebbe fatica a ritrovare quell’amore sfegatato che oggi si prova per questo piatto.

La dieta mediterranea

Secondo John Dickie, professore in studi italiani all'University College of London, la dieta mediterranea è uno slogan inventato da Ancel Keys per commercializzare le sue ricerche. Il fisiologo aveva sviluppato già da tempo le sue idee sul ruolo del colesterolo e dei grassi animali nella cosiddetta "epidemia" di malattie cardiache negli Stati Uniti. Insieme alla moglie Margaret avevano creato un libro di ricette e consigli da seguire.

Nel 1975 ripubblica il suo libro con il titolo La dieta mediterranea. Nella prefazione Keys dice che si tratta di una novità, un'invenzione recente, che non rispecchia la realtà di ciò che i popoli del Mediterraneo mangiano. Ma la formula ha successo e influenza anche gli italiani, che in passato - ma anche oggi - non hanno mai seguito questo stile alimentare.

Stefania Leo

Foto di apertura: Foto di Mark Attree su Unsplash