Successióne austrìaca, guèrra di-
conflitto svoltosi nel sec. XVIII (1740-48) per dirimere la controversia europea provocata dalla successione austriaca. Nell'ipotesi dell'estinzione del ramo maschile degli Asburgo "Per la successione austriaca vedi albero genealogico al lemma del 19° volume." "Vedi albero genealogico vol. 21, pag. 102" l'imperatore Giuseppe I nel 1703 abolì la legge salica e sancì la norma (Pactum mutuae successionis) che stabiliva valida la successione, nell'ordine, delle sue due figlie, Maria Giuseppina e Maria Amalia. Il suo successore, il fratello Carlo VI, nel 1713 emanò la Prammatica Sanzione stabilendo che alla sua morte, in mancanza di eredi maschi, le proprie figlie avrebbero avuto la prevalenza su quelle di Giuseppe I. Tale decisione rimase segreta fino a quando Carlo VI non ebbe persa la speranza d'avere un figlio maschio e fu allora comunicata alle potenze d'Europa. Per ottenere il riconoscimento di Maria Teresa a erede universale (che nel 1738 era stato accordato da tutti gli interessati, Sardegna eccettuata) Carlo VI fece anche notevoli sacrifici commerciali e territoriali; i primi a favore dell'Inghilterra, gli altri a favore dei Borbone di Francia e di Spagna, di Augusto III di Sassonia, che egli aiutò a diventare re di Polonia, e persino dei Turchi ai quali cedette Belgrado e la Piccola Valacchia. Alla sua morte, invece, cominciò Federico II di Prussia a impadronirsi della Slesia sostenendo che l'occupazione austriaca di quella regione, avvenuta nel 1675, aveva violato patti preesistenti tra gli Hohenzollern e i duchi locali. Bastò questa mossa per scatenare le pretese degli altri: Augusto III di Sassonia pretendeva l'eredità in qualità di marito della primogenita di Giuseppe I, Maria Giuseppina; Carlo Alberto di Baviera la pretendeva non tanto come marito della secondogenita di Giuseppe I, Maria Amalia, bensì in qualità di erede di Anna d'Asburgo (m. 1587) ai cui discendenti Ferdinando I avrebbe lasciato l'eredità dei domini asburgici in caso di estinzione della discendenza maschile: pretesa di cui i giuristi di Maria Teresa negavano la validità. Inoltre Carlo Emanuele III di Savoia e Filippo V di Spagna pretendevano terre appartenenti agli Asburgo vantando discendenze più o meno remote da membri di tale famiglia e rimettendo in discussione i risultati dei trattati del 1713-14, che avevano chiuso la guerra di successione spagnola. Ne venne un conflitto europeo: Maria Teresa, inizialmente sconfitta dai Prussiani, dai Bavaresi e dai Francesi e appoggiata solo dagli Ungheresi (che avevano riconosciuto la validità della Prammatica Sanzione nel 1724), fu ben presto aiutata dall'Inghilterra, dall'Olanda, dalla Sardegna, dallo stesso Augusto III di Sassonia e, in ultimo, dalla Russia, quando apparve chiaro che il dislocamento dei domini degli Asburgo avrebbe gravemente alterato l'equilibrio europeo a solo vantaggio dei Borbone. L'atteggiamento sleale di Federico II nei confronti dei propri alleati (che abbandonò una volta assicuratosi il possesso della Slesia), la morte di Carlo Alberto di Baviera (l'effimero imperatore Carlo VII), avvenuta in mezzo ai disastri che la guerra gli aveva recato, e la rinuncia del suo successore Massimiliano III Giuseppe a ogni pretesa (il che favorì l'elezione a imperatore di Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa), infine l'alternarsi di vittorie e di sconfitte tra Francesi e Piemontesi in Italia e tra Francesi e Austro-Inglesi nei Paesi Bassi austriaci portarono alla conclusione della Pace di Aquisgrana (1748): tutto ritornò come prima, salvo la cessione dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla a Filippo di Borbone; la cessione al Piemonte della contea di Angera e del Vigevanasco, a N del Po, e del territorio del Vogherese, oltre il Penice sino a Bobbio, e la conferma della Slesia a Federico II e del titolo imperiale a Francesco Stefano di Lorena. La Francia non ottenne nulla, benché fosse materialmente in possesso dell'odierno Belgio, sicché in Francia divenne di moda l'espressione bête comme la paix (stupido come la pace) con evidente allusione al Trattato di Aquisgrana.