Scipióne Africano, Pùblio Cornèlio
(latino Publíus Cornelíus Scipío Africānus). Condottiero e uomo politico romano (Roma 235-Literno 183 a. C.). Appena diciassettenne, durante il primo scontro con Annibale nella battaglia del Ticino, nel 218, salvò coraggiosamente la vita del padre, allora console; due anni dopo, a Canne, costrinse a giurare fedeltà a Roma un gruppo di giovani nobili romani che avevano già deciso di fuggire in Grecia: entrambi i fatti gli procurarono vaste simpatie e accrebbero il fascino che già emanava per la sua cultura, la sua obiettività, la sua sicurezza, la sua religiosità. Così, nonostante l'opposizione del settore più tradizionalista del Senato, nel 211, quando aveva solo 25 anni e non aveva ricoperto che l'edilità curule, i comizi gli affidarono il comando delle operazioni belliche in Spagna dove la situazione, per Roma, era gravemente compromessa. Procuratosi con un'abile propaganda il favore delle tribù locali e reso meno rigido lo schieramento dell'esercito romano durante gli scontri, per impedire le manovre di aggiramento tipiche dell'esercito cartaginese, rivelando doti di autentico stratega, Scipione iniziò una graduale penetrazione a sud dell'Ebro. Nel 209 conquistò Nuova Cartagine, la più importante delle basi nemiche in Spagna; nel 208 sconfisse, a Becula, Asdrubale, che riuscì però a sfuggirgli e ad avviarsi verso l'Italia con il suo esercito; nel 206 infine, con la conquista di Cádice, scacciò definitivamente i cartaginesi dalla Spagna. Nel 205 fu eletto console; l'anno successivo, vincendo le resistenze di parte del Senato, timoroso della pericolosità dell'impresa, diede inizio a una grande spedizione militare in terra africana: qui, alleatosi con Massinissa, spodestato re di Numidia, dopo alcune incertezze iniziali ottenne un primo successo ai Campi Magni (203), grazie al quale Massinissa riottenne il regno. Nel 202, fallite tutte le trattative di pace, a Naraggara presso Zama, Scipione vinse definitivamente l'esercito rivale, questa volta comandato da Annibale rientrato dall'Italia, e pose così fine alla seconda guerra punica. Questo successo gli valse il cognomen di Africano. Negli anni successivi intorno a Scipione che, in virtù della sua carica di princeps senatus, dirigeva i lavori del supremo consesso, si formò un forte gruppo di potere, fautore di quella politica filellenica di cui Scipione fu l'ispiratore anche per quell'alone di religiosità che lo circondava (si diceva che spesso, all'alba, si recava nel tempio capitolino a prendere ispirazione da Giove e i cani custodi non abbaiavano contro di lui). Nel 194 fu nuovamente console; nel 190 fu ancora lui a dirigere, tramite il fratello Lucio che ne aveva il comando ufficiale, la vittoriosa campagna militare in Asia contro Antioco III di Siria, dietro al quale agiva anche Annibale. Nel frattempo a Roma l'ala tradizionalista del senato, guidata da M. Porcio Catone, che era contraria alla politica filellenica degli Scipioni, scatenò contro di essi una serie di accuse che ne coinvolsero la correttezza: si arrivò addirittura a un processo davanti ai comizi, ma Scipione seppe uscirne invitando gli astanti a seguirlo in Campidoglio per rendere grazie a Giove. Questa vicenda incrinò profondamente il suo prestigio e quello del suo circolo: l'Africano, offeso, si ritirò dalla vita pubblica nella sua villa di Literno, in Campania, dove morì lo stesso anno in cui moriva in Oriente anche il suo grande rivale, Annibale.