Lessico

agg. [sec. XIII; pp. di finire].

1) Giunto o portato a termine; terminato, compiuto: lavoro finito ieri; ha vent'anni finiti; in senso fig., uomo finito, che non ha più speranze, che è ridotto all'estremo, che si trova in condizioni spirituali o materiali assai misere; loc.: è ormai finita!, non c'è più nulla da fare. Per estensione, accurato, perfetto: prodotto finito, prodotto trasformato o che ha subito una lavorazione e che pertanto può essere immesso in commercio; di persona, che conosce a perfezione il suo lavoro: operaio finito, sarto finito.

2) Che ha fine, che ha limiti, determinato (anche sm.), usato quasi solo in questo significato in filosofia e nel linguaggio scientifico: serie finita, una grandezza finitaIn particolare, in grammatica, modi finiti, dei modi del sistema verbale le cui forme variano secondo la persona e il numero, a differenza dei modi indefiniti le cui forme possono variare nel numero e nel genere ma non nella persona. Nel sistema verbale italiano i modi finiti sono l'indicativo, il congiuntivo, il condizionale, l'imperativo.

Filosofia

Ciò che è compiuto, perfetto, in contrapposizione a indefinito; ciò che è limitato, caduco, mortale, contrapposto a infinito. Nel primo senso Platone concepisce il finito come dotato di “ordine, misura, armonia” e Aristotele come “non mancante di niente”. Plotino invece contrappone finito a infinito e rileva in esso limitatezza e caducità. La filosofia cristiana si sforza di far raggiungere al finito la sua perfezione tramite la grazia; Hegel invece sostiene che il finito acquista realtà e valore solo identificandosi con l'infinito.

Matematica

Termine in genere contrapposto a infinito; per esempio, valori finiti della funzione y=1/x, oppure contrapposto a infinitesimo, per esempio, incrementi finiti. In particolare: A) la loc. al finito è usata per indicare che di una data espressione, o di un determinato ente, non si considerano valori infiniti, o, rispettivamente, parti situate all'infinito: per esempio, la relazione f(x)valida al finito; i punti di una parabola non sono tutti al finito. B) Un insieme (aggregato, collezione) è detto finito quando può essere posto in corrispondenza biunivoca con un segmento iniziale dei naturali, cioè con l'insieme dei naturali compresi tra 1 e un determinato n. Una definizione siffatta presuppone però come dati i numeri naturali; più soddisfacente è perciò una diversa definizione, di R. Dedekind, che si basa su di una proprietà più riposta che caratterizza un insieme finito e che è quella di non potere essere posto in corrispondenza biunivoca con alcuna sua parte o sottoinsieme proprio.

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