La Grande Tenochtitlán
Preoccupato per i cattivi presagi che annunciavano catastrofi imminenti, Moctezuma II cercò di placare l’ira degli dèi aumentando il ritmo dei sacrifici umani: vennero catturate migliaia di prigionieri nelle regioni ribelli, destinate poi a versare il loro sangue sugli altari di Huitzilopochtli e di Tlaloc. In questo scenario funesto si inserí una minaccia reale e inaspettata che giungeva da lontano: lo sbarco dei Conquistadores spagnoli capeggiati da Hernán Cortés, pronti a marciare contro Tenochtitlán. Città del Messico – costruita sulle macerie della capitale azteca Tenochtitlán – è una gigantesca metropoli con circa 20 milioni di abitanti, una città insieme mostruosa e inafferrabile, affascinante e vitale, assordante e eclettica, sempre in bilico tra grandiosità e miseria. Il cuore della città si trova oggi, come cinque secoli fa, sul luogo del Grande Teocalli, il santuario principale della città azteca, anche se il suo aspetto è radicalmente cambiato: una fossa piena di rovine è l’unica testimonianza dell’antico potere azteco, mentre tutto intorno si estende la grande piazza d’epoca coloniale, lo Zócalo, con i suoi edifici monumentali e la Cattedrale con il Sagrario Metropolitano, costruiti subito dopo la distruzione della città da parte dei Conquistadores spagnoli.
Nel lontano 1519 l’antica capitale dell’Impero azteco doveva apparire agli uomini di Hernán Cortés come un sogno fatto di pietra, adagiata com’era in mezzo alle acque della laguna di Texcoco, tra canali navigabili, orti galleggianti e splendidi edifici. Oggi, alla vista delle tortuose rovine del Templo Mayor, è difficile immaginare la grandiosità dei monumenti aztechi che stupirono tanto i primi europei venuti a conquistare terre e oro, uno stupore che tuttavia non ha impedito agli Spagnoli di radere al suolo Tenochtitlán nel 1521. Nel vasto pantheon degli dèi aztechi, in gran parte assimilati dalle culture piú antiche, il dio Huitzilopochtli – divinità solare, ma principalmente Signore della Guerra – predomina su tutti gli altri, poiché a lui sono dedicati i cuori umani strappati alle vittime sacrificate. Il mito della sua nascita spiega bene il bisogno del continuo nutrimento di sangue: la Madre Terra Coatlicue, dopo aver partorito 400 stelle (le divinità minori) e la luna, fece voto di castità, ma a sua insaputa venne ingravidata da una palla di piume. I figli, tra cui la dea della Luna Coyolxauhqui, decisero di ucciderla per non essersi mantenuta pura, ma Huitzilopochtli (il Sole ancora in grembo alla madre), avvertito del pericolo, nacque all’istante e uccise i fratelli e la sorella Luna, smembrandola.
Il mito descrive l’allegoria del sole che per poter sorgere ogni giorno deve cacciare la luna e le stelle e per fare questo ha bisogno continuamente della linfa vitale che soltanto i sacrifici di sangue possono dargli. Anche il sacro Gioco della Palla, praticato da tutte le civiltà mesoamericane a partire dagli Olmechi, è legato al ciclo solare, alla rinascita, alla guerra e ai sacrifici: alla fine della partita ai giocatori perdenti era tagliata la gola e il loro cuore veniva offerto al dio. Tlatelolco, la seconda città dei Mexica, venne inglobata nella Grande Tenochtilán nel 1473, diventando il fulcro commerciale dell’Impero. Gli Spagnoli, al loro arrivo nella capitale, rimasero abbagliati dalla folla di venditori e compratori e dalla ricchezza delle mercanzie esposte, e il cronista Bernal Díaz del Castillo dedicò un lungo capitolo alle meraviglie di Tlatelolco, dove si vendevano «...oro, argento, pietre preziose, piume e stoffe, schiavi, cacao, mantelli, funi, pelli di tigri e di altri animali selvatici, legumi e frutti di tutte le specie, miele, dolciumi, legni pregiati e vasellame di ogni fattura e qualità…».
I resti di Tlatelolco – che era costruita a somiglianza della capitale con un recinto sacro, un tempio maggiore e numerosi santuari – sono assai modesti, ma sono stati inseriti nella dignitosa cornice della Piazza delle Tre Culture, progettata dall’architetto Mario Pani, che abbraccia tre epoche fondamentali della storia del Messico: il centro sacro della Tlatelolco azteca, la chiesa seicentesca del Collegio francescano dove insegnò Bernardino de Sahagún – grande studioso delle tradizioni indigene in epoca spagnola – e il grattacielo del Ministero degli Affari Esteri, costruito sulle rovine del Tempio di Quetzalcóatl. Grosso modo la società azteca era suddivisa in due classi principali – i pipiltin e i macehualtin, i poveri e i ricchi – e per non confondere i due strati erano stati escogitati due sistemi scolastici separati. Ai figli delle classi privilegiate era riservato il calmécac dove i giovani ricevevano un’istruzione religiosa, giuridica e scientifica (lettura, scrittura, astronomia e la conoscenza dei calendari) e inoltre venivano addestrati nell’arte della guerra. I discepoli di questa scuola erano destinati alle cariche piú alte in ambito religioso, amministrativo e militare. La lingua ufficiale in tutto l’Impero era il náhuatl, il “linguaggio fiorito” degli Aztechi, che amavano l’oratoria e organizzavano gare di canto e recite.