straniaménto

sm. [da straniare]. Effetto di straniamento(Verfremdungseffekt), teoria drammatica di B. Brecht, formulata in vari scritti teorici e derivata in parte dal teatro cinese. Obiettivo è quello di “straniare lo spettatore dai fatti rappresentati”, cioè fargli assumere “un atteggiamento di indagine e di critica nei confronti della vicenda esposta”. Per arrivare a questo si ritiene necessario eliminare dal teatro tutto ciò che esso può avere di magico e di illusorio, comprese le emozioni quando vanno a scapito della comprensione razionale. La teoria concerne, più che la drammaturgia, la recitazione, per la quale si suggeriscono tre accorgimenti, al fine di mostrare i personaggi anziché viverli, senza per questo ridurli a meri strumenti didascalici ma conservando loro “la piena corposità di un gesto umano”. Tali accorgimenti consistono nel trasporre la battuta dalla prima persona alla terza, o dal tempo presente al passato o nel pronunciare ad alta voce didascalie e commenti. Là dove l'attore tradizionale, o meglio l'attore realistico, specie nella teorizzazione stanislavskiana, tende, entro certi limiti, a identificarsi con il personaggio e quindi a favorire un analogo processo d'identificazione da parte dello spettatore, l'attore “straniato” brechtiano impedisce questo processo presentando contemporaneamente, sempre entro certi limiti, il personaggio e il giudizio che egli ne dà. Facilitano lo straniamento, nella drammaturgia e nella messinscena, il ricorso alla canzone come mezzo per interrompere l'azione, l'uso di cartelli, siparietti e proiezioni, un'illuminotecnica che sostituisce agli effetti suggestivi la luce piena ecc.

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