consecutio temporum
loc. latina (corretta costruzione dei tempi). Insieme di norme che regolano l'uso dei tempi nelle proposizioni latine dipendenti. Quando nella proposizione reggente vi è un tempo principale dell'indicativo (presente, perfetto logico, futuro semplice, futuro anteriore), nella dipendente di modo congiuntivo si usa il presente per azione contemporanea a quella della reggente (ignoro quid facias, non so che cosa tu faccia), il perfetto per azione anteriore a quella della reggente (ignoro quid feceris, non so che cosa tu abbia fatto), il presente della coniugazione perifrastica attiva per azione posteriore a quella della reggente (ignoro quid facturus sis, non so che cosa farai). Quando nella proposizione reggente vi è un tempo storico dell'indicativo (imperfetto, perfetto storico, piuccheperfetto), nella dipendente di modo congiuntivo si usa l'imperfetto per azione contemporanea a quella della reggente (ignorabam quid faceres, non sapevo che cosa tu facessi), il piuccheperfetto per azione anteriore a quella della reggente (ignorabam quid fecisses, non sapevo che cosa tu avessi fatto), l'imperfetto della coniugazioneperifrastica attiva per azione posteriore a quella della reggente (ignorabam quid facturus esses, non sapevo che cosa tu avresti fatto). Quando nella proposizione dipendente l'azione espressa è contemporanea a quella della reggente si devono usare il presente o l'imperfetto; se è anteriore, il perfetto o il piuccheperfetto. Anche l'italiano osserva in generale le regole della consecutio temporum, ma non sempre con lo stesso rigore del latino. Basterà osservare il diverso comportamento delle due lingue nelle proposizioni comparative ipotetiche dove il latino resta fedele alla consecutio temporum (loqueris tamquam si omnia scias), mentre l'italiano se ne scosta (parli come se sapessi tutto).