indulgènza
IndiceLessico
sf. [sec. XIV; dal latino indulgentía].
1) Atteggiamento di tolleranza, di disposizione al perdono, di condiscendenza.
2) Secondo la teologia cattolica, condono, davanti a Dio, della pena temporale dovuta per peccati che siano già perdonati, quanto alla colpa, mediante il sacramento della penitenza. Per estensione, perdono da parte dell'uomo o comunque di un'autorità umana. § L'indulgenza viene concessa, a particolari condizioni, dall'autorità ecclesiastica ai viventi per modo di assoluzione, o ai defunti per modo di suffragio: tale concessione è fondata nella facoltà, propria dell'autorità ecclesiastica, di dispensare il tesoro della Chiesa. L'indulgenza si definisce plenaria, quando è data con essa la remissione di tutta la pena temporale; parziale, se rimette soltanto una parte delle pene.
Cenni storici
I precedenti storici dell'indulgenza sono da ricercarsi nello sviluppo assunto, a partire dal sec. VII, dall'istituto della redenzione, consistente nella commutazione delle pene canoniche imposte dalla disciplina penitenziale della Chiesa ai peccatori con opere suppletorie, meno gravose, e in particolare con riscatti in danaro. La prassi indulgenziale vera e propria venne affiancandosi, e quindi progressivamente sostituendosi alle redenzioni nel corso dei sec. XI e XII. La Spagna e la Francia meridionale furono le prime regioni europee nelle quali si affermò l'uso della concessione d'indulgenza in occasione dell'erezione di chiese, monasteri, ospedali; più tardi, anche le iniziative volte alla costruzione di opere civiche o d'interesse comune furono compensate con indulgenze. Un decisivo impulso allo sviluppo delle indulgenze venne soprattutto dalle crociate: nel 1063 il papa Alessandro II stabilì un'indulgenza plenaria per quanti avessero combattuto i Saraceni in Spagna, e Urbano II la concesse ai partecipanti alla I Crociata (1095). In seguito fruirono d'indulgenza anche i partecipanti alle guerre contro popolazioni pagane, contro eretici (albigesi, valdesi, ecc.), o contro avversari politici dello Stato della Chiesa, e più tardi anche quanti, pur non potendo personalmente partecipare alla crociata, equipaggiassero dei sostituti o versassero una corrispondente somma di danaro. La medesima commutazione dell'opera in danaro fu praticata, in modo particolare, in occasione delle indulgenze accordate dai pontefici – a cominciare dal 1300 – per il giubileo, e si estese ampiamente anche ai casi di indulgenze parziali. L'accentuazione di questo aspetto finanziario condusse molto spesso alla degenerazione della prassi indulgenziale, provocata altresì dall'uso dell'equivoca formula di absolutio ab omni poena et a culpa, con la quale, a partire dal sec. XIII, si usava definire l'indulgenza. In seguito alla protesta di Lutero, il Concilio tridentino stabilì fermamente la soppressione degli abusi, ferma restando la piena validità di tale prassi. Per quanto riguarda il fondamento teologico delle indulgenze, a partire dal sec. XII si venne sviluppando la teoria per cui la Chiesa, nel concedere le indulgenze, attribuisce ai peccatori la sovrabbondanza dei meriti di Cristo e dei santi, che costituiscono il tesoro della Chiesa (thesaurus ecclesiae): tale teoria viene già espressa probabilmente in modo compiuto da Alessandro di Hales (1180-1245). La dottrina delle indulgenze per i defunti è attestata a partire dal sec. XII; tuttavia la prima concessione papale d'indulgenza per le anime del Purgatorio risale a papa Sisto IV (1475).