bàrbaro, mètro-
forma metrica che si limita a ripetere i ritmi accentuativi della poesia greco-latina, nel tentativo di imitarne i versi senza tuttavia riuscire a riprodurne i ritmi prosodici o quantitativi. Venne definita barbara da Carducci perché tale sarebbe sembrata agli antichi che, se l'avessero potuta conoscere, non vi avrebbero ritrovato il senso della quantità. I primi esperimenti risalgono a L. B. Alberti e a L. Dati i quali, nel Certame coronario del 1441, tentarono di riprodurre l'esametro latino. Nel Cinquecento, la trattatistica di C. Tolomei e del Minturno elaborò il tentativo di restaurare la quantità regolando la successione di sillabe lunghe e brevi a somiglianza dei piedi e metri classici. Altri tentativi del genere furono compiuti in Francia nel sec. XVI e nel XVIII; ma erano necessariamente destinati all'insuccesso, dal momento che il senso della durata sillabica è del tutto perduto nei moderni e non rende al loro orecchio nessun andamento ritmico. Diversa e più feconda di risultati fu la via seguita in Germania nel Settecento e nell'Ottocento dai poeti che, abbandonato il criterio della quantità o durata sillabica, imitarono i ritmi di versi antichi facendo corrispondere sillabe accentate alle arsi e sillabe atone alle tesi, senza tener conto degli accenti grammaticali. In questa direzione si volsero gli esperimenti metrici di Gottsched, Klopstock, Kleist, Goethe, Schiller, Platen, Hölderlin; e i loro risultati offrirono il modello ai poeti inglesi dell'Ottocento. Da tali risultati prese le mosse Carducci, il quale però, consapevole della monotonia e sgradevolezza dei suoni che la scansione usata dai poeti tedeschi avrebbe prodotto nella nostra lingua, preferì ricollegarsi alla tradizione, riprendendo i tentativi compiuti da Rinuccini e da Chiabrera nel sec. XVII e da Rolli e Fantoni nel sec. XVIII. Libera e personale fu tuttavia la soluzione di Carducci, che armonizzò in versi italiani, secondo la metrica accentuativa, gli schemi greco-latini; nelle Odi barbare (1877) la versificazione italiana fu così arricchita di nuovi versi e strofe: il saffico, l'alcaico, l'asclepiadeo, il giambico, il pitiambico, l'archilocheo e l'elegiaco. L'innovazione carducciana suscitò numerosi imitatori (tra i quali Pascoli e D'Annunzio) e accesi dibattiti; e si volle far risalire alle Odi barbare e al loro abbandono della rima la crisi della metrica tradizionale e l'inizio del cammino che doveva condurre al verso libero: errore di prospettiva, dal momento che i metri barbari non furono concepiti da Carducci in antitesi con quelli rimati, ma come arricchimento della tradizione, mantenendo sempre saldo il freno dell'arte.