valdése
agg. e sm. e f. [da Valdo, fondatore del movimento religioso]. Denominazione degli aderenti a uno dei principali movimenti religiosi medievali, successivamente confluito nella Riforma protestante. Ne fu fondatore il mercante Valdo, che nel decennio 1170-80 scelse la povertà evangelica, costituendo il primo nucleo del movimento, detto dei “poveri di Lione”. Sino dagli inizi, il movimento si scontrò con l'opposizione della Chiesa: al rifiuto del programma dei valdesi da parte del III Concilio Lateranense (1179) seguì la scomunica del Concilio di Verona (1184). Emarginati dall'istituzione ecclesiastica, i valdesi conobbero tuttavia una progressiva larghissima diffusione tra il sec. XIII e il XIV in Lombardia, in Linguadoca e in Provenza (fine sec. XII): elementi di predicazione valdese vennero recepiti da ambienti già legati all'eterodossia, dando luogo a un movimento religioso caratterizzato da una tendenza antiistituzionale particolarmente radicale e da una notevole capacità di espansione missionaria, che portò i valdesi, attraverso la Svizzera, l'Austria e la Germania, sino nell'Ungheria e nella Boemia (dove considerevole fu poi l'apporto valdese alla rivoluzione hussita del sec. XV). Altre aree di diffusione valdese furono le vallate alpine del Piemonte occidentale, del Delfinato e, nell'Italia meridionale, la Calabria e le Puglie. La strategia dell'autorità ecclesiastica non escluse tentativi, parzialmente riusciti, d'istituzionalizzazione monastica dei valdesi (i poveri cattolici in Francia nel 1208, i poveri riconciliati in Lombardia nel 1210), tesa a neutralizzarne la carica contestativa, ma rimase essenzialmente repressiva. I motivi fondamentali del valdismo medievale risiedevano in una prassi che univa la predicazione itinerante del Vangelo al popolo con la povertà di vita. Di qui derivò la divisione tra ministri itineranti (distinti poi secondo i tre ordini dell'episcopato, del presbiteriato e del diaconato) e semplici fedeli, nonché la costituzione di strumenti di collegamento (rettori, capitoli annuali). La predicazione dei valdesi, sostenuta da un'estesa attività di volgarizzazione della Scrittura, si arricchì di motivi esplicitamente antitradizionali (negazione del purgatorio e delle messe per i defunti, della validità dei sacramenti amministrati da sacerdoti indegni; riduzione del numero stesso dei sacramenti al battesimo, all'eucarestia e alla penitenza; rifiuto della gerarchia ecclesiastica e dei tradizionali ruoli di culto). Verso l'ordinamento civile (nonché ecclesiastico) del tempo i valdesi erano apertamente contestatori rifiutando il giuramento e la violenza. Nel sec. XV i valdesi di Boemia si unirono con gli hussiti e confluirono nella Unitas Fratrum, quelli di lingua neolatina aderirono nel sec. XVI alla Riforma protestante, adottando le Ordonnances ecclesiastiche ginevrine. Dalla metà del sec. XVI in poi, la storia dei valdesi è un alternarsi di persecuzioni e di effimere tregue, ottenute grazie alla resistenza armata e alla coesione sociale dei valdesi delle valli come alla solidità della loro nuova organizzazione calvinista. Nel 1551 i valdesi delle valli ottennero da Emanuele Filiberto di Savoia il riconoscimento di una relativa libertà di culto. Nel secolo successivo, la persecuzione antivaldese ebbe i suoi momenti culminanti nel 1655, allorché furono compiute le stragi note come le Pasque piemontesi, e nel 1683-85 quando i valdesi vennero espulsi dalle valli e costretti a un esilio che li portò nella Svizzera e nella Germania meridionale: ritornarono nel 1689 e furono reintegrati nei loro territori. Furono loro riconosciute la libertà di culto e la pienezza dei diritti civili durante l'età napoleonica. Poterono così dedicarsi a un'attività di evangelizzazione, che ne estese la presenza nel corso della seconda metà del sec. XIX in numerose città e centri minori della penisola italiana. I valdesi in Italia sono circa 25.000. Il governo della Chiesa, dalla struttura presbiteriale-sinodale, è affidato a un organo collegiale, la Tavola; ogni anno, poi, il Sinodo si riunisce a Torre Pellice (Torino), dove pure ha sede la Società di studi valdesi. Numerose sono le iniziative di carattere culturale (la facoltà di teologia in Roma, la libreria editrice Claudiana di Torino, la stampa periodica) e sociale (scuole, ospedali, centri per minori o anziani): la sua struttura organizzativa è di tipo presbiteriale-sinodale. È stata inoltre attuata l'integrazione tra la Chiesa valdese e la Chiesa evangelica metodista d'Italia. Centri di cospicua presenza valdese fuori dell'Italia sono in Francia e in Svizzera (Losanna, Ginevra, Basilea, Zurigo), negli Stati Uniti d'America (chiesa di New York; chiese di Valdese, città dello Stato della Carolina) e soprattutto in Uruguay e in Argentina, dove una ventina di comunità direttamente legate alla Chiesa italiana raccolgono diverse migliaia di persone.