Successióne spagnòla, guèrra di-
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"Per la successione spagnola vedi albero genealogico al lemma del 19° volume." conflitto (1701-14) provocato dalla successione del sovrano Filippo V sul trono spagnolo. Il 1º novembre 1700 morì a Madrid, dopo 35 anni di infelicissimo regno, Carlo II, ultimo discendente diretto dell'imperatore Carlo V. "Vedi albero genealogico vol. 21, pag. 102" Non avendo figli né fratelli, egli lasciò per testamento il regno di Spagna e i grandi domini a Filippo, duca d'Angió, nipote di Luigi XIV di Francia e della di lui moglie Maria Teresa di Spagna. Il nuovo re, che assumeva il nome di Filippo V, venne riconosciuto dalle potenze europee (anche per la sua previa rinuncia ai propri diritti di successione al trono di Francia), salvo che dall'Austria, la quale, sulla base giuridica di una lettera di Carlo II (posteriore, in data, al testamento) che nominava erede l'arciduca Carlo d'Asburgo, riconobbe quest'ultimo come re di Spagna col nome di Carlo III. Pochi mesi dopo, Luigi XIV annullò unilateralmente la rinuncia di Filippo V al trono francese e l'Austria, l'Inghilterra e l'Olanda firmarono il Trattato dell'Aia (7 settembre 1701), in forza del quale dichiararono poi guerra alla Francia e alla Spagna unite. Nel frattempo (febbraio 1701) Filippo V si era insediato pacificamente a Madrid, con vari “consiglieri” francesi. La guerra divampò prima in Italia, dove l'esercito austriaco, al comando di Eugenio di Savoia, batté i franco-piemontesi in Lombardia; nei Paesi Bassi, dove colse i suoi primi successi il generale inglese J. Marlborough, e in Germania, dove i francesi, disfatti a Hochstädt (1703), fallirono nel tentativo di minacciare Vienna. L'Inghilterra intanto faceva soprattutto la guerra marittima, contro le colonie franco-spagnole in America, ma anche minacciando la stessa Penisola Iberica (conquista di Gibilterra, 1704, e di Maiorca e Ibiza, l'anno seguente). Nel 1704, le vittorie degli alleati austro-inglesi indussero il Portogallo e il Piemonte a unirsi a loro, abbandonando una precedente alleanza con i francesi, e l'arciduca Carlo, sbarcato a Lisbona e successivamente favorito dall'insurrezione della Catalogna, di Valencia e dell'Aragona (1705), poteva entrare a Madrid, mentre Filippo V si rifugiava a Burgos. Poco dopo, le vittorie degli alleati a Ramillies (23 maggio 1705) e a Torino (7 settembre) mettevano fine alla dominazione spagnola nelle Fiandre e in Lombardia (nel 1708 fu poi la volta della Sardegna, conquistata dalla squadra dell'ammiraglio Lake). La situazione, molto grave per i franco-spagnoli, cominciò a migliorare nel 1707, con la grande vittoria di Almansa (25 aprile) sugli inglesi, mentre in novembre il duca di Orléans iniziava a Lérida la riconquista della Catalogna, ma nelle Fiandre Eugenio di Savoia e Marlborough conseguivano altre vittorie (Oudenarde, 1708; Malplaquet, 1709), minacciando lo stesso territorio francese. Nello stesso 1709 il papa Clemente XI, su pressioni dell'Austria, riconobbe l'arciduca Carlo come re di Spagna. L'anno seguente questi vinse di nuovo ad Almenara e a Saragozza e rientrò a Madrid (28 settembre), ma tre mesi dopo due vittorie decisive dei francesi, comandati dal granduca di Vendôme, a Brihuega e a Villaviciosa, costrinsero gli inglesi ad abbandonare la Spagna, assicurando definitivamente la corona a Filippo V di Borbone. La stanchezza della lunga guerra e due fatti “politici” di rilievo (la morte del Delfino di Francia, padre di Filippo V, e quella dell'imperatore Giuseppe I d'Austria, fratello dell'arciduca, il quale divenne in tal modo imperatore col nome di Carlo VI) indussero dapprima l'Inghilterra e il Portogallo a un armistizio con la Francia e la Spagna e quindi a trattative di pace generale, che si concretarono nei Trattati di Utrecht (1713), non sottoscritto dall'Austria, e di Rastatt, fra Eugenio di Savoia e il maresciallo francese C. Villars (1714), ratificato a Baden (Aargau). In virtù del primo, Filippo V veniva riconosciuto re di Spagna con la clausola specifica che le corone di Francia e di Spagna non fossero mai unite sotto lo stesso sovrano; la Francia, i cui confini europei restavano immutati, cedeva all'Inghilterra Terranova, la Nuova Scozia e le terre della Baia di Hudson. La Spagna cedeva tutti i suoi territori italiani, in gran parte all'Austria (Ducato di Milano, Regno di Napoli) e in parte al duca di Savoia (la Sicilia, col titolo di re, più tardi, 1720, permutata con la Sardegna); cedeva inoltre le Fiandre all'Austria (a parte alcune fortezze limitrofe dei Paesi Bassi, assegnate all'Olanda) e Gibilterra e Minorca all'Inghilterra. Infine (a Rastatt) Carlo VI aveva anche la Sardegna, oltre ai territori già assegnatigli, mentre Landau e l'Alsazia venivano riconosciuti francesi. In Spagna, la guerra ebbe un'appendice “privata”, con la riconquista di Barcellona (caduta, dopo un'eroica difesa, l'11 settembre 1714) e con essa dell'intera Catalogna e di Maiorca da parte delle truppe di Filippo V (il quale “si vendicò” sui catalani abolendo tutti i privilegi di cui da secoli godevano e così provocando, senza volerlo, la nascita di uno spirito sempre più fortemente regionalista e autonomista, vivo fino ai nostri giorni). A parte le sue importanti conseguenze europee (l'Inghilterra, sostanziale vincitrice, assurta al ruolo di grande potenza; prima affermazione della Prussia; passaggio dell'Italia dalla “sfera” spagnola a quella austriaca ecc.), la guerra di successione spagnola ne ebbe di importantissime per la Spagna. La nuova monarchia borbonica, che si avvalse in un primo momento di buoni ministri francesi e italiani (alla cui scuola crebbero spagnoli “illuminati”, come M. Macanaz ed Z. Ensenada), rinnovò – centralizzandole razionalmente – le decrepite strutture amministrative ed economico-sociali del Paese, diminuì lo strapotere dell'alta nobiltà e dell'Inquisizione, favorì – anche nelle colonie americane – lo sviluppo del commercio, dell'industria, delle comunicazioni e delle languenti istituzioni culturali (specie con la creazione delle valide accademie della Lingua e della Storia, da cui uscirono studi e opere di rilevante importanza); iniziò, insomma, una necessaria “modernizzazione” del Paese, dopo la paurosa decadenza in cui si trovava durante il regno dell'ultimo discendente di Carlo V. La stessa perdita dei domini europei (Fiandre e Italia), retaggio dell'epoca “imperiale”, si risolse in un vantaggio sostanziale per la Spagna e le sue colonie. Ovviamente i Borbone (e nemmeno il migliore fra essi, l'“italiano” Carlo III) non poterono risolvere tutti i molti e gravi problemi del Paese, ne aprirono, anzi, di nuovi (tensione fra le regioni periferiche e il centro castigliano); tuttavia avviarono un sia pur lento e faticoso processo di rinnovamento civile, economico, sociale e culturale.