laterite
sf. [sec. XIX; dal latino later -ĕris, mattone+-ite]. Deposito eluviale prevalentemente costituito da ossidi e idrossidi di alluminio, ferro, titanio e manganese derivato da rocce di vario tipo in seguito a laterizzazione. Il termine, che originariamente indicava una formazione argilloso-ferruginosa rossastra derivata da alterazione meteorica di rocce basaltiche e diffusa nell'India meridionale, dove viene usata per la fabbricazione di laterizi, è praticamente sinonimo di suolo tropicale in genere. Nei suoli lateritici si riconoscono due livelli fondamentali, l'orizzonte inferiore, costantemente imbevuto d'acqua, posto direttamente sopra la roccia madre e costituito prevalentemente da argilla caolinica, e l'orizzonte superiore, asciutto nella stagione secca, privo di silice e ricco di composti di alluminio (idrargillite) e di ferro (goethite, ematite). I suoli lateritici, in base alla composizione, possono essere distinti in ferruginosi e alluminosi ed essere rispettivamente sfruttati per l'estrazione del ferro e dell'alluminio. Presentano spesso superiormente croste non molto spesse formate dal concrezionamento di idrossidi di ferro e di alluminio favorito dalla parziale disidratazione degli strati superficiali durante la stagione asciutta o dalla distruzione della copertura vegetale. Il ferro trivalente di questi crostoni lateritici viene lentamente allontanato, prevalentemente per azione batterica, con conseguente aumento del tenore in allumina tale da trasformare la laterite in bauxite.