reptazióne
sf. [dal latino reptatío-ōnis, da reptāre, strisciare]. Modo di locomozione di molti animali il cui corpo non rimane sollevato dal suolo per la mancanza di arti oppure per la presenza di soli arti rudimentali. Tipica reptazione è la locomozione dei serpenti, che è effettuata tuttavia con diversi metodi: in luoghi stretti, come fessure di rocce, camini, ecc., il serpente può opporre contro il substrato coppie di spire della parte posteriore, spingendo contemporaneamente il corpo in avanti e, in alternanza, coppie di spire della parte anteriore, raccogliendo in avanti la parte posteriore del corpo; in luoghi aperti, può spingere una o più spire contro le asperità del substrato, spostando il corpo in avanti; i serpenti di grandi dimensioni talvolta adottano una reptazione rettilinea, che si basa sull'appoggio delle squame ventrali sul substrato, mosse da una complessa muscolatura locomotoria che unisce vertebre a costole, costole a costole e costole a squame ventrali, spostando alternativamente avanti e indietro la superficie di appoggio (nella seconda fase le squame, facendo presa sul terreno, permettono l'avanzamento del corpo); un'ultima forma di reptazione, assai specializzata, si svolge “a passi” successivi, compiuti obliquamente per mezzo di due soli punti d'appoggio, uno anteriore e uno posteriore, mentre le altre parti del corpo vengono sollevate e proiettate nella direzione del movimento; a ogni passo i punti d'appoggio vengono ovviamente cambiati; questa modalità è propria di alcune vipere e crotali deserticoli e probabilmente è un adattamento alle alte temperature del substrato, il contatto con il quale, con questo metodo, coinvolge una superficie molto inferiore che nella normale reptazione.