crìmine

sm. [sec. XIV; dal latino crīmen-ínis, accusa, delitto]. Comportamento contrario a norme penali, sia di diritto interno sia di diritto internazionale. È soprattutto nel diritto internazionale che il termine viene usato, mentre per l'illecito penale punito da norme di diritto interno prevalgono i termini delitto o reato. Secondo l'art. 6 dello Statuto del Tribunale internazionale di Norimberga e l'art. 5 dello Statuto del Tribunale di Tōkyō, i crimini si dividono in tre categorie: di guerra, contro l'umanità, contro la pace. Crimini di guerra propriamente detti, e cioè le violazioni delle leggi di guerra stabilite dalle convenzioni internazionali (Convenzione dell'Aia del 1907 sulla guerra terrestre, Trattati di Londra del 1930 e del 1936 rispettivamente sulla guerra navale e sottomarina, ecc.). In sostanza questa legislazione tende a vietare azioni disumane e crudeli, sproporzionate al fine che si propongono, e a mitigare gli orrori e le violenze in contrasto col più elementare senso di umanità. Crimini contro l'umanità, e cioè delitti di diritto comune, già puniti dagli ordinamenti statali, ma commessi in occasione di conflitti, con notevole ampiezza, o per motivi politici, ideologici o razziali (per esempio, genocidio); un'estensione del concetto di crimine contro l'umanità, al di là del fenomeno bellico, si è avuta con la Convenzione dell'ONU del 9 dicembre 1948, che punisce come crimine internazionale il genocidio “anche se commesso in tempo di pace”, e con la Convenzione dell'ONU del 30 novembre 1973, che condanna come crimine contro l'umanità l'apartheid.Crimini contro la pace, sono quelli che riguardano “la direzione, la preparazione, lo scatenamento o il perseguimento di una guerra di aggressione o di una guerra in violazione di trattati, accordi o intese internazionali”. Statuiti dal Tribunale internazionale di Norimberga (1945), hanno avuto una sanzione definitiva dall'assemblea generale delle Nazioni Unite (11 dicembre 1946).