Organizzazione dell'impero

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L’organizzazione statale si articolava secondo una rigida struttura gerarchica piramidale, al cui apice era l’Inca, seguito da nobili e sacerdoti, da funzionari e governatori locali, e poi da militari, artigiani e agricoltori, fino all’ultimo gradino della scala sociale, costituita da servi. In un’economia basata principalmente sull’agricoltura e sull’allevamento erano di massima importanza gli ayllu, le comunità regionali legate da un comune vincolo di parentela, amministrate dai curacas, i capi-tribú che controllavano il lavoro domestico, la distribuzione dei raccolti e il pagamento dei tributi all’Inca. Non esisteva la proprietà privata delle terre, che venivano invece coltivate dalla collettività che in cambio riceveva una parte del raccolto secondo il bisogno, mentre tutto l’eccedente era destinato alle classi privilegiate. La politica comunitaria delle Ande aveva certamente i suoi lati positivi, ma non si deve dimenticare che l’Impero era governato da un regime totalitario e autocratico.

Nei periodi di carestia o quando c’era bisogno di aumentare la fornitura dei tributi alla capitale, l’Inca faceva deportare intere popolazioni verso terre lontane per coltivare i campi. Il trasferimento forzato dei lavoratori veniva chiamato mitima e questo sistema si è mantenuto fin dopo la Conquista spagnola. La mitima dei coloni serviva anche a consolidare il potere dell’Inca nelle province piú remote e a mescolare le popolazioni tra loro, creando nuovi legami di sangue e scongiurando in questo modo le guerre tribali. Nella società Inca non esisteva la scrittura e anche il calendario era sommariamente suddiviso in due grandi stagioni – quella arida e quella piovosa – complessivamente di 328 giorni, divisi in 12 mesi.

L’unico sistema di controllo amministrativo era costituito dalle quipus, cordicelle colorate e annodate con le quali venivano registrate con estrema precisione le merci, i tributi e i debiti. La compilazione e la lettura dei quipus erano affidate a pochi eletti della cerchia personale dell’Inca e probabilmente i computi contenevano anche altre informazioni, sconosciute ai posteri, come cronologie e il censimento della popolazione. Dai cronisti ci è stata tramandata un’immagine idealizzata degli Incas, quella di una società felice, ordinata e razionale, dove regnava un benessere diffuso grazie alla distribuzione capillare dei beni comuni come cibo e vestiario: quale fosse la realtà non lo sappiamo, ma certamente non poteva essere peggiore del regime di soprusi e sfruttamento che attendeva gli Indios dopo la brutale Conquista spagnola del 1532.