Sarpi, Pàolo
(al secolo Pietro). Teologo, storico e uomo politico (Venezia 1552-1623). Nato da umili genitori e presto orfano di padre, entrò giovanissimo nell'ordine dei Servi di Maria: il grande amore per lo studio lo portò a interessarsi di storia e di diritto, di matematica e di astronomia, di biologia e di fisica; il prestigio che ne derivò gli valse una rapida affermazione. Al centro di discussioni teologiche a Venezia e a Mantova, fu nominato dal duca Guglielmo Gonzaga suo teologo e dal vescovo della città lettore di teologia alla cattedrale. In seguito all'ordinamento sacerdotale, a Milano conobbe il cardinale Carlo Borromeo e poté comprendere quanto cupo e sterile rigore producesse una rigida applicazione delle norme disciplinari e dottrinarie del Concilio di Trento; qui fu lanciata contro di lui la prima accusa di eresia. Eletto procuratore generale del suo ordine nel 1585, a Roma, nonostante l'amicizia del cardinale R. Bellarmino e il favore di papa Sisto V, si rese conto del complicato e oscuro gioco politico e diplomatico nel quale era invischiata la Curia romana. Qui fu colpito da una seconda accusa di eresia per la sua indipendenza di giudizio. Ritornò a Venezia nel 1589 e riprese gli studi prediletti, tenendo nel contempo una ricca corrispondenza con studiosi, interrogando viaggiatori e mercanti, allora naturali trasmettitori di una ricca fonte di notizie sui Paesi da loro visitati. Proposto vescovo dal Senato della città, la sua nomina fu rifiutata dal papa Clemente VIII. Come teologo e canonista della Serenissima, intervenne con tutto il peso della sua vastissima dottrina nella controversia tra la Repubblica e Paolo V per una questione di giurisdizione giudiziaria. Sarpi difese con una serrata argomentazione la posizione della Repubblica e il papa, a corto di argomenti, lanciò contro la città l'interdetto. La controversia fu risolta con un compromesso e Sarpi, che nel frattempo era stato colpito da scomunica per non aver voluto presentarsi a Roma davanti all'Inquisizione, si ritirò nei suoi studi. Uno strascico di questi avvenimenti fu l'attentato subito nell'autunno del 1607: alcuni fanatici o prezzolati lo aggredirono lasciandolo per terra ferito. Non si seppe mai chi fossero i responsabili, ma Sarpi vi riconobbe lo stylus Curiae. Nel febbraio 1609 riuscì a evitare un altro attentato e a un terzo sfuggì anche grazie all'intervento del Senato veneziano. Nel periodo immediatamente successivo intensificò i contatti con personalità diverse del mondo d'oltralpe. È probabilmente dell'anno 1609 la redazione del Trattato delle materie beneficiarie, in cui viene posto in luce il progressivo deterioramento dell'istituto del beneficio nella vita della Chiesa cattolica. Tra il 1614 e il 1616 uscirono altri suoi scritti; nel 1619 pubblicò quel capolavoro della storiografia italiana che è la Istoria del Concilio Tridentino. Come ha scritto G. Da Pozzo l'opera, la cui prima stesura risale a molti anni prima, è frutto di un lungo processo di non facile reperimento di dati. Alla composizione furono di stimolo i colloqui con Olivo, con de Messe, con Ferrier, il contatto con la corte romana tra il 1585 e il 1588, la constatazione dello stato d'immobilismo e di perplessità in diversi strati del clero, lo studio dei testi sacri e i problemi esegetici con esso connessi. Nella Istoria Sarpi mette in luce la non sincera volontà di dibattito da parte cattolica; da qui derivò la cautela che Sarpi ebbe, con il discepolo F. Micanzio, nel renderla pubblica. Fu comunque pubblicata in Inghilterra nel 1619, ma subito messa all'Indice. Nel 1621-22 Sarpi manifesta i segni di un progressivo decadimento fisico; morirà dopo aver ricevuto i sacramenti, pronunciando le parole “Esto perpetua”, interpretate dai biografi anche come un auspicio per la perpetuità della Repubblica. Una prima edizione in sei volumi delle opere di Sarpi apparve nel 1677. Nel 1974 è comparso il primo volume delle Opere complete, poi ristampato nel 1997. Infine, nel 2001, è apparso il primo volume delle Consulte. Nelle sue opere Sarpi sa mantenersi alieno dal gusto seicentesco del suo tempo e scrive in una prosa austera, semplice, ma piena di vigore, nobilitata sempre da un pensiero lucido, incalzante, diretto a un preciso scopo dimostrativo. In essa ha pieno riscontro quella che fu l'aspirazione costante della vita di Sarpi: il conseguimento della verità, con l'indagine scientifica, con la ricerca storica, con la rettitudine di una vita informata a principi stoici.