Scipióne

pseudonimo del pittore italiano Gino Bonichi (Macerata 1904-Arco, Trento, 1933). La sua preparazione culturale maturò, più che nella breve frequentazione dell'Accademia di belle arti, attraverso le assidue visite ai musei romani e alla biblioteca di Palazzo Venezia: studiò soprattutto F. Goya, Tintoretto, H. Rembrandt, El Greco, il barocco romano, l'espressionismo tedesco, la Scuola di Parigi. L'attività di Scipione (pochi quadri e numerosissimi disegni) si consumò nel breve arco di tempo dal 1928 al 1931, esaurendosi del tutto nel 1932 per la grave malattia dell'artista. L'originalità della sua pittura, che ebbe un significato di rottura rispetto all'accademismo di gran parte della pittura italiana del tempo, deve ricercarsi, più che nell'esperienza della Scuola romana di via Cavour maturata accanto a M. Mafai, nell'intimo conflitto spirituale di Scipione e in quell'ironia dolorosa e aggressiva che, tra espressionismo e surrealismo, tra impulsi di profonda religiosità e abbandoni mistici, rivela le immagini contrastanti della Roma cattolica (Ritratto del cardinale Vannutelli, 1930, Roma, Galleria comunale d'arte moderna) e della Roma popolaresca (La cortigiana romana, 1930, Milano, collezione privata), attraverso accensioni chiaroscurali dominate da profondi rossi e secondo formule espressive di personalissima invenzione. Dell'attività letteraria dell'artista (la letteratura ebbe gran peso e talvolta prevalse sulle pure esigenze pittoriche) rimangono due volumetti di poesie, entrambi postumi: Le civette gridano (1938) e Carte segrete (1942).

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